La realizzazione del Jewel di Singapore, che ospita la più grande cascata d’acqua indoor al mondo, si è basata un’innovativa strategia di modellazione dell’illuminazione naturale e del microclima in modo da garantire condizioni ottimali per le persone e per la vegetazione.
Progettato da Moshe Safdie, architetto americano di origine israeliana, il Jewel Changi è concepito per essere al tempo stesso uno spazio commerciale e una vera e propria attrazione per i viaggiatori in transito all’aeroporto di Singapore, come pure per i residenti della città- stato (figura 1).
Inaugurato nel 2019 dopo 4 anni di lavoro e un investimento di 1,2 miliardi di euro, il Jewel è caratterizzato dalla grande copertura in vetro (figura 2) il cui punto focale è un oculo largo 10 metri dal quale scende una cascata denominata Rain Vortex che, con i suoi 40 metri di altezza, è la più alta al mondo realizzata all’interno di un edificio (figura 3).
L’acqua si tuffa verso una foresta di giardini terrazzati di 21.000 m2 che si sviluppa su cinque livelli che creano uno spazio ibrido, a metà strada tra una grande serra e un anfiteatro. Il profilo della copertura che finisce con l’oculo prosegue con il profilo della cascata che attraversa liberamente il grande ambiente alto 25 metri per poi proseguire all’interno di un imbuto in materiale acrilico che arriva fino al secondo livello interrato (figura 4).
L’imbuto acrilico, alto 15 metri, impedisce gli schizzi d’acqua, isola dal rumore della cascata e crea un effetto scenico grazie all’acqua che scorre sulle sue pareti interne. Di sera il flusso del Rain Vortex diventa uno schermo dinamico a 360 gradi per uno spettacolo di luci e suoni. Al centro del grande ambiente, rialzato di alcuni metri rispetto alla piazza principale, passa il doppio binario dello sky train che trasporta i passeggeri verso i terminal dell’aeroporto (figura 5).
Dovendo mantenere il tracciato preesistente dei binari dello sky train, la copertura non è una classica cupola circolare con un foro centrale bensì un toroide di forma asimmetrica con il foro disassato in modo da evitare l’interferenza tra i binari e il Rain Vortex.
Al di sotto dei giardini terrazzati si trova l’area commerciale di 90.000 m2 che si sviluppa su cinque piani occupati da negozi, ristoranti, un auditorium e un hotel con 130 camere (figura 6).
Attraverso le terrazze si snoda una serie di sentieri, mentre al livello superiore si trova il Canopy Park, uno spazio di14.000 m2 con altre attrazioni quali una grande rete in acciaio destinata ad attività sportive tesa sopra le cime degli alberi, un ponte pedonale sospeso con un pavimento trasparente che offre una vista dall’alto sulla vegetazione, un labirinto di piante e uno di specchi e uno spazio eventi con una capienza di 1000 posti.
La foresta interna ospita circa duemila alberi e circa 100 mila cespugli e arbusti provenienti da varie parti del mondo. Tutte le piante sono state selezionati per sopravvivere e crescere all’interno dello spazio chiuso (figura 7), ove le condizioni del microclima interno sono controllate grazie a una serie di sistemi impiantistici e di soluzioni per la costruzione dell’involucro.
La copertura vetrata
Generalmente i terminal degli aeroporti presentano parti limitate di pavimento che godono di illuminazione naturale. Questo non è il caso del Jewel che deve invece affrontare la problematica opposta, dato che la radiazione solare incidente sulla grande copertura trasparente arriva fino ai livelli inferiori.
Il tetto a forma toroidale misura 200 metri in larghezza e 150 metri in lunghezza ed è composto da più di 9000 celle vetrate di forma triangolare. Lo spazio interno presenta requisiti molto particolari per le condizioni ambientali che hanno influenzato profondamente il progetto della copertura, sviluppato con l’obiettivo di massimizzare luce e trasparenza, e al tempo stesso di garantire il comfort e minimizzare i consumi energetici. Una particolare attenzione è stata dedicata anche alle prestazioni acustiche data la necessità di proteggere l’ambiente dal rumore prodotto dagli aerei.
Al posto del vetro singolo inizialmente previsto, che non avrebbe garantito le prestazioni richieste, è stato utilizzato un sistema a vetrocamera costituito da uno strato esterno, da un’intercapedine d’aria di 16 mm e da uno strato interno a doppio vetro con lastra interna stratificata. Sulla sommità della copertura sono stati previsti moduli apribili servomandati per scaricare il calore accumulato ed evitare il surriscaldamento dei livelli superiori.
L’apertura dei serramenti, che svolgono anche il ruolo di evacuatori di fumo in caso di incendio, viene attivata in combinazione con il sistema di ventilazione meccanica che prevede l’immissione di aria trattata mediante griglie installate sull’alzata delle gradinate piantumate in modo da controllare le condizioni della temperatura interna. Il progetto della copertura rappresenta una soluzione esemplare che caratterizza l’intervento anche dal punto di vista strutturale grazie alle approfondite ricerche e ottimizzazioni che hanno consentito di limitare al minimo i supporti intermedi.
Parallelamente si è lavorato sulle dimensioni dei pannelli vetrati per ottimizzare tempi e costi di fabbricazione, e al tempo stesso semplificare le operazioni di cantiere e ridurre gli sfridi. Grazie alla realizzazione in fabbrica di una serie di mock-up è stato possibile verificare l’impatto estetico, la funzionalità delle procedure di montaggio e le prestazioni, in particolare di tenuta all’acqua.
Modellare l’involucro
La modellazione del comportamento della copertura ha rappresentato il fattore chiave per risolvere le contrastanti esigenze del grande ambiente in termini di illuminazione e di controllo del microclima. Per crescere in modo rigoglioso le piante hanno bisogno di elevati livelli di luce naturale, con una attenzione particolare alla componente UV, ma l’impiego di componenti vetrati trasparenti avrebbe comportato un eccessivo carico solare, rendendo lo spazio non confortevole per i visitatori e causando un enorme consumo energetico per il controllo della temperatura.
Utilizzando una combinazione tra un software sviluppato ad hoc per la previsione dell’irraggiamento e dell’illuminamento e il modello BIM in 3D elaborato dagli architetti, i progettisti degli impianti MEP hanno potuto modellare in modo preciso i livelli di luce naturale che passa attraverso ciascuna cella di vetro del tetto in ogni ora del giorno per un intero anno, allo scopo di valutare le prestazioni di diversi materiali per le vetrature e le finiture superficiali in termini di fabbisogno e consumo di energia.
La modellazione ha portato alla scelta di un rivestimento del vetro che consente il passaggio del 62% della radiazione come luce visibile, con un fattore solare di 0,33. A ciascuna cella vetrata è stato applicato un fritting di densità diversa a seconda della loro posizione in modo da garantire al contempo la luce per la crescita delle piante e di ridurre ulteriormente gli apporti solari nelle aree in cui i livelli richiesti di luce naturale erano meno critici.
La capacità del vetro di limitare l’apporto della radiazione solare è stata fondamentale per ridurre il fabbisogno di raffreddamento e mantenere confortevoli gli spazi per il pubblico. Inoltre, la mappatura della luce naturale all’interno dell’ambiente ha fornito ai progettisti del verde una conoscenza approfondita della quantità disponibile per determinare la piantumazione ottimale di ogni particolare area e creare una foresta interna lussureggiante a clima controllato.
Grazie al coordinamento tra progettisti del clima e del verde è stato quindi possibile modulare le proprietà superficiali del vetro in modo da irradiare più luce soltanto nelle aree in cui le specie vegetali richiedevano livelli più elevati di illuminamento.
I sistemi di climatizzazione
Con la cascata coperta e i giardini terrazzati, il Jewel Changi rappresenta non solo la porta di accesso a Singapore ma anche la sua vera essenza dato che essa viene definita la “città in un giardino”. Il progetto presenta somiglianze con la serie di gigantesche serre climatizzate del parco Gardens by the Bay sempre a Singapore.
Anche in questo caso, la sfida era quella di garantire il delicato equilibrio tra la fornitura di luce naturale alle piante e il mantenimento di condizioni di comfort termico per i visitatori, riducendo al minimo il fabbisogno energetico di un edificio situato in un clima tropicale.
Climatizzare l’intero volume posto sotto il tetto in vetro avrebbe richiesto enormi quantità di energia, di conseguenza è stata sviluppata una strategia per trattare soltanto le parti occupate dalle persone. La temperatura ambiente viene mantenuta a un valore costante di circa 24 °C utilizzando lo stesso sistema adottato per il Gardens by the Bay, ovvero la combinazione tra un sistema di ventilazione a dislocamento e un sistema di raffrescamento con pavimenti radianti.
L’immissione dell’aria trattata dall’impianto di climatizzazione è effettuata attraverso diffusori nascosti nelle gradinate in pietra dei giardini terrazzati (figura 8). Il sistema garantisce il ricambio igienico grazie all’immissione di una miscela di aria esterna e di ricircolo e consente ai guadagni di calore di salire verso l’alto attraverso lo spazio funzionando in sinergia con il sistema di ventilazione naturale che sfrutta l’effetto camino prodotto dall’oculo e dalle altre aperture servocomandate poste sulla copertura.
Il controllo della temperatura è integrato mediante l’utilizzo di pavimenti radianti previsti soltanto negli spazi con maggiore permanenza di persone, riuscendo quindi a migliorare il comfort termico complessivo grazie all’azione sulla temperatura media radiante, oltre che su quella dell’aria (figura 9). I pavimenti radianti sono stati realizzati mediante tubazioni incorporate nel massetto in calcestruzzo e percorse da acqua refrigerata mantenuta sempre a una temperatura superiore a quella di rugiada.
Il sistema fornisce il raffrescamento del livello inferiore della piazza e di quello superiore posto sotto la copertura (figura 10). Esso agisce come un gigantesco buffer termico in grado di assorbire il calore solare prima che possa essere irradiato nell’aria ambiente.
La figura 11 mostra l’insieme delle strategie passive e attive che sono state adottate per garantire il raffrescamento degli ambienti, incluso l’ombreggiamento fornito dalle piante e da tende mobili per lo spazio eventi al livello superiore, come puro il raffrescamento localizzato prodotto dai giochi d’acqua. Alcune zone sono trattate in modo da garantire un raffrescamento tangibile grazie a movimenti d’aria più elevati che simulano le brezze e forniscono una variabilità delle temperature.
L’impatto sul microclima
Se gestire gli apporti solari attraverso la copertura ha rappresentato un aspetto critico per il controllo del microclima, la sfida più impegnativa è stata quella relativa alla valutazione del potenziale impatto della caduta di un grande volume d’acqua da un’altezza così elevata (figura 12). Il Rain Vortex rappresenta un impressionante opera di ingegneria. L’acqua che scende sul pendio del tetto toroidale defluisce verso una fessura che delimita il perimetro dell’oculo. Da questa apertura, un vortice d’acqua precipita per otto livelli, gli ultimi due contenuti all’interno del grande imbuto trasparente che attraversa il piano interrato.
La preoccupazione principale era costituita dal fatto che una cascata di queste dimensioni avrebbe potuto provocare movimenti d’aria incontrollati e influenzare il microclima, creando anche nuvole di aria umida. Non esistevano esperienze precedenti alle quali i progettisti potessero fare riferimento, quindi anche in questo ambito è stato necessario sviluppare una modellazione ad hoc e applicare i principi della fisica delle costruzioni per simulare l’impatto sullo spazio interno. Anche per il Gardens by the Bay era stata sviluppata una simulazione CFD dell’impatto di una cascata di minori dimensioni, che, sebbene molto semplificata, alla prova dei fatti si era dimostrata sostanzialmente corretta.
Nel caso del Jewel la taglia della cascata e la sua posizione centrale nello spazio erano così importanti per il comfort degli occupanti che è stato necessario sviluppare un modello molto più complesso per calcolare l’effetto sulle condizioni ambientali. Sebbene l’acqua che cade provochi un raffreddamento naturale dell’aria attraverso l’evaporazione adiabatica, l’effetto sulla temperatura dell’enorme volume risulta relativamente contenuto. Molto più impattante è invece il movimento d’aria generato dall’enorme portata d’acqua che cade per un’altezza di 40 metri. Quando si è trattato di modellarlo, i progettisti hanno trovato pochissime informazioni utili.
L’approssimazione più vicina che si è riusciti a reperire per simulare il movimento dell’aria attorno a una cascata è stata quella fornita dagli studi effettuati a livello accademico relativi alla modellazione del flusso d’aria all’interno di un box doccia allo scopo di indagare perché la tenda viene attirata verso l’interno quando scende l’acqua. Il motivo per cui è stato così difficile modellare l’effetto della cascata sull’ambiente circostante è dovuto al fatto che erano presenti una serie di elementi interagenti tra loro.
Quando ogni goccia d’acqua cade nell’aria, essa crea dietro di sé una sorta di coda di cometa che accelera l’aria circostante. Quindi il team ha modellato cosa succede quando due gocce d’acqua cadono una accanto all’altra, scoprendo che si verifica un effetto di trascinamento ma anche di interferenza, quindi non si tratta di una goccia perfetta. Inoltre, maggiore è il numero di goccioline modellate, più complesso risulta il modello.
Ad esempio, si voleva comprendere quale sarebbe stato l’impatto di una goccia che cade in mezzo ad altri 30 milioni di gocce. In questo caso, l’aria presente attorno alla gocciolina risulta già accelerata, ma la gocciolina continua a sua volta ad accelerare a causa della gravità. In un flusso d’aria molto veloce, la gocciolina si scompo ne per trasformarsi in goccioline più piccole, quindi lo sviluppo del modello diventa un compito estremamente complesso (figura 12).
La soluzione è stata quella di affrontare la modellazione sia in macroscala sia in microscala che su scala micro. È stata sviluppata una modellazione in macroscala di tipo analitico partendo dai principi base, utilizzando equazioni fluidodinamiche, per stabilire quale effetto potrebbe avere questa massa d’acqua sull’aria circostante. Successivamente è stato sviluppato un modello stocastico attorno alla dimensione e alla distribuzione delle goccioline. Dopo una serie di studi effettuati sul movimento dell’aria, la soluzione dei progettisti è stata quella di modulare in continuo la portata d’acqua della cascata.
Ai piedi della cascata, l’acqua viene raccolta e pompata nuovamente verso il tetto, per garantire un flusso costante di 4,5 m3 al minuto. Per 20 minuti ogni ora le pompe aumentano la velocità per fornire una portata d’acqua fino a 37 m3 al minuto. Gli effetti della turbolenza si accumulano nel tempo, di conseguenza alternando diversi valori di portata la cascata d’acqua disturba solo leggermente il microclima nell’edificio. Inoltre, la modellazione ha permesso di dimostrare che la cascata può trascinare una quantità significativa di aria circostante e che questa massa d’aria in movimento trascina verso il basso l’aria calda che si trova nella parte superiore dello spazio, che viene poi indirizzata in senso orizzontale verso il livello inferiore dello spazio, causando condizioni di disagio per le persone presenti (figura 13).
Questo fenomeno si verifica nel punto in cui l’acqua cade attraverso l’apertura posta in prossimità del livello inferiore dello spazio. L’aria calda, trascinata dal vortice d’acqua in caduta, viene spinta all’interno dell’imbuto posto alla base della cascata e si scontra con la massa aria che viene espulsa da questo. Di conseguenza, la massa d’aria intrappolata veniva spinta in senso orizzontale verso la piazza principale dell’ambiente.
Mediante la modellazione si è appurato che la forma dell’imbuto faceva sì che l’aria scendesse verso il basso e poi rimbalzasse fuori, per essere espulsa lateralmente in corrispondenza del bordo superiore (figura 10). Nel punto in cui la cascata attraversa il livello inferiore della foresta, l’architetto aveva posizionato una vasca d’acqua riflettente a forma di disco, destinata a fungere da barriera per impedire ai visitatori di avvicinarsi troppo all’apertura.
La modellazione ha dimostrato che l’aggiunta di un semplice parapetto in vetro attorno al perimetro di questa vasca era sufficiente per impedire il flusso d’aria laterale e mantenere lo spazio confortevole. Grazie al posizionamento del parapetto il flusso d’aria laterale veniva infatti forzato verso l’alto.
In pratica, è stato creato un effetto simile a quello di una cortina d’aria che impedisce al flusso d’aria proveniente dalla cascata di spostarsi lateralmente e consente di mantenere il comfort all’interno del volume più ampio (figura 14).
Per verificare l’efficacia del modello computazionale sono stati costruiti vari mock-up a tutta altezza e a larghezza parziale. Il team ha dapprima creato un modello della cascata in scala, pari a un quinto delle dimensioni reali. Tuttavia, il comportamento dell’acqua è risultato difficile da modellare in scala ridotta perché essa non scorre a una velocità pari a un quinto, dato che non è possibile ridurre della stessa quantità la forza di gravità né la viscosità che influenzano il flusso dell’acqua.
Quindi sono stati necessari calcoli aggiuntivi per convertire i risultati dal modello in scala a ciò che avviene nella realtà. È stato anche costruito un prototipo a grandezza naturale di un terzo del bordo della cascata per assicurarsi che l’acqua si comportasse come previsto.
L’effetto dello sky train
Se modellare il diluvio della cascata non fosse stato già abbastanza impegnativo, il team di progettazione ha dovuto anche calcolare l’impatto sul microclima causato dai vagoni che attraversano lo spazio sui binari sospesi. A tale scopo è stato necessario utilizzare un software complesso per stabilire la modalità con cui i vagoni potessero entrare e uscire simultaneamente senza che l’aria climatizzata fuoriuscisse dall’edificio. Il problema era infatti costituito dalle aperture che consentono l’ingresso e l’uscita dallo spazio.
Su questi binari sopraelevati i due vagoni viaggiano in direzioni opposte e si incrociano velocemente nel punto centrale. Inizialmente il progetto prevedeva di chiudere i binari all’interno in un tunnel di vetro. Tuttavia, questa opzione è stata subito abbandonata dato che sarebbe stato impossibile mantenerlo pulito. La sfida da affrontare consisteva quindi nel trovare il modo di sigillare le aperture di ingresso e di uscita per impedire che l’aria proveniente dall’interno dell’ambiente mantenuto in sovrapressione fuoriuscisse all’esterno.
La prima soluzione ipotizzata è stata l’installazione di due barriere d’aria. La prima barriera avrebbe dovuto funzionare continuamente in condizioni normali mentre la seconda, ad alta portata, sarebbe entrata in funzione in caso di aumento della velocità del vento. Il sistema è stato tuttavia scartato in quanto sarebbe stato troppo rumoroso. È stata quindi studiata una seconda soluzione basata su porte a molla apribili a seguito di contatto con il vagone, ma anche questa è stata abbandonata per questioni di sicurezza su richiesta della società di assicurazione. Alla fine è stato scelto un sistema di porte a rulli ad azione rapida, del tipo utilizzato per consentire l’ingresso dei carrelli elevatori nei magazzini frigoriferi industriali.
Per entrare e uscire dal Jewel i binari passano attraverso un tunnel di cemento. Le porte a rulli si trovano vicino al punto in cui il vagone entra ed esce dal tunnel, formando una sorta di camera stagna. Questa configurazione di vestibolo presentava però il problema che il meccanismo di apertura della porta a rulli non funzionava abbastanza velocemente considerando la velocità del treno. Fondamentalmente, la porta interna iniziava ad aprirsi prima che quella esterna si chiudesse completamente. La Building Construction Authority di Singapore, ovvero l’autorità di controllo delle costruzioni, non era del tutto convinta dell’efficacia di questa soluzione, quindi il team di progettazione ha dovuto valutare il volume dell’aria infiltrata, per dimostrare che fosse relativamente insignificante. La preoccupazione era costituita dl fatto che, quando il vagone entra nell’edificio, un pistone d’aria viene spinto davanti ad esso mentre dietro si produce un vortice.
I progettisti hanno trovato il modo per modellare il movimento dell’aria, ma a tale scopo hanno dovuto utilizzare direttamente i supercomputer del fornitore del software CFD, dato che il modello era così complesso che i computer interni alla società di ingegneria non avevano abbastanza potenza per l’elaborazione dei dati. Come risultato di questa complessa modellazione è stato possibile dimostrare che era possibile far passare i vagoni l’uno vicino all’altro all’interno dello spazio. Si è infatti appurato che al loro ingresso nello spazio una certa quantità d’aria non trattata tende ad entrare, principalmente a causa della scia del vortice.
Tuttavia, il modello ha dimostrato che quando il secondo vagone passa attraverso la stessa serie di porte viene nuovamente risucchiata verso l’esterno la maggior parte dell’aria appena indotta (figura 15). Poiché i treni si incrociano all’interno dell’ambiente, ciascuno agisce per contrastare il flusso d’aria dell’altro. Il risultato netto è una piccola quantità di infiltrazioni, che può essere facilmente neutralizzata dal sistema di ventilazione a dislocamento. La dipendenza dalla modellazione per il successo del progetto ha fatto sì che la fisica delle costruzioni fosse al centro del flusso di lavoro del team di progettazione e che essa sia stata utilizzata per orientare lo sviluppo del progetto piuttosto che per validare il risultato finale.
La modellazione si è dimostrata molto efficace. Alla prova dei fatti, grazie al suo utilizzo esteso è stato infatti possibile confermare che non vi fossero effetti negativi sulle piante o sui visitatori da parte della copertura, della cascata e dello sky train. Un obiettivo chiave per il successo del progetto era che le persone dovessero sentirsi sempre a proprio agio all’interno di questo spazio. A dimostrazione di ciò, l’edificio è aperto ormai da 4 anni e ha avuto un numero di visitatori molto superiore a quanto previsto.
Il progetto della cascata
Sempre più spesso vengono progettati enormi giochi d’acqua in luoghi con problemi di scarsità d’acqua, come Las Vegas, Dubai e appunto Singapore. A questa osservazione è possibile obiettare che la quantità evaporata, e quindi consumata, in una grande fontana come quella del Bellagio a Las Vegas, divisa per il numero di persone che la guardano, risulta inferiore a quella utilizzata dallo sciacquone di un WC. Come ci si evince dal nome, il Rain Vortex trae ispirazione dalla pioggia.
A Singapore piove spesso e la cascata può funzionare anche grazie all’utilizzo dell’acqua piovana dato che durante i frequenti e forti temporali potrebbero essere scaricati fino a 10 m3 d’acqua al minuto. L’acqua viene convogliata in vasche di accumulo poste ai piani interrati destinati ai parcheggi. La vasca principale ha una capacità di 420 m3 ed è posta al livello -3 dove si trovano anche i locali tecnici con le pompe di circolazione dell’acqua (figura 16).
La vasca viene mantenuta sempre piena ed è dotata di un dispositivo di troppopieno che consente di scaricare l’eccesso d’acqua in una seconda vasca, realizzata al livello -4, di taglia molto più grande, avendo un volume pari a 1670 m3. Quando anche questa vasca risulta piena, l’acqua in eccesso viene utilizzata per altre utenze che non impiegano acqua potabile, come il sistema di irrigazione della vegetazione e gli scarichi dei servizi igienici.
L’acqua accumulata nelle vasche viene filtrata e poi disinfettata mediante un dosatore di bromo (brominatore) nella forma di bromo- cloro-dimetilidantoina (o BCDMH) per evitare la formazione di alghe. Successivamente viene pompata fino al livello 5 dove un’altra serie di pompe la distribuisce sulla superficie della cupola di vetro dove scorre attraverso una rete di tubi posti all’interno di lamelle integrate nei profili della struttura (figura 17).
Grazie a questi tubi l’acqua viene convogliata verso un collettore posto attorno all’intero oculo. La capacità di raccogliere e utilizzare una quantità significativa di acqua piovana per la cascata è fondamentale perché Singapore, nonostante le frequenti piogge, deve importare acqua dalla vicina Malesia.
Secondo i calcoli effettuati l’acqua piovana, recuperata e stoccata durante gli eventi piovosi caratteristici della città-stato, risulta generalmente sufficiente per mantenere in funzione il Rain Vortex, ma se necessario viene prelevata acqua dalla rete del distributore.
La qualità dell’aria indoor
Durante il periodo della pandemia è stato messo in atto un approccio articolato per gestire il rischio di trasmissione di virus all’interno degli spazi dell’aeroporto, implementando una serie di tecnologie innovative per migliorare la qualità dell’aria indoor. La pulizia dell’aria interna rappresenta infatti un elemento vitale per il controllo delle infezioni e per mitigare la diffusione dei virus attraverso particelle e goccioline trasportate dall’aria.
I sistemi HVAC sono stati dotati di diversi sistemi di purificazione in grado di abbattere agenti patogeni di diverse dimensioni nel passaggio del flusso d’aria, quali filtri ad alta efficienza, lampade germicide a raggi UV-C e purificatori d’ambiente dotati di filtri HEPA. Le UTA sono dotate di filtri a tasche con efficienza F8 che possono rimuovere efficacemente circa l’85% delle particelle contente nel flusso d’aria di dimensioni comprese tra 0,3 e 1,0 micron, ovvero più piccole della dimensione di una particella di coronavirus presente nell’aerosol emesso da persone infette (figura 18).
Per garantire che i filtri continuino a garantire la massima efficienza, essi vengono sostituiti su base mensile oppure bimestrale, a seconda delle condizioni di utilizzo. Tutti i filtri usati vengono sigillati per il corretto smaltimento da parte degli addetti alla manutenzione che indossano dispositivi di protezione individuale di altissimo livello per una manipolazione sicura.
Come secondo livello di protezione, in tutte le UTA sono state installate apparecchiature di sanificazione con raggi ultravioletti (UV-C) che risultano efficaci nei confronti di eventuali particelle residua di virus presenti nella miscela di aria esterna e di ricircolo che passa attraverso la batteria di raffreddamento (figura 19).
Infine, negli spazi di dimensioni più contenute e molto affollati, come ad esempio le aree di attesa per i transiti, le mense per il personale e le aree di ristorazione, sono stati installati purificatori portatili dotati di filtri HEPA in grado di rimuovere oltre il 99% delle particelle rimanenti nell’aria ambiente, mitigando ulteriormente il rischio di trasmissione aerea del virus.
È da notare il fatto che i sistemi di climatizzazione a servizio degli edifici del terminal passeggeri dell’aeroporto sono in grado di garantire un efficace trattamento dell’aria interna anche grazie all’immissione di un’elevata portata d’aria, pari a 10 vol/h. Inoltre, è stato massimizzato l’utilizzo dell’aria esterna aprendo completamente le serrande poste sulle prese d’aria delle UTA.
I responsabili tecnici hanno lavorato a stretto contatto con le agenzie sanitarie locali eseguendo diversi test mediante fumogeni per accertare che la progettazione del flusso d’aria interna non provocasse il movimento dalle zone a rischio più elevato a quelle a rischio più basso. Per garantire la qualità dell’aria indoor vengono effettuati controlli regolari delle condizioni dell’aria, compresa la misurazione di CO2, inquinanti atmosferici, umidità, temperatura e portate. In particolare, grazie alle strategie adottate il livello di anidride carbonica nei terminal è risultata costantemente inferiore a 500 ppm.
Conclusioni
A dimostrazione dell’attenzione verso la sostenibilità ambientale sotto differenti aspetti, il Jewel Changi Airport ha ricevuto la certificazione di livello Platinum prevista dal programma Green Mark di Singapore grazie alle soluzioni adottate per l’involucro vetrato, il sistema di ventilazione a dislocamento e il risparmio idrico, e alle strategie energetiche che garantiscono il comfort per le differenti attività presenti e che permettono la vita di specie di piante diverse.