Decarbonizzazione degli edifici: quadro normativo e strategie attuative

decarbonizzazione degli edificiI recenti accordi presi a livello internazionale ed europeo per la riduzione delle emissioni di gas serra impongono un cambio di passo nel settore delle costruzioni, in particolare degli impianti.

La continua crescita delle emissioni di gas serra, la scarsa efficienza energetica e l’insufficiente tasso di rinnovamento degli edifici esistenti, rappresentano sfide da affrontare subito per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione. Gli edifici sono attualmente responsabili del 33% del consumo energetico globale e del 39% delle emissioni di gas serra, il che significa che il settore delle costruzioni è chiamato a svolgere un ruolo decisivo per fermare o invertire il cambiamento climatico migliorando le prestazioni degli edifici sia esistenti che di nuova costruzione.

Il contesto è contraddistinto da altri due elementi chiave: da una parte un quadro normativo e legislativo in continua evoluzione, dall’altra una sempre maggiore sensibilità di operatori e investitori verso la sostenibilità ambientale degli edifici che ha portato alla diffusione di nuovi strumenti per misurare e certificare il valore degli asset immobiliari e soddisfare le nuove aspettative del mercato.

Accordo di Parigi e Agenda 2030

Nel 2015, in occasione della Conferenza dell’ONU sul Clima svoltasi a Parigi, i leader mondiali hanno concordato nuovi ambiziosi obiettivi nella lotta contro i cambiamenti climatici. L’Accordo di Parigi prevede un piano d’azione per limitare il riscaldamento globale con l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2 K rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5.

L’Accordo è entrato in vigore il 4 novembre 2016, con la ratifica da parte di 55 paesi che rappresentano il 55% delle emissioni globali di gas a effetto serra. Sempre nel 2015 le Nazioni Unite hanno elaborato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile come impegno a livello globale per coordinare le azioni rivolte alle 5 P: persone, pianeta, prosperità, pace e partenariato. L’Agenda 2030 è stata adottata da 193 paesi in sostituzione dei precedenti accordi e ha stabilito 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) con 169 target o traguardi relativi a specifici risultati desiderati.

Fit for 55, Direttiva EPBD e COP 28

Nel 2021 la Commissione Europea ha presentato la proposta Fit for 55, un pacchetto di misure e interventi per aggiornare i nuovi target al 2030 relativi alla riduzione del 55% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, all’aumento del contributo delle fonti rinnovabili al 40% e dell’efficienza energetica al 36- 39%.

Nel complesso, il pacchetto e composto da 14 proposte che riguardano gli ambiti dell’efficienza energetica, dei trasporti e delle emissioni. La proposta che riguarda nello specifico il settore delle costruzioni e quella relativa all’aggiornamento della Direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive) sulle prestazioni energetiche degli edifici. A tale proposito, il 7 dicembre 2023, il parlamento e il consiglio europei dopo 6 mesi di negoziati hanno trovato un accordo, seppure provvisorio, per adeguare la Direttiva agli obiettivi del Fit for 55.

Rispetto alla proposta originaria di aggiornamento la Direttiva e stata rimodulata. Il testo approvato e infatti un compromesso tra gli obiettivi iniziali di Bruxelles e la posizione di chiusura di alcuni paesi membri, soprattutto Germania e Italia che detengono il patrimonio immobiliare più datato. Resta l’obiettivo di promuovere la transizione green e attuare la decarbonizzazione riducendo del 36% le emissioni di CO₂. A tale scopo i singoli paesi dovranno adottare politiche mirate a riqualificare gli immobili residenziali in due step, riducendo i consumi di energia primaria di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035.

Almeno il 55% della riduzione dovrà essere ottenuta mediante la riqualificazione degli edifici più energivori. Sono invece scomparsi gli obblighi legati alle classi energetiche che erano previsti nella proposta originale di revisione, mentre i certificati di prestazione energetica dovranno essere basati su criteri validi a livello comunitario. Per quanto riguarda il parco immobiliare non residenziale, dovranno essere riqualificati almeno il 16% degli edifici più energivori entro il 2030 e il 26% entro il 2033.

Gli altri punti salienti della direttiva sono i seguenti:

  • dal 2030 tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero (dal 2028 per gli edifici della Pubblica Amministrazione);
  • dal 2027 gli edifici esistenti pubblici e non residenziali dovranno essere dotati di impianti solari, se ciò risulta fattibile dal punto di vista tecnico ed economico;
  • entro il 2040 dovranno essere eliminate in via definitiva le caldaie a combustibili fossili;
  • a partire dal 2025 dovranno essere eliminati sussidi, bonus e agevolazioni fiscali per le caldaie alimentate da combustibili fossili.

Dagli obblighi sono esclusi gli edifici storici o di particolare pregio architettonico. La Direttiva dovrà essere recepita da parte dei paesi membri ai quali verrà in ogni caso concessa ampia flessibilità nella sua applicazione attraverso i piani d’azione nazionali, tenendo conto delle caratteristiche del patrimonio edilizio e dell’eventuale scarsita di manodopera qualificata.

Qualche giorno dopo l’accordo sull’EPBD, ovvero il 13 dicembre 2023, si e conclusa a Dubai la COP 28, ossia la ventottesima riunione dell’organismo creato nel 1992 dall’ONU per rispondere alla minaccia dei cambiamenti climatici. Per la prima volta nella storia della COP è stato raggiunto un accordo che riconosce la necessità della transizione dai combustibili fossili, accelerando l’azione in questo decennio e puntando alla neutralità carbonica al 2050 con l’obiettivo di raddoppiare l’efficienza energetica e triplicare le fonti rinnovabili entro il 2030.

Restano tuttavia molto carenti gli impegni per attivare le risorse economiche destinate ai paesi in via di sviluppo e per finanziare il fondo per le perdite e i danni, destinato alle comunità colpite dagli effetti del cambiamento climatico.

Un decalogo di strategie attuative

La decarbonizzazione degli edifici comprende la riduzione sia del carbonio operativo che del carbonio incorporato, che si riferiscono rispettivamente alle emissioni di gas serra nella fase di utilizzo e durante l’intero ciclo di vita di un edificio. Questo ciclo di vita comprende l’estrazione, il trasporto, l’installazione, l’uso e la fine della vita di ogni materiale utilizzato per la costruzione e l’arredamento, ed è responsabile dell’11% delle emissioni globali di gas serra e del 28% delle emissioni globali del settore edilizio. A tal fine è possibile adottare dieci diverse strategie.

1. Approcciare la decarbonizzazione su tre livelli

Poiché diverse strategie di riduzione delle emissioni nella fase operativa comportano diversi livelli di efficacia e diverse fasi di costruzione richiedono procedure diverse, il World Resources Institute (WRI) ha sviluppato un elenco di strategie classificate per priorità che può essere trasformato in tre procedure di decarbonizzazione (figura 1):

  • efficienza energetica prima dell’energia rinnovabile;
  • energia rinnovabile in loco prima dell’energia rinnovabile off-site;
  • energia rinnovabile prima della compensazione delle emissioni (ovvero investire in energia rinnovabile altrove).

decarbonizzazione degli edificiAnche per quanto riguarda le emissioni incorporate, il WRI suggerisce la riduzione delle emissioni prima della loro compensazione. Il metodo della compensazione delle emissioni riveste sempre una bassa priorità ed è consigliato solo nei casi in cui la fornitura di energia rinnovabile al 100% non risulta fattibile.

Con questa gerarchia di priorità possiamo quindi affrontare la decarbonizzazione degli edifici a tre diversi livelli:

  1. ridurre il carbonio operativo negli edifici nuovi ed esistenti attraverso l’efficienza energetica;
  2. utilizzare l’energia rinnovabile per coprire la restante bassa domanda energetica, idealmente in loco oppure off-site nelle vicinanze, se necessario;
  3. ridurre il carbonio incorporato dei nuovi edifici durante l’intero ciclo di vita.

Questi livelli rappresentano tre diversi modi in cui si possono ridurre le emissioni, a seconda della fase del progetto o dei requisiti dell’edificio. Tutti e tre devono essere implementati rapidamente per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima.

Distinguere questi tre livelli risulta una guida utile per progettisti e proprietari di edifici che devono affrontare la decarbonizzazione nei propri progetti. In particolare per quanto riguarda l’efficienza energetica degli impianti a servizio di edifici esistenti è da sottolineare l’importanza del monitoraggio delle prestazioni attraverso le attività di re-commissioning e continuous commissioning.

2. Considerare sia il carbonio operativo sia quello incorporato

Come discusso in precedenza, la riduzione del carbonio sia operativo che incorporato è un passo necessario nel processo di decarbonizzazione nel suo insieme. Tuttavia, per gli edifici esistenti, poiché i materiali sono già presenti, il carbonio incorporato potrebbe non essere un aspetto essenziale e quindi si dovrebbe dare priorità al raggiungimento di zero emissioni nette di carbonio operativo. Al contrario, nella costruzione di nuovi edifici considerare solo un tipo di emissioni di carbonio può fornire risultati fuorvianti sul reale impatto ambientale di una struttura.

Ad esempio, l’uso di alcuni materiali può produrre una bassa produzione di carbonio operativo ma un’elevata quantità di carbonio incorporato durante l’intero ciclo di vita, e viceversa. Un edificio con poco isolamento e vetri singoli avrà in genere una minore quantità di carbonio incorporato a fronte di un aumento delle emissioni operative rispetto a un edificio ben isolato. Allo stesso modo, i sistemi per la produzione di energia rinnovabile, come i pannelli solari termici o fotovoltaici, possono ridurre significativamente il carbonio operativo, tuttavia bisogna considerare che la loro produzione comporta un’impronta carbonica.

A causa di queste potenziali incoerenze, è essenziale che per i nuovi edifici o le ristrutturazioni significative si considerino contemporaneamente entrambi i tipi di emissioni quando si scelgono materiali e apparecchiature per ottimizzare l’efficienza energetica e produrre la minore impronta di carbonio possibile (figura 2).

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Fig. 2 – Per i nuovi edifici e le ristrutturazioni rilevanti devono essere considerati sia il carbonio operativo che quello incorporato

3. Privilegiare la fase iniziale del progetto

La decarbonizzazione deve essere affrontata con rigore e dettaglio immediatamente all’inizio di un nuovo progetto. Le soluzioni progettuali a basse emissioni di carbonio, in particolare quelle focalizzate sul carbonio incorporato, risultano più efficienti e convenienti se considerate nelle prime fasi di un progetto (figura 3).

decarbonizzazione degli edificiIl rapporto Embodied Carbon Review pubblicato da One Click LCA delinea in dettaglio le ragioni di questa maggiore efficienza. Le prime fasi “bloccano” le possibilità per molte parti di un progetto, in particolare quelle che potrebbero influenzare in modo significativo le emissioni di carbonio incorporato. I progettisti potrebbero non essere in grado di apportare modifiche efficienti dal punto di vista energetico in un secondo momento, oppure la gamma di opzioni potrebbe essere gravemente ridotta.

Col passare del tempo, anche se una scelta progettuale può ancora essere modificata, quasi sempre si incorrerà in costi molto più elevati. È quindi fondamentale che si analizzino le possibilità di ridurre il carbonio incorporato già nelle prime fasi del processo di progettazione.

4. Valutazioni LCA e dichiarazioni EPD verificate da terze parti

La produzione di carbonio può essere calcolata attraverso le valutazioni del ciclo di vita (LCA) stabilite da standard internazionali e le dichiarazioni ambientali di prodotto (EPD) verificate da terze parti. Queste sono le uniche valide fonti scientifiche di informazione relative al carbonio incorporato nei prodotti e nei materiali da costruzione.

Le valutazioni LCA sono una tecnica di analisi che misura gli impatti ambientali di tutte le fasi della vita di un prodotto, mentre e dichiarazioni EPD sono documenti verificati e registrati in modo indipendente che comunicano informazioni trasparenti e comparabili sull’impatto ambientale di un prodotto durante il suo intero ciclo di vita. Il progettista può utilizzare entrambe per determinare e valutare l’impronta di carbonio dell’edificio.

Per standardizzare le modalità con cui vengo no valutati i prodotti, le EPD e le valutazioni LCA che da esse possono essere ricavate sono regolate da standard internazionali ed europei. Un esempio particolarmente rilevante e la norma UNI EN 15804:2021 che fornisce le principali regole di categorie di prodotto (PCR) per le dichiarazioni ambientali di prodotti e servizi da costruzione. Sono disponibili molte applicazioni software in grado di fornire automaticamente valutazioni del ciclo di vita a partire dai dati di progetto.

Un esempio e One Click LCA, che attinge da programmi come Revit, IFC (BIM), Excel, IESVE, per trovare soluzioni comparabili e offrire materiali adeguati con relative dichiarazioni EPD. I progettisti seriamente interessati alla decarbonizzazione dovrebbero utilizzare questo strumento o applicazioni simili per garantire che la produzione di carbonio incorporata sia la piu bassa possibile.

5. Utilizzare materiali sostenibili

La scelta della tipologia di materiali più sostenibili risulta tra le più complesse. Per quanto riguarda le caratteristiche di peso e massa, da un lato una serie di studi ha dimostrato che l’impiego di materiali leggeri come il legno per la struttura (figura 4) o di sistemi di facciata integrati con isolamento termico in lana di vetro consente di ottenere una riduzione del potenziale di riscaldamento globale, rispetto alle soluzioni tradizionali con struttura in cemento armato e muri in mattoni grazie alla riduzione del consumo di energia primaria e di acqua in fase di produzione.

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Fig.4 – L’impiego del legno per la struttura consente di ottenere una riduzione delle emissioni grazie al minore consumo di energia primaria per la produzione

Per contro bisogna considerare che gli edifici dotati di un’elevata massa superficiale presentano una maggiore inerzia termica che risulta utile per ridurre i carichi di raffreddamento in fase estiva e quindi i consumi energetici e le relative emissioni (figura 6).

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Fig.6 – Gli edifici ad elevata massa superficiale e soffitti in cemento a vista presentano un’elevata inerzia termica che consente di ridurre i consumi energetici in fase estiva

Alcuni materiali di origine biologica, come legno, fibre di legno e fibra di canapa, immagazzinano il carbonio durante l’utilizzo, il che significa che riducono effettivamente i livelli di CO₂ nell’atmosfera prima dello smaltimento del materiale (figura 7).

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Completata nel 2019 in Norvegia, la Mjøstårnet è l’edificio in legno più alto al mondo

Questa qualità li rende altamente sostenibili. Tuttavia, se si considera questa opzione e necessario essere consapevoli che nella norma UNI EN 15804 sulla valutazione del ciclo di vita, questo carbonio immagazzinato (chiamato carbonio biogenico, durante la crescita delle piante) deve essere contabilizzato separatamente dal carbonio incorporato a causa di importanti differenze.

Ad esempio, il carbonio incorporato di un materiale di origine biologica può essere superiore a quello dei materiali tradizionali a causa di una maggiore distanza dal cantiere, e il carbonio biogenico stesso ha un’emissione netta pari a zero durante tutta la sua vita a causa dell’utilizzo e dell’eventuale re-emissione di carbonio. Secondo lo standard LCA, il carbonio biogenico viene quindi considerato separato e pari a zero durante l’intero ciclo di vita, ovvero non si considera che abbia un’impronta di carbonio negativa.

6. Considerare gli elementi interni come potenziali emettitori di carbonio

Un errore comune commesso dai progettisti nelle prime fasi della progettazione è quello di tenere conto soltanto dell’involucro di un edificio nel calcolo del carbonio incorporato, dimenticando però il ruolo potenzialmente significativo degli allestimenti interni e delle apparecchiature per i sistemi MEP.

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Fig.8 – Le pompe di calore potrebbero presentare un elevato valore di carbonio incorporato nel caso di obsolescenza

Componenti quali, ad esempio, pompe di calore e UTA (figura 8) presentano in genere una vita utile inferiore a quella dell’edificio e quindi devono essere sostituiti nel corso del tempo, rendendo la loro produzione di carbonio incorporata importante quanto quella di qualsiasi altra parte della struttura. Per contro, la loro sostituzione con apparecchiature più efficienti consente di ridurre il peso del carbonio operativo. Il calcolo delle emissioni nel ciclo di vita sarà accurato solo se si tiene conto di questi importanti componenti.

7. Riutilizzare o riciclare i materiali usati

Il riutilizzo dei materiali giunti a fine vita elimina la necessità di estrarre e produrre nuovi materiali a costi ambientali potenzialmente elevati. Se possibile, si dovrebbero impiegare prodotti che utilizzino quanto più materiale riciclato possibile per ridurre le quantità di carbonio incorporato.

Per i serramenti, ad esempio, da anni i maggiori produttori propongono vetri ottenuti da scarti di lavorazione (il cosiddetto cullet) in grado di ridurre il consumo di energia e quindi le emissioni di CO₂. Per quanto riguarda invece gli impianti HVAC il riciclo e finora praticato in modo limitato, ad esempio da alcuni produttori di pompe e di tubazioni di scarico in ghisa sferoidale, ed è quindi auspicabile che possa presto essere esteso ad apparecchiature quali pompe di calore, terminali e UTA.

8. Implementare l’economia circolare

La valutazione del ciclo di vita e legata allo smaltimento o al riutilizzo dei prodotti dopo la loro vita utile. La transizione dal modello “prendi, produci e spreca” a un’economia circolare basata sull’efficienza delle risorse costituisce una misura da adottare imperativamente per realizzare un’industria dell’edilizia più sostenibile. Un edificio che aderisce alle linee guida dell’economia circolare consumerà naturalmente meno risorse durante il suo ciclo di vita perché progettato per essere efficiente sotto il profilo delle risorse, adattabile e duraturo.

L’utilizzo prevalente di materiali con una maggiore percentuale di contenuto riciclato produrrà un’impronta di carbonio ridotta. I materiali e i prodotti riutilizzati emetteranno anche una quantità inferiore di carbonio incorporato. Il settore edilizio causa circa la metà dell’estrazione di tutti i materiali e un terzo della produzione di rifiuti in tutta Europa. Eliminare gli impatti negativi dell’estrazione e dei rifiuti attraverso il riutilizzo e il riciclo potrebbe quindi avere un enorme impatto nello sforzo globale per porre fine al riscaldamento globale.

9. Valutare i vantaggi della prefabbricazione

La strategia Design For Manufacture and Assembly (DFMA) prevede la fornitura in cantiere di componenti preassemblati in fabbrica. Essa consente di ridurre la quantità di rifiuti prodotta dal cantiere e l’inquinamento su base locale grazie al minore numero di lavorazioni eseguite e alla riduzione del traffico di veicoli in prossimità del sito. Inoltre, le operazioni di assemblaggio e commissioning delle apparecchiature principali eseguite in officina permettono di ottenere un miglioramento delle prestazioni degli impianti con una riduzione delle emissioni equivalenti di anidride carbonica.

I componenti assemblati in fabbrica possono essere facilmente tracciati dalle fasi di produzione a quelle di impiego, manutenzione ed eventuale sostituzione e smaltimento. Ciò consente di disporre di dati in fase di utilizzo, di misurare in modo più adeguato l’impatto del ciclo di vita e di aumentare le opportunità per realizzare un’effettiva economia circolare.

10. Sostenere le iniziative globali

Sebbene le strategie sopra descritte costituiscano tutte soluzioni estremamente importanti a livello individuale, il percorso verso la decarbonizzazione deve rappresentare uno sforzo a livello collettivo affinché i risultati si manifestino. Per aumentare la conoscenza, la sensibilizzazione e la consapevolezza devono essere seguite e sostenute iniziative globali, come ad esempio il Net Zero Carbon Buildings Commitment del World Green Building Council, la Global Alliance for Buildings and Construction dell’UNEP, il Carbon Leadership Forum e altre ancora.

Il rapporto Bringing embodied carbon upfront pubblicato nel 2019 dal World Green Building Council descrive in dettaglio un piano per garantire entro il 2030 zero emissioni di carbonio operativo per tutti i nuovi edifici e il 40% in meno di carbonio incorporato per gli edifici nuovi o riqualificati, ed entro il 2050 zero emissioni di carbonio incorporato e operativo per tutti gli edifici nuovi ed esistenti.

Inoltre, e da segnalare la mole di attività sviluppata da ASHRAE che, dopo la pubblicazione nel 2022 del Position Document on Building Decarbonization, nel 2023 ha pubblicato l’ASHRAE Standard 228 Method Of Evaluating Zero Net Energy And Zero Net Carbon Building Performance che stabilisce i requisiti per valutare se un edificio o un gruppo di edifici risponde alla definizione di Zero Net Energy oppure di Zero Net Carbon durante la fase di utilizzo. Lo standard si collega allo Standard 105 per definire la natura e il valore dei flussi di energia e di emissioni di CO₂ e stabilisce quindi un metodo affidabile e condiviso per definire le effettive prestazioni di edifici nuovi o esistenti in termini di neutralità carbonica.

Nel 2025 è prevista invece la pubblicazione del nuovo ASHRAE Standard 240P – Evaluating Greenhouse Gas (GHG) and Carbon Emissions in Building Design, Construction and Operation, in collaborazione con l‘International Code Council (ICC), per la valutazione delle emissioni di gas serra nell’intero ciclo di vita di tutti i tipi di edifici.

Il progetto CRREM

Per accompagnare il settore immobiliare verso l’obiettivo di accelerare il processo di carbonizzazione, nel 2018 l’Unione Europea ha finanziato lo sviluppo del progetto di innovazione e ricerca CRREM (Carbon Risk Real Estate Monitor), uno strumento che permette di calcolare le emissioni di gas serra a livello di singolo edificio, proprietà, portafoglio e società, e di prevedere gli scenari per limitare il riscaldamento globale a 1,5 oppure 2 k, in modo da soddisfare gli impegni fissati dall’accordo di Parigi.

Finanziato dalla Laudes Foundation e supportato dalle università di Tilburg, Alicante e Ulster, dall’IIO (Istituto austriaco di Economia Immobiliare) e dal Global Real Estate Sustainability Benchmark (GRESB), il CRREM consente di centralizzare i dati relativi agli asset immobiliari al fine di valutare il loro impatto ambientale e limitare i rischi ESG associati alle loro attività.

Lo strumento incoraggia gli operatori del settore a investire nell’efficienza energetica in modo che gli edifici soddisfino gli standard futuri e le aspettative dei diversi stakeholder. Nell’ambito del progetto è stato sviluppato il software Risk Assessment Tool come strumento di analisi del rischio di “stranding” (ovvero il superamento del livello massimo consentito di emissioni di CO₂) allo scopo di comunicare i rischi presenti nel portafoglio immobiliare a proprietari e investitori. La valutazione si basa su un diagramma sul quale sono rappresentate una linea nera e una curva verde (figura 10).

decarbonizzazione degli edificiLa linea nera continua rappresenta la baseline delle prestazioni di un edificio in termini in termini di intensità di gas a effetto serra (GHG), calcolate come la quantità di emissioni annue per superficie dell’edificio. I dati sulle emissioni includono quelle generate direttamente dall’utilizzo in loco di combustibili fossili per la climatizzazione e le emissioni indirette (causate dall’utilizzo del teleriscaldamento e/o dal consumo di energia elettrica).

La curva verde rappresenta invece il percorso di decarbonizzazione di uno specifico tipo di edificio in un paese specifico che si allinea con l’obiettivo climatico (aumento della temperatura di 1,5/2 K al 2050). La curva indica quindi il valore delle emissioni che non deve essere superato se una proprietà intende essere conforme agli obiettivi dell’accordo di Parigi. Quando l’intensità di emissione risulta superiore al valore di target si verifica il cosiddetto “stranding”.

Nell’esempio di figura 1, l’edificio modello soddisfa i requisiti solo all’inizio del periodo considerato ed e esposto allo stranding molto prima della fine del ciclo di osservazione (nel 2050). Soltanto mediante l’adozione di adeguate misure di efficientamento energetico o di retrofit che riducono le emissioni di gas serra è possibile garantire che l’edificio rispetti i futuri limiti di emissioni. Tali misure potrebbero includere il cambiamento della fonte energetica (verso fonti rinnovabili) e/o la riduzione dei consumi energetici.

Il CRREM considera anche l’influenza di due ulteriori effetti sull’impronta carbonica: impatto climatico e decarbonizzazione della rete, indipendenti da eventuali misure di retrofit e indicati con due linee nere tratteggiate. Le future prestazioni (e il consumo di energia) dell’edificio saranno infatti influenzate dall’impatto del cambiamento climatico sul fabbisogno di riscaldamento e raffreddamento.

Mentre da un lato il riscaldamento globale ridurrà il fabbisogno termico, d’altro canto aumenterà l’energia necessaria per i sistemi di climatizzazione. Per considerare questo effetto il software utilizza la modellizzazione scientifica del futuro sviluppo dei cosiddetti gradi giorno di riscaldamento e raffreddamento.

Il secondo effetto di cui il software tiene conto nel determinare il rischio futuro di stranding di un immobile è l’influenza della decarbonizzazione della rete elettrica sulle emissioni indirette di un immobile. La quota crescente di elettricità generata da fonti rinnovabili implica che la quantità media di gas serra emessi per kWh consumato (chiamata anche intensità di gas serra della produzione di energia o fattore di emissione) continuerà a diminuire nel tempo.

Il CRREM copre tutte le tipologie di immobili (uffici, edifici commerciali, ospedali, edifici residenziali) ed e disponibile gratuitamente per le società immobiliari dei paesi dell’Unione Europea e anche al di fuori di questa.

Il Carbon Risk Assessment di asset esistenti consiste nelle seguenti fasi:

  • valutazione attuale degli asset mediante raccolta e analisi dei consumi energetici;
  • stima del consumo energetico futuro attraverso la modellazione energetica;
  • calcolo dello stranding year mediante il Risk Assessment Tool;
  • definizione di interventi di retrofit in termini di riduzione dell’intensita carbonica;
  • determinazione di nuovi potenziali stranding year dopo gli interventi di retrofit.

Oltre al percorso relativo all’intensità di CO₂, sono previsti percorsi specifici per paese e tipo di proprietà che tengono conto degli altri gas serra, ad esempio le perdite di gas refrigerante.

I criteri ESG

I criteri ESG, acronimo di Environmental, Social, Governance, definiscono il valore delle performance di società e organizzazioni di varia natura in ambito ambientale, sociale e di gestione. Si tratta di indicatori riconducibili al tema della sostenibilità e all’impegno rivolto in questa direzione dalle realtà del settore industriale e dei servizi. La dimensione considerata riguarda tutto il contesto in cui si opera, valutando fattori come la responsabilità sociale e la governance.

L’interesse verso i criteri ESG è in continua crescita per l’importanza sempre maggiore rivolta alla sostenibilità delle imprese che, in quanto parte integrante del tessuto sociale, sono valutate in relazione non solo al volume di affari prodotto ma anche all’impatto che esse generano su quanto le circonda. Sotto la lettera E sono compresi i dati relativi alle emissioni di CO₂, all’uso di energia rinnovabile, al consumo di risorse naturali (come acqua e materie prime), al contributo all’inquinamento delle differenti matrici ambientali.

Attraverso una serie di indicatori è possibile monitorare i risultati in relazione agli impatti ambientali generati, specifici per ogni attività effettuata. La lettera S considera tutto quanto e legato alla responsabilità sociale d’impresa ed include temi il rispetto dei diritti umani, la salute e la sicurezza dei lavoratori, benessere, uguaglianza, pari opportunità. Infine, nella lettera G rientrano tutti gli aspetti connessi alla gestione e all’organizzazione aziendale.

I criteri ESG diventano quindi espressione delle strategie applicate e dei risultati ottenuti, e sono ritenuti ormai essenziali nell’ambito di operazioni finanziarie quali investimenti, acquisizioni e fusioni, in quanto determinano l’effettivo valore di una società e il livello di rischio calcolato.

A tale scopo, una volta definiti parametri e metriche di misurazione, si raccolgono dati e si ottengono informazioni oggettive sulle performance complessive. Sebbene al momento siano principalmente le grandi aziende a investire in questo ambito, i criteri ESG sono di interesse per qualsiasi realtà imprenditoriale, al di là della dimensione e del settore di attività.

Al momento la conformità ai criteri ESG non risulta ancora obbligatoria per legge ma è possibile ipotizzare che lo possa diventare in un prossimo futuro, dato che tali criteri sono allineati con le normative in materia ambientale e con il processo di transizione a un modello di economia circolare e di abbattimento delle emissioni. Un primo passo e già stato fatto dato che in Europa le società di interesse pubblico con più di 500 dipendenti sono obbligate alla condivisione di informazioni non finanziarie, secondo quanto previsto dalla Direttiva NFRD 2014/95/EU. Alla data di chiusura del bilancio, nella relazione sulla gestione deve essere inclusa una dichiarazione contenente informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva in misura necessaria alla comprensione dell’andamento dell’impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell’impatto della sua attività.

Per quanto riguarda le società operanti del settore dell’edilizia, l’attuazione di azioni concrete finalizzate a migliorare le performance in ambito ESG dovrebbe coinvolgere non solo le imprese di costruzione e di installazione di impianti ma anche i produttori di materiali e componenti e le società operanti nella fase di progettazione e nei servizi accessori alla costruzione, come ad esempio i trasporti e la gestione dei rifiuti da cantiere.

Materiali sostenibili e riciclabili, soluzioni per la produzione di energia rinnovabile, corretta gestione dei rifiuti, prefabbricazione sono solo alcuni esempi di come si possono migliorare le prestazioni in ambito ESG. L’impatto delle attività riveste anche un’importante connotazione sociale in caso di progetti di riqualificazione urbana.

La certificazione GRESB

GRESB (Green Real Estate Sustainability Benchmark) è il sistema di rating, reporting e benchmarking maggiormente accreditato a livello globale per la valutazione dei criteri ESG a livello di un intero portafoglio di asset immobiliari. Creato nel 2009, il GRESB è un’organizzazione privata che promuove investimenti immobiliari sostenibili e che pubblica, con cadenza periodica, informazioni e indicatori che consentono a operatori e professionisti del settore di analizzare e valutare le prestazioni ESG di asset e/o entità immobiliari nelle loro componenti di Management, Performance e Development attraverso la raccolta dei dati, l’individuazione di rischi e impatti e l’analisi di strategie di miglioramento.

Mediante il processo di valutazione un operatore del settore immobiliare può misurare la sostenibilità degli investimenti, confrontarsi con il mercato e migliorare la visibilità degli asset, rendendoli più attrattivi per gli investitori.

Conclusioni

Realizzare le ambizioni dell’Accordo di Parigi rappresenta al momento un obiettivo molto ambizioso da raggiungere dato che, a fronte delle azioni che puntano alla decarbonizzazione, i nuovi edifici continuano a essere costruiti a un ritmo incessante: è stato calcolato che ogni cinque giorni nel mondo viene costruita l’equivalente dell’area di Parigi e che, nel 2060, la superficie edificata sarà il doppio di quella attuale.

Affinché la sfida di ridurre le emissioni di carbonio possa avere successo, i progettisti di impianti, in collaborazione con produttori di apparecchiature e installatori, devono fare la propria parte adottando nuove soluzioni basate sul ciclo di vita.