Nato ad Aosta nel 1981, Enrico Zara si è laureato a pieni voti in ingegneria edile nel 2005, presso il Politecnico di Torino, con una tesi sulle “zero energy house”. Dopo alcune esperienze di progettazione mirate all’efficienza energetica e di impianti a energia rinnovabile, nel 2007 inizia la collaborazione in Arup Italia. Fra il 2010 e il 2013 si trasferisce presso Arup Sydney, per occuparsi della progettazione di edifici sostenibili innovativi. L’esperienza nel campo della progettazione olistica e multidisciplinare ha interessato studi microclimatici e di fisica dell’edificio, progettazione e realizzazione di complessi sistemi impiantistici per uffici, residenze, alberghi, aeroporti, grattacieli, musei, scuole, centri turistici e masterplan sostenibili. Rientrato in Italia, dall’inizio del 2013 è responsabile del team Energy Strategies and Building Services di Arup Italia, ufficio fondato nel 2000 da Gabriele Del Mese in risposta alla crescente domanda di consulenza specialistica per lo sviluppo di progetti complessi. In coerenza con la filosofia di Arup Group Limited, anche il team italiano promuove la qualità dei propri servizi di ingegneria e consulenza attraverso un approccio fondato su standard operativi internazionali e sull’approccio etico alla professione.
L’architettura esercita un fascino particolare su Enrico Zara: «L’idea di “costruire” – ovvero il rendere possibile un’idea – mi ha sempre appassionato, fin da piccolo: dal gioco del Lego ai videogiochi come Simcity, dallo studio degli antichi edifici dei Romani all’interesse per le opere di personaggi come Renzo Piano, Norman Foster, Arata Isozaki, Jean Nouvel, ecc., che ho imparato ad apprezzare mentre studiavo ingegneria edile. Questa passione, unita alla volontà di operare ad alto livello nel campo della sostenibilità del costruito, mi hanno spinto a far parte di una realtà professionale di elevato profilo qual è Arup che, da oltre cinquant’anni, lega il proprio nome a progetti innovativi realizzati ovunque nel mondo, spesso firmati dai maestri dell’architettura contemporanea, secondo un approccio tecnico e progettuale evoluto e aperto».
Qual è la realtà del gruppo?
«Arup presenta alcune peculiarità che la rendono unica nel settore delle società di progettazione. È guidata da un trust istituito dai fondatori – Sir Ove Arup and Partners – affinché la struttura mantenesse indipendenza e autonomia, anche economica, con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo della tecnologia e dell’architettura reso esplicito dal motto “We shape a better world”. Il gruppo è formato da decine di uffici sparsi ovunque nel mondo, che operano in network, sfruttando le sinergie offerte dalla condivisione di conoscenze e competenze. Questo significa che il personale si sposta da un ufficio all’altro anche allo scopo di maturare esperienze in ambiti specifici: nel mio caso, dal giugno 2010 all’inizio del 2013, ho lavorato a numerosi progetti presso la sede di Sydney. Un comitato direttivo coordina l’attività, distribuisce le risorse e promuove la crescita tecnica e professionale del gruppo, selezionando anche le proposte di ricerca. A questa è infatti destinata una quota consistente del profitto complessivo. Studi e ricerche costituiscono un ambito estremamente qualificante dell’attività del gruppo».
Qual è, invece, la realtà di Arup Italia?
«É una società di ingegneria formata da oltre 50 professionisti, guidata dall’ing. Maurizio Teora: opera sul territorio nazionale nei campi della progettazione delle strutture e dell’involucro edilizio, dell’energia e degli impianti e nel project management, collaborando con gli altri uffici attivi nell’area europea. Dal mio rientro dall’Australia sono coordinatore della sezione energia e impianti, nella quale lavorano colleghi di tutte le età, alcuni con esperienza pluridecennale nel settore. Personalmente mi occupo anche di ventilazione naturale, di fisica tecnica, di analisi fluidodinamica, dello sviluppo di progetti mediante software dinamici e, non ultimo, di sviluppare relazioni con altre realtà professionali. Uno dei nostri principali obiettivi, nel quale la società sta investendo molto, è la promozione di un approccio creativo e multidisciplinare alla progettazione. Ci interessa soprattutto la definizione della strategia tecnologica complessiva dell’edificio, che metta in relazione fra loro gli aspetti architettonici, strutturali, energetici, ecc.».
Indipendentemente dai meriti personali, cosa ci fa un ingegnere poco più che trentenne alla guida di numerosi colleghi, anche molto esperti?
«La cosa che più mi ha stupito quando sono entrato in Arup è che i capelli bianchi non sono un requisito indispensabile per avere voce in capitolo. Fin dagli esordi ho avuto la possibilità di entrare in prima persona nei progetti, partecipare agli incontri, prendermi responsabilità e proporre soluzioni con il supporto di colleghi più esperti. L’iniziativa personale, intesa come capacità di rispondere ai problemi, è considerata un valore più importante rispetto all’esperienza sul campo. É un tratto caratteristico – tipicamente anglosassone – della filosofia del gruppo, esteso anche ad aspetti non solo tecnici. Ovviamente anche al nostro interno esistono delle gerarchie, ma la stessa struttura organizzativa è orizzontale e orientata a favorire la crescita dei singoli come dell’intero staff. Competenza e inventiva sono fra i principali criteri di attribuzione dei ruoli all’interno dei gruppi di lavoro».
Restando in tema di differenze culturali, qual è l’aspetto più interessante della cultura tecnica anglosassone?
«Sicuramente la preminenza della prestazione rispetto alla prescrizione. Il progetto non è finalizzato a documentare il rispetto di questo o quel vincolo normativo, di questo o quel requisito, di questa o quella formula. Al contrario, lo scopo principale del progetto consiste nella dimostrazione tecnica di come gli obiettivi della normativa risultano soddisfatti e, se possibile, migliorati. Questa modalità d’approccio favorisce una pluralità di risposte e stimola la creatività del progettista, anche in ambiti molto rigorosi come quello della sicurezza antincendio, uno dei settori che più hanno dato prestigio ad Arup sulla scena mondiale. Questo non avviene nel nostro paese, nel quale un contesto normativo poco flessibile limita le potenzialità del progetto a detrimento, fra l’altro, della competitività degli studi di progettazione italiani rispetto a quelli stranieri».
Qual è il ruolo delle energie rinnovabili nella ricerca dell’efficienza energetica?
«Le esperienze compiute nella modellazione energetica mi hanno permesso di mettere a fuoco alcune problematiche, alle quali presto sempre un’estrema attenzione. Ad esempio nel caso di edifici non residenziali di nuova realizzazione, una parte notevole dei consumi è imputabile alla ventilazione e, più in generale, alla distribuzione dei fluidi. Contenere le portate, le prevalenze e ottimizzare i salti di temperatura, oppure ricorrere al free cooling e alla ventilazione naturale, sono fattori determinanti per la diminuzione dei consumi elettrici, spesso più dell’efficienza dei generatori termofrigoriferi. Un altro aspetto interessante è la gestione dei consumi elettrici anche nel settore della progettazione termotecnica, anche per effetto del contributo di alcune tipologie di fonti rinnovabili. Impiegare sistemi efficienti per la gestione e la distribuzione dell’energia elettrica – dai dispositivi di micro-accumulo alle reti intelligenti (smart grids), passando attraverso il monitoraggio dei consumi – è sicuramente una delle sfide per coniugare la domanda e l’offerta delle energie rinnovabili del prossimo futuro».
Qual è la soddisfazione più grande?
«L’efficienza energetica e il comfort sono la mia passione: lo studio di soluzioni passive, la ricerca della strategia tecnologica, l’ottimizzazione dell’impianto e, anche, la soluzione non convenzionale sono tutti motivi di grande gratificazione. In generale, il mio impegno è volto a rispondere ai problemi posti dal progetto lasciando la massima libertà possibile all’estro dell’architetto».
a cura di Livia Giannellini