Da tempo il settore termotecnico attendeva che gli organi competenti definissero i requisiti professionali dei certificatori energetici degli edifici. Ora, con l’emanazione del relativo DPR, questi requisiti sono legge dello Stato ma, a nostro avviso, anche in questo caso sono presenti anomalie e incongruenze che contrastano con l’obiettivo principale della certificazione dell’efficienza energetica. Le norme in materia, finora, hanno inteso inventare un nuovo mestiere – quello del certificatore energetico – anziché dare spazio e valore a tutte quelle professionalità presenti sul territorio, che da decenni lavorano nel settore e che conoscono il proprio mestiere, operando nel rispetto delle regole sotto il controllo dei competenti organi professionali. Il nuovo testo non si sottrae a questa regola. Da una parte restringe il campo d’azione solo a quei tecnici abilitati «all’esercizio della professione relativa alla progettazione di edifici e impianti asserviti agli edifici stessi», senza precisare che la competenza riferita agli edifici deve intendersi rivolta al comportamento energetico dell’involucro edilizio.
In pratica, nel caso che «il tecnico non sia competente in tutti i campi», dovrà operare in collaborazione con un altro tecnico abilitato «in modo che il gruppo costituito copra tutti gli ambiti professionali su cui sia richiesta la competenza».
Dall’altra, quando si specifica che i tecnici dovranno essere laureati e possedere un attestato di frequenza «relativo a specifici corsi di formazione con superamento di esami finali», di fatto si estende la competenza a figure che non hanno niente a che vedere con la progettazione di edifici e impianti, né iscritte ad alcun albo professionale.
In sostanza, il regolamento toglie e aggiunge competenze a suo piacimento, considerando il possesso della laurea – e non la professione esercitata – quale condizione necessaria per l’abilitazione alla certificazione energetica. Ma seguire un corso di formazione non è certamente sufficiente a formare un esperto in materia.
In questo senso l’esperienza del DLgs. 115/08 ha evidenziato la produzione di certificazioni poco affidabili in percentuali preoccupanti, senza utilità per l’utente ove prive della necessaria diagnosi energetica, che riducono il documento a un mero adempimento burocratico. Più utile e assolutamente gratuito, in questo senso sarebbe stata l’allegazione delle bollette di consumo energetico dell’ultimo periodo.
D’ora in poi, perciò, i professionisti iscritti a ordini e albi si troveranno a operare in concorrenza – e in condizioni di svantaggio – con soggetti improvvisati, abilitati dopo un semplice corso di formazione, senza neppure la necessità di iscrizione a un albo – perciò senza l’obbligo di osservare una disciplina deontologica, né di provvedere alla formazione e all’aggiornamento permanenti, né di dotarsi di un’assicurazione per responsabilità professionale.
È questa la tutela degli interessi del cittadino e della collettività?
Le norme prescrivono inoltre che il certificatore sia un soggetto terzo rispetto a tutti gli interessi in gioco. Ebbene, proprio perché l’operato di un professionista è soggetto a regole valide per tutti i suoi colleghi, solo un professionista iscritto a un ordine o a un albo può essere realmente autonomo e indipendente.
Qualcuno dovrebbe infatti spiegare per quale motivo un direttore dei lavori può redigere un documento di corretta esecuzione delle opere – da lui stesso dirette e, spesso, progettate – mentre, al contrario, chi ha progettato o diretto i lavori di un impianto non può redigere egli stesso la certificazione energetica? Tali ruoli sarebbero compatibili ai sensi della direttiva europea e comporterebbero un sicuro risparmio per l’utente.
In conclusione, il nuovo DPR si inserisce nel solco già tracciato dai precedenti provvedimenti in materia che, contro ogni ragionevole logica, hanno prodotto la proliferazione di norme e competenze regionali che hanno trasformato la nostra penisola in un “arlecchino” energetico, quando al contrario un kilowatt è uguale in ogni parte del mondo.