Nella capitale norvegese sono stati recentemente inaugurati due nuovi importanti spazi museali, completamente diversi dal punto di vista architettonico, ma accomunati dalle strategie passive e attive adottate per la sostenibilità ambientale. Descriviamo in questo primo articolo la realizzazione del Museo Nazionale.
La Norvegia è terra di mare e ghiacciai e persino Oslo è circondata da fiordi. Ma non è solo la natura ad essere protagonista dentro e intorno alla città. Oltre al famoso trampolino di Holmenkollen per il salto con gli sci e alla Opera House, ora la capitale può vantare due nuove attrazioni culturali che sono state realizzate proprio sul lungomare (figura 1).
Il Munch Museum è stato inaugurato nel 2021 ed è dedicato interamente all’opera del pittore norvegese (1863–1944). Il museo custodisce la più importante collezione al mondo di suoi dipinti tra i quali un’opera ormai iconica come L’urlo, che in termini di fama rivaleggia con La Gioconda di Leonardo da Vinci o I Girasoli di Van Gogh. Il National Museum, completato nel 2022, ospita invece tutte le opere finora conservate nei tre più importanti musei della città, ora riuniti in un’unica sede, con una grande varietà di manufatti artistici di tutte le epoche inclusa, anche in questo caso, un’importante collezione di Munch.
La realizzazione, quasi in contemporanea, di questi due spazi museali nasce anche dall’obiettivo di capitalizzare la grande popolarità del pittore. A tale scopo la capitale nordica ha intrapreso, più di dieci anni fa, un programma di ingenti investimenti in modo da trasformare la città in polo di attrazione turistica e di accogliere in modo adeguato un grande numero di visitatori.
Entrambe le strutture sono state progettate e costruite secondo i criteri del programma ambientale FutureBuilt promosso dal governo norvegese, che richiede una riduzione di almeno il 50% delle emissioni di gas serra rispetto a quelle di edifici standard equivalenti. Queste riduzioni devono essere calcolate con riferimento alle emissioni per i trasporti, per l’energia e per i materiali, considerando l’intero ciclo di vita dell’edificio, dalla fase di progettazione a quella di gestione.
Il Museo Nazionale
Presentato come il più grande centro culturale della regione nordica e uno dei principali in Europa, il nuovo National Museum, Museo Nazionale, è stato completato e inaugurato nel giugno 2022 dopo un lungo periodo di progettazione e costruzione iniziato con il concorso di architettura indetto nel 2009. Progettata dall’architetto Klaus Schuwerk, la struttura si presenta come uno straordinario manifesto per le arti.
Sotto il nome di Museo Nazionale di Arte, Architettura e Design, sono stati uniti in un’unica sede i tre principali musei della città: la Galleria Nazionale, il Museo d’Arte Contemporanea e il Museo dell’Industria dell’Arte. La collezione comprende in totale circa 47.000 pezzi di tutte le epoche, dall’antichità fino ai giorni nostri, ed è alquanto variegata essendo composta da dipinti, sculture, disegni, stampe, fotografie, video, oggetti di arte decorativa, vestiti, tessuti e mobili. Il pezzo forte è sicuramente rappresentato dalla collezione di pittura norvegese e internazionale, in particolare la sala dedicata a Edvard Munch del quale il museo possiede una raccolta di circa 235 opere tra cui una delle quattro versioni esistenti, probabilmente la più nota, de “L’urlo”.
Oltre alle aree espositive per le mostre permanenti, l’edificio ospita spazi espositivi flessibili, una biblioteca, un bookshop, una sala multimediale e multifunzionale e un ristorante, oltre a depositi, laboratori e uffici per i dipendenti. Il museo si trova nel centro della città sul lungomare, in un sito in precedenza occupato da una delle principali stazioni ferroviarie della città, le cui strutture, oggetto di vincolo conservativo, sono state mantenute, restaurate e integrate nel complesso, creando una corte interna a cielo aperto che ospita sculture, installazioni artistiche e spazi per ristoranti.
Il corpo principale si sviluppa in orizzontale e presenta quasi la stessa altezza degli edifici della stazione, dialogando in modo rispettoso con il contesto storico adiacente grazie alla sua eleganza e a una monumentalità molto discreta (figura d’apertura). La superficie totale è di circa 55.000 m2 mentre quella espositiva è di 13.000 m2 disposta su due livelli dove sono esposte 5000 opere d’arte. L’elemento più appariscente della struttura è costituito dalla Light Hall, la grande sala espositiva posta sulla copertura, che costituisce in pratica un terzo livello e che rappresenta il simbolo del museo (figura 2).
Con una superficie di 2400 m² questo spazio costituisce uno spettacolare ambiente destinato alle mostre temporanee (figura 3). Grazie a un’altezza di circa sette metri e a una lunghezza di 130 metri, la sala è in grado di ospitare opere di grandi dimensioni. Inoltre, a seconda delle esigenze, essa può essere utilizzata come un unico grande spazio espositivo, oppure suddivisa in due o tre più piccoli.
Tutte e quattro le pareti esterne della Light Hall sono realizzate in vetro marmoreo, ottenuto inserendo un sottile strato di marmo tra due lastre di vetro. Questa soluzione conferisce alla facciata un grande impatto visivo, non solo di giorno, quando presenta lo stesso effetto traslucido dell’alabastro, ma soprattutto di notte quando viene illuminata grazie a 9000 lampade LED regolabili integrate all’interno delle pareti.
Strategie a basse emissioni
Il Museo Nazionale è stato progettato e costruito sulla base di ambiziosi criteri ambientali e, analogamente al Munch Museum, costituisce un progetto pilota del programma FutureBuilt. L’idea alla base del progetto è stata quella di utilizzare con attenzione le risorse naturali disponibili e di realizzare una struttura destinata a durare a lungo. Sono stati quindi utilizzati materiali robusti e di alta qualità, in grado di resistere alla prova del tempo. Il rivestimento esterno è realizzato con lastre di pietra naturale in ardesia norvegese (figura 4) mentre per pavimenti e pareti interne sono stati impiegati materiali come legno di quercia e bronzo.
Il progetto è stato sviluppato secondo obiettivi di sostenibilità in quattro categorie chiave: trasporti, energia, scelta dei materiali e soluzioni costruttive. Il sito si trova nel centro della città, a pochi passi da altri importanti edifici pubblici e commerciali e gode di ottimi collegamenti con i mezzi di trasporto, di conseguenza il museo non dispone di parcheggi per le auto. L’edificio è concepito come una costruzione compatta, aspetto che rappresenta un buon punto di partenza per l’ottimizzazione energetica.
Nel concept del progetto è stata data la priorità a una serie di strategie passive, come la tenuta all’aria, la riduzione dei ponti termici e la ridotta trasmittanza termica U dei componenti finestrati, che risulta pari a 0,8 anche per quelli utilizzati per la facciata in vetro della grande Light Hall (figura 5). Tutto ciò consente all’edificio di soddisfare gli obiettivi energetici con un buon margine. La costruzione prevede inoltre pareti ad elevata massa superficiale nelle aree espositive e ciò contribuisce a ridurre le fluttuazioni della temperatura interna e dell’umidità relativa.
Per la produzione di acqua calda è stata prevista una pompa di calore con sorgente ad acqua di mare che viene utilizzata anche per il raffreddamento estivo. Il fabbisogno termico di punta dell’edificio è coperto dal collegamento alla rete di teleriscaldamento. Il consumo annuo netto di energia è stato calcolato in 85 kWh/m2.
Anche la scelta dei materiali è stata determinata dall’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra. Sono state inoltre considerate le proprietà climatiche interne, il contenuto di sostanze nocive e il potenziale di riciclo. Per tutti gli elementi in calcestruzzo è stato utilizzato cemento a basso tenore di emissioni di CO2. Altri esempi sono l’uso di acciaio riciclato per la struttura e di linoleum per i pavimenti. In fase di progetto è stata privilegiata la scelta prodotti con un contenuto minimo di sostanze pericolose o con un impatto tossico sull’ambiente. Le emissioni annue calcolate di CO2 sono pari a 28 kg/m², rispetto a un valore di 57 kg/m2 dell’edificio di riferimento.
L’acqua piovana viene convogliata direttamente al mare senza pesare sul sistema fognario pubblico. È stata anche prevista la futura piantumazione di alberi e piante rampicanti sulle facciate. Per il tetto più alto dell’edificio è stata prevista una copertura verde di tipo sedum.
Trattamento e diffusione dell’aria
Gli impianti HVAC per le sale espositive sono tutti del tipo a tutt’aria con unità di trattamento a parziale ricircolo dotate di sistema di free-cooling. Le UTA sono caratterizzate da un’elevata efficienza sia per quanto riguarda il fattore SFP (Specific Fan Power), ovvero il rapporto tra potenza elettrica assorbita e portata aria, che risulta pari a soli 2 kW/(m³/s), sia in termini di efficienza dei sistemi di recupero di calore, pari al 78%.
Per quanto riguarda la diffusione dell’aria, l’obiettivo era quello di coniugare i requisiti funzionali e prestazionali con le esigenze architettoniche. Insieme ad architetti e progettisti, i tecnici del produttore Kiefer di Stoccarda hanno cercato la soluzione ideale per soddisfare tutte le richieste. La collaborazione si è basata su un dialogo tecnico avvenuto prevalentemente per via digitale per lo sviluppo di prototipi, mentre i dettagli di installazione e l’integrazione con i soffitti sono stati discussi in incontri in loco con la direzione lavori. Al fine di offrire al cliente una visione realistica dell’effetto finale, è stata inoltre realizzata una stanza campione con diverse varianti di installazione. Al termine di questa fase, la scelta e caduta sui diffusori lineari Indul, che sono stati installati nelle aperture di 20 cm di larghezza presenti tra i soffitti realizzati in materiale tessile teso (figura 6).
Il profilo dell’elemento di diffusione e stato realizzato in una dimensione speciale e montato in posizione leggermente arretrata rispetto alla quota del telo teso. Cio ha consentito di raggiungere il perfetto compromesso per soddisfare tutte le esigenze: gli ambienti sono ventilati in modo adeguato, l’aria puo distribuirsi uniformemente, viene mantenuta la distanza richiesta dal soffitto in tessuto e i diffusori risultano poco visibili. Il design estetico del soffitto non risulta quindi alterato, aspetto che rappresentava un requisito fondamentale degli architetti in tutti gli ambienti, compreso il bookshop (figura 7).
La particolare caratteristica del getto libero previene il rischio di sporcamento lungo il diffusore d’aria, mantenendo i soffitti puliti piu a lungo. Questa soluzione soddisfa inoltre tutti i requisiti specifici per le condizioni microclimatiche di uno spazio museale. Ad esempio, vengono evitate correnti d’aria e negli ambienti climatizzati sono garantite condizioni che non producono effetti negativi sugli oggetti esposti piu sensibili. Cio si ottiene suddividendo l’aria di mandata in getti liberi alternati molto fini, che intensificano l’aspirazione dell’aria ambiente, quindi l’effetto di induzione. Con un angolo di 45° rispetto al soffitto, l’aria di mandata viene suddivisa in getti con direzione alternata verso destra e sinistra, garantendo una distribuzione uniforme anche con un differenziale di temperatura tra mandata e ambiente che puo arrivare fino a 14 K. In totale sono stati installati 940 elementi di diffusione.
La filtrazione dell’aria
Il progetto dell’impianto HVAC prevede l’utilizzo di 55 unita di trattamento aria che trattano una miscela di aria esterna e aria di ricircolo, per una portata d’aria totale di 650.000 m3/h. Poichè il museo si trova nel centro di Oslo, e stato necessario adottare soluzioni in grado di rimuovere dall’aria esterna utilizzata per la ventilazione non solo il particolato fine ma anche gas e sostanze acide, al fine di evitare il rischio che l’inquinamento atmosferico potesse arrecare danni alle opere d’arte. I requisiti in termini di efficienza di filtrazione hanno quindi superato di gran lunga quelli presenti nei progetti standard. Il costruttore ha proposto una soluzione di filtrazione in fase gassosa a due stadi.
Per il primo stadio sono utilizzati filtri a cartucce dotati di strato funzionale di 25 mm di carbone attivo in pellet, che ha lo scopo di assorbire le emissioni inquinanti tipiche di un centro urbano, come i composti organici volatili (VOC) e i gas acidi. I filtri sono utilizzati come unità di prefiltrazione, insieme alle unità di filtrazione dotate di una speciale resina a scambio ionico con funzionalita dedicata al chemiadsorbimento dell’ammoniaca. Questa combinazione risulta la soluzione ottimale per la protezione dai gas.
Il secondo stadio utilizza unità di filtrazione con efficienza F9 con un singolo strato di media filtrante a carbone attivo per rimuovere efficacemente le emissioni inquinanti e i gas alcalini. Una delle sfide piu impegnative e stata la richiesta che il fornitore del sistema di filtrazione fornisse un rapporto tecnico di prova secondo la norma ISO 10121:2012 dedicata alla filtrazione di inquinanti gassosi, completo dei risultati dei test e con l’indicazione delle proprieta catalitiche del carbone attivo granulare utilizzato nei filtri proposti.
Ogni filtro è stato testato per gas quali ozono (O₃), biossido di zolfo (SO₂), biossido di azoto (NO₂) e acido solfidrico (H₂S), in pratica tutti i gas presenti negli ambienti urbani che possono arrecare danni a manufatti di valore.
La prevenzione della Legionella
Come soluzione per il controllo della formazione e proliferazione della Legionella nell’impianto idrico è stato utilizzato un innovativo sistema di trattamento dell’acqua basato sull’ossidazione anodica, che presenta il vantaggio di evitare l’utilizzo di additivi e sostanze chimiche per rimuovere il batterio. Il sistema è montato in bypass sulla linea di alimentazione dall’acquedotto e copre la rete idrica dell’intero edificio. Lo sviluppo del sistema e iniziato nell’autunno del 2016 da parte di una societa norvegese che ha ricevuto il supporto finanziario del programma pubblico Innovation Norway.
L’esperienza acquisita ha dimostrato l’efficacia del sistema che, inoltre, risulta semplice ed economico nella gestione. Grazie a una scheda dati è possibile il controllo a distanza mediante il sistema di supervisione, ad esempio per effettuare la regolazione della conducibilità nell’acqua e della corrente all’anodo.
Il rischio di condensazione e muffe
Il nuovo Museo Nazionale è un edificio di grandi dimensioni e molto complesso, costituito da un grande numero di sale espositive dotate di un accurato controllo delle condizioni microclimatiche, da depositi refrigerati e da zone pubbliche dotate di climatizzazione di tipo standard, situate in prossimità di aree parzialmente riscaldate destinate alla logistica del trasporto delle opere d’arte.
Laddove le zone fredde (come i depositi refrigerati) e quelle più calde (come le sale espositive) si trovano adiacenti l’una all’altra, il trasferimento di calore, umidità e aria può rappresentare un problema in termini di efficienza energetica e di rischi legati all’umidità. Per queste situazioni i consulenti energetici hanno quindi condotto un’analisi specifica per individuare i possibili punti critici con riferimento al rischio di condensazione e di formazione di muffe sia sulle superfici sia all’interno di queste tra il calcestruzzo o la muratura e gli strati isolanti. L’analisi ha previsto un calcolo preliminare in regime stazionario e un successivo calcolo di dettaglio in regime dinamico. Essa rappresenta un esempio di fisica edilizia applicata e sottolinea l’importanza di mappare e valutare il rischio di problematiche legate all’umidità negli edifici climatizzati.
La tabella 1 mostra le condizioni di progetto di temperatura e umidità relativa (U.R.) interna. Il limite inferiore del possibile rischio di crescita organica sulle superfici e all’interno delle strutture è stato fissato per un’umidità relativa pari all’80%. I calcoli hanno mostrato livelli di umidità moderati nello strato isolante critico negli spazi espositivi e negli spazi pubblici alle normali temperature di esercizio nei depositi. Nel contempo, i calcoli hanno mostrato che i livelli di umidità nelle aree critiche erano molto sensibili alla riduzione delle temperature di set point nei depositi.
Sulla base delle simulazioni, per la libreria è stato appurato che la costruzione del pavimento, comprendente uno strato di lana minerale da 60 mm e pannelli in legno da 25 mm installati sul lato caldo, non era sufficientemente resistente all’umidità. Per le normali condizioni del clima interno (U.R. tra 30 e 60%), il rischio di problemi legati all’umidità è risultato da basso a moderato, principalmente perché i periodi di elevata umidità relativa nel range critico sono brevi e si verificano lunghi periodi in cui la costruzione si asciuga. Tuttavia, esiste il rischio che nella libreraia si possa verificare un’umidità relativa più elevata (fino al 70%) per lunghi periodi durante l’estate, oppure che nei depositi la temperatura di set point venga ridotta per periodi più lunghi.
Per le sale espositive con sovrastanti depositi refrigerati, il rischio di problemi legati all’umidità non esiste alle normali condizioni operative, dato che grazie all’impianto di climatizzazione è possibile garantire un accurato controllo dell’umidità. Tuttavia, come avviene per la libreria, il rischio si presenta quando nei locali di deposito adiacenti la temperatura del set point viene ridotta. Il livello di rischio dipende da quanta flessibilità è necessario garantire nell’impostazione della temperatura nei depositi refrigerati.
Per ridurre il rischio di problemi legati all’umidità in alcune aree critiche, è stato quindi raccomandato l’utilizzo di un isolamento a tenuta di vapore realizzato con pannelli di vetro cellulare che mantengono l’aria umida lontana dalla superficie fredda dei solai in cemento del pavimento posti sotto i depositi refrigerati. Lo sviluppo di questo tipo di analisi nei progetti di musei e gallerie d’arte diventerà sempre più importante in futuro data la maggiore attenzione all’efficienza energetica e alle richieste più stringenti per il controllo le condizioni microclimatiche.
Protezione dagli incendi
Il carico d’incendio risulta elevato, data la presenza di una grande quantità di materiali infiammabili, con opere d’arte peraltro molto sensibili a fumo e fuliggine. Al fine di fornire una protezione ottimale di archivi e depositi, per un volume totale di 37.000 m³, è stato previsto un sistema di prevenzione attiva del tipo a riduzione d’ossigeno che non provoca danni in fase di estinzione, a differenza di quanto accade con agenti a base di acqua o schiume.
Mediante tre diversi impianti, a partire dall’aria ambiente viene generato azoto che viene immesso nelle aree protette per abbassare in modo permanente la concentrazione di ossigeno a un livello inferiore al limite di accensione dei materiali presenti (figura 8). Ciò impedisce che un incendio si sviluppi o si diffonda ulteriormente. In combinazione con un sistema di rilevazione incendi, piccole particelle di fumo causate da possibili incendi a combustione lenta possono essere rilevate precocemente nella fase iniziale e possono essere immediatamente attivate le contromisure appropriate.