Progettista, una professione da non disperdere

Ing. Giacomino Redondi

Dopo avere conseguito la laurea in ingegneria ad indirizzo energetico in uno dei principali atenei europei, avere intrapreso con entusiasmo la non facile attività libero-professionale nell’ambito degli impianti termotecnici, si arriva ai giorni attuali ad arrancare verso un successo sempre più lontano ed effimero, con prospettive di crescita professionale pressoché nulle.

Il consiglio ricorrente che viene ripetuto fino alla noia alle giovani leve, è quello di fuggire all’estero, perché lì, forse, saranno valutati ed avranno possibilità di lavoro secondo i propri meriti.

Il richiamo all’umiltà intellettuale, che i docenti universitari (perlomeno quelli migliori) costantemente ribadivano: «Non permettete alla saggezza comune o ai preconcetti di limitare i vostri pensieri, siate sempre aperti a nuove idee, ascoltate, raccogliete costantemente informazioni», e che negli anni passati era un cardine culturale della libera professione tecnica, per molti ha perso significato e forza propulsiva.

Fare professione tecnica in Italia è oggi veramente difficile.

Il progressivo aumento di una burocrazia sempre più invadente e incompetente, l’affermarsi di un sistema che non riconosce più il valore di una solida base scientifica, ma che fa prevalere una corsa al ribasso senza fine su prestazioni professionali anche di grande responsabilità, il disastro ampiamente annunciato della Certificazione Energetica delle costruzioni per cui, con un corso di 80 ore si abilita un laureato, che a malapena distingue i concetti di potenza e di energia, ad attestare complessi bilanci energetici forniti sic et simpliciter da un software, sono vicende che oggettivamente hanno messo in crisi il valore intellettuale del professionista tecnico.

Prevale la cultura che la progettazione è un costo da minimizzare il più possibile, mentre dovrebbe invece rappresentare il valore aggiunto di un investimento.

Inoltre, le norme in vigore molto spesso non tengono in alcun conto la specifica formazione tecnica di un professionista, consentendo lo svolgimento di attività identiche a persone in possesso di competenze molto diverse.

In un panorama così sconfortante, buona parte dei professionisti tecnici ha rinunciato volontariamente e con rassegnazione al lato creativo del proprio mestiere, fossilizzandosi dietro programmi informatici di calcolo, che soddisfano requisiti di norme generali, senza elaborare alcun approccio critico alle problematiche presenti in una progettazione.

Ogni Paese civile è certamente attrezzato con regole e codici per guidare le professioni su un sentiero di correttezza, sicurezza e qualità, ma ci si dimentica che tutte le norme prevedono sempre aperture a soluzioni equivalenti o più sofisticate, a sperimentazioni e innovazioni su quanto è indicato come normale procedura.

Il declino del professionista tecnico sta proprio in questi processi “non tecnici”, che possono essere svolti da chi è semplicemente in grado di maneggiare un computer e un software applicativo.

Ecco allora che l’installatore con una certa esperienza può diventare un conveniente interlocutore nella scelta di un impianto per un fabbricato, lasciando al progettista il solo compito di dimensionare ciò che l’installatore stesso ha concordato con il committente, senza fornire alcun apporto all’immagine del progetto.

Per la rinascita del professionista tecnico e in particolare del progettista di impianti, è necessario rimarcare, con orgoglio, che qualsiasi costruzione prende “vita” con il suo fondamentale contributo.

È indispensabile non “vendere” solo numeri e prodotti da computer per soddisfare codici e norme, ma anche parlare, adottare canali di comunicazione con i clienti per creare la corretta immagine di sé stessi e la rilevanza del proprio lavoro, in modo da entrare efficacemente nel progetto del cliente.

Ricercare ed elaborare proposte originali, non scontate o ordinarie, infine, può ridare vitalità e maggiore gratificazione ad una professione che, in un Paese moderno, ha comunque un ruolo fondamentale.

Tornare ad investire sugli ingegneri, sulle professioni tecniche, può essere la strategia vincente per l’avvio di un nuovo “Rinascimento”.