Come progettare una centrale frigorifera

Quando si progetta una centrale frigorifera, occorre prendere una serie di decisioni. Molti progettisti si affidano alla loro esperienza; altri, forse meno esperti, cercano consigli sui manuali tecnici o in Internet. A volte però le informazioni reperite sono discordanti, ed è necessario prendere una decisione.

 

Alcune domande che il progettista potrebbe porsi rispetto ad una centrale frigorifera sono le seguenti:

  • Come dimensionare la linea di bypass nei sistemi a portata variabile?
  • Conviene variare la portata ai condensatori dei gruppi frigoriferi ad acqua di torre?
  • Quante pompe far funzionare in un impianto a solo primario?
  • Quando conviene circuitare i gruppi frigoriferi in serie?
  • Cercheremo di dare risposta a queste domande nel seguito di questo articolo.

Centrale con schema primario-secondario

Un sistema primario-secondario è schematicamente rappresentato in figura 1.

Fig. 1 – Tipico schema d’impianto primario-secondario.

La linea di bypass ha la funzione di separare idraulicamente il circuito primario dei gruppi frigoriferi da quello secondario che serve le utenze. Essa può essere percorsa nei due sensi.

Supponiamo che il carico sull’impianto sia basso, e che quindi sia in funzione un solo gruppo frigorifero; la portata del circuito primario supera quella del secondario, ed una parte di acqua bypassa dalla mandata al ritorno. Al crescere del carico, e quindi della portata, sull’impianto, la portata nel by-pass diminuisce; aumentando ancora il carico, la portata del circuito secondario supera quella sul primario, e quindi il verso nel by-pass si inverte: a questo punto si avvia un secondo gruppo frigorifero: Se il carico cresce ancora, quando il verso del flusso del by-pass si inverte si avvierà il terzo gruppo.

Al diminuire del carico, la portata nel by-pass aumenterà; quando essa raggiunge il 100-110% della portata di un gruppo, se ne arresta uno, e poi due. Per realizzare questa logica, nella linea di by-pass vengono installati un misuratore di portata (che dice quando arrestare un gruppo) ed un flussostato (che rileva l’inversione del flusso, e ci dice che è necessario avviarne uno).

Di conseguenza la linea di by-pass va dimensionata per la portata di un gruppo; non si sbaglia se la si realizza dello stesso diametro della tubazione che serve il più grande dei gruppi frigoriferi. La sua lunghezza dovrebbe essere di 8-10 diametri.

Che cosa succede se il dimensionamento è errato?

Se il diametro è insufficiente, la velocità nel by-pass diventa eccessiva, con problemi di erosione, vibrazioni, e rumorosità; ma soprattutto la restrizione di flusso può far sì che le pompe primarie e secondarie si trovino a lavorare in serie, e che quindi l’indipendenza idraulica dei due circuiti sia compromessa.

Se il diametro è eccessivo, può succedere quanto illustrato in figura 2.

Fig. 2 – Conseguenze di un bypass troppo grande.

La perdita di carico di un by-pass troppo grande è così bassa che una parte di acqua refrigerata appena prodotta dai chiller fluisce verso il ritorno, ed una parte di acqua più calda di ritorno dall’impianto non torna ai chiller, ma devia verso la mandata. Il by-pass viene percorso nei due sensi: in pratica funziona come un serbatoio di accumulo!

Conseguenze:

  • L’acqua all’impianto ha temperatura insufficiente, e le pompe secondarie devono aumentare la portata per far fronte al carico.
  • L’acqua di ritorno ai chiller è a temperatura inferiore a quella di progetto, ed i chiller non riescono ad erogare tutta la loro potenza.
  • È necessario aumentare la perdita di carico nel by-pass. Ci sono due modi:
  • Si può installare una valvola di regolazione manuale, che crei la perdita di carico necessaria. Il problema è che sarà necessaria una valvola di notevole diametro, quindi costosa, senza contare che un manutentore benintenzionato può chiuderla troppo, o aprirla completamente, annullando così l’effetto della valvola.
  • Si può installare nel by-pass una flangia tarata, che crei la perdita di carico desiderata, pari a quella di 8-10 metri di tubazione del diametro degli attacchi del chiller più grande.

È ovvio che è meglio fare le cose bene fin dall’inizio, e dimensionare il by-pass correttamente.

Centrale frigorifera con sole pompe primarie (VPF-Variable Primary Flow)

Una centrale frigorifera con sole pompe primarie è illustrata in figura 3.

Fig. 3 – Centrale frigorifera con sole pompe primarie.

Il vantaggio principale di questo sistema è costituito dall’eliminazione delle pompe secondarie con conseguenti minori costi per valvolame, tubazioni e linee elettriche.

È necessario però che i chiller siano previsti per funzionare con portata variabile all’evaporatore (pressoché tutti i chiller moderni lo sono).

La maggior parte dei gruppi frigoriferi moderni può controllare in modo efficace la temperatura di produzione dell’acqua refrigerata se le variazioni di portata sono limitate a meno del 10% al minuto della portata di progetto. Con gruppi dotati di regolazioni molto avanzate, questo limite può arrivare al 30% al minuto nella maggior parte delle applicazioni di comfort. La temperatura dell’acqua all’uscita dell’evaporatore, nella peggiore delle ipotesi, non devierà dal set point per più di qualche minuto.

Lo svantaggio è che la logica per l’inserzione e la disinserzione in sequenza dei chiller è complicata, ed il Commissioning della centrale frigorifera risulta quindi più lungo e laborioso.

La valvola nella linea di bypass si apre quando la portata dell’impianto si avvicina alla portata minima ammissibile all’evaporatore dell’unico chiller in funzione, per cui il tubo di bypass e la relativa valvola devono essere dimensionati solo per la portata minima richiesta, che di solito è così la portata minima del chiller più grande. Tuttavia, a seconda delle sequenze di inserzione adottate, la portata minima potrebbe non essere quella del chiller più grande. Occorre inoltre considerare la portata minima combinata richiesta quando due chiller funzionano a carico parziale, prima che ne venga disinserito uno.

 Conviene variare la portata di acqua di torre sui condensatori dei chiller?

È normale prassi progettuale specificare per i condensatori dei chiller alimentati da torri evaporative una temperatura entrante di 29 °C ed una uscente di 35 °C. L’industria e l’esperienza progettuale suggeriscono però di aumentare il salto termico sulla torre, come riportato nella tabella 1.

Tab 1 – Valore del salto termico per i condensatori dei chiller alimentati da torri evaporative.

Fonte Δt  °C Portata  (l/s)/kW
Consuetudine 6 0,19
Raccomandazioni odierne
ASHRAE Green Guide 7,5 ÷ 11,5 0,11 ÷ 0,14
Kelly, Chan 9,5 0,13
Taylor 9,5 0,12

 

Utilizzare un salto termico maggiore comporta queste conseguenze:

  • Le pompe di torre diventano più piccole, e così i loro motori. I costi di installazione e di esercizio sono minori.
  • La potenza assorbita dai gruppi frigoriferi aumenta marginalmente.
  • Le torri evaporative funzionano meglio come scambiatori di calore, perché il salto termico maggiore riduce la potenza assorbita dai ventilatori di torre ed il costo della torre, ed anche la grandezza della torre, come pure la potenza dei suoi ventilatori, si riduce.

L’esperienza maturata in una grande quantità di impianti negli Stati Uniti ha dimostrato che:

  • In impianti tradizionali dimensionati con una portata d’acqua di 0.19 (l/s)/kW, si ottengono risparmi energetici annui del 3-4% circa modulando la portata di acqua di torre al condensatore. Ciò comporta l’adozione di opportune strategie di regolazione, che modifichino il set-point dell’acqua uscente dalla torre in modo tale che la somma dell’energia elettrica consumata dai chiller e dai ventilatori di torre sia minima in tutto l’arco dell’anno.
  • In impianti nuovi, o in caso di sostituzione dei gruppi frigoriferi, utilizzare portate più basse ai condensatori, mantenute sempre costanti, permette lo stesso risparmio energetico, diminuisce i costi di impianto e semplifica le strategie di regolazione.

In un sistema VPF conviene far funzionare due pompe a portata ridotta

piuttosto che una a portata piena?

La domanda venne posta ad uno degli ultimi convegni ASHRAE. Come sappiano, nel sistema SI la potenza assorbita da una pompa vale:

W =Q x H/η            [kW]

Dove:

W = potenza assorbita [kW]

Q = portata [m3/s]

H = prevalenza [kPa]

η = rendimento della pompa (prodotto del rendimento del motore e della trasmissione)

In linea teorica, se la portata di progetto si dimezza, la prevalenza diventa di ¼, e la potenza assorbita si riduce a 1/8.

Nell’impianto illustrato in figura 4, supponiamo che entrambi i chiller siano in funzione a portata ridotta, funzione della richiesta dell’impianto.

Fig.4 – Perdite di carico in un sistema VPF.

 Che differenza fa operare una sola pompa (A o B) o entrambe?

La portata nell’impianto, e la perdita di carico, sono identiche in entrambi i casi. La sola differenza è che, fra il collettore di aspirazione e quello di mandata delle pompe, il fluido può circolare in due modi diversi – attraverso una pompa sola a portata piena o attraverso due pompe a metà portata. Nel secondo caso la perdita di carico totale si riduce, è vero, ma solo fra il collettore di aspirazione e quello di mandata e attraverso la pompa.

E quindi conviene o no far funzionare due pompe?

Analizziamo la questione:

  • La portata dell’impianto non cambia.
  • La perdita di carico totale dell’impianto varia di poco; la sola variazione è la perdita fra i collettori di aspirazione e mandata.
  • In alcune condizioni di funzionamento, il rendimento combinato, prodotto dei rendimenti della pompa, del motore e dell’Inverter può essere maggiore con due pompe in funzione, ma non possiamo dirlo a priori.

Alcuni programmi di scelta pompe permettono di calcolare questo rendimento combinato per più pompe in funzione poste fra due collettori. Se questo rendimento combinato è maggiore di quello di una sola pompa, allora c’è un piccolo risparmio nel costo di esercizio, ma molto, molto minore di quello “cubico” che qualcuno può erroneamente assumere.

Conviene circuitare due gruppi frigoriferi in serie anziché in parallelo?

I compressori dei gruppi frigoriferi hanno la funzione di comprimere il refrigerante dalla pressione di evaporazione a quella di condensazione. Con terminologia anglosassone, questo aumento di pressione si chiama “lift” (Nel seguito continueremo ad usare questo termine, perché, per quel che ci consta, non esiste un soddisfacente equivalente italiano). Ma anziché la pressione è più comodo riferirsi al salto di temperatura fra evaporazione e condensazione; ciò è lecito perché il refrigerante è saturo sia nell’evaporatore che nel condensatore, e quindi esiste una corrispondenza biunivoca fra temperatura e pressione. Per semplificare, il “lift” è approssimativamente pari alla differenza fra la temperatura dell’acqua uscente al condensatore e quella uscente all’ evaporatore.

Se consideriamo quindi un gruppo frigorifero centrifugo, i suoi parametri di lavoro sono riportati in figura 5.

Fig. 5 – Parametri di lavoro di un gruppo centrifugo.

Se installiamo due chiller in parallelo, ognuno di essi lavorerà come in figura 5.

Possiamo però anche installarli come illustrato in figura 6, mettendo in serie, in controcorrente, sia gli evaporatori che i condensatori.

Fig.6 – Installazione di due gruppi centrifughi in serie.

I “lift” risultanti, per i due casi installazione in parallelo-installazione in serie, sono:

  • Chiller in parallelo 34,4 °C..
  • Chiller in serie – macchina a monte 29,9 °C.
  • Chiller in serie – macchina a valle 30,1 °C.
  • Media 30 °C
  • Riduzione 4,3 °C (12,8%).

Poiché la potenza assorbita dai compressori è proporzionale al “lift”, con la soluzione in serie il risparmio è del 12,8%.

Chiaramente la potenza della pompa sarà maggiore nel caso di una circuitazione in serie, poiché le perdite di carico degli evaporatori si sommano; per questo motivo la circuitazione in serie è vantaggiosa per salti termici elevati sull’acqua refrigerata, maggiori o uguali a 9° C. Ricordiamo anche che la norma ASHRAE 90.1-2016 impone per l’acqua refrigerata un Dt minimo di 9,5 °C (vedi box). Si può anche pensare di specificare evaporatori a singolo passo, in modo da ridurre le perdite di carico e la potenza della pompa.

Nel caso di macchine con potenza molto elevata, dai 6 MW in su, si possono adottare macchine a doppio compressore, la soluzione in serie è ancora più conveniente, come illustrato in figura 7.

Fig. 7 – Installazione in serie di due centrifughi a doppio compressore.

I “lift” risultanti sono:

  • Chiller in parallelo 34,4 °C.
  • Chiller in serie – media 27,83 °C.
  • Riduzione 6,57 °C (19,1%).
  • I risultati sono ricapitolati in tabella 2.

 

TAB 2 – Riduzione di potenza assorbita nelle diverse configurazioni.

Configurazione Lift (°C) Risparmio (%)
Parallelo 34, 40
Serie – singolo compressore 30,00 12,80
Serie – doppio compressore 27,90 19,10

 

Che cosa succede se uno dei gruppi è guasto o in manutenzione?

Nulla, ciascuno dei due gruppi può produrre il 50% della potenza frigorifera con le stesse temperature.

Se poi i gruppi sono tre o più, è possibile prevedere dei collettori con valvole di sezionamento motorizzate, in modo che uno qualsiasi dei chiller a monte possa operare con uno qualsiasi dei chiller a valle, assicurando la stessa ridondanza che si avrebbe se i chiller fossero in parallelo. La soluzione è illustrata in figura 8.

 

Fig. 8 – Installazione in serie di evaporatori e condensatori.

Come suddividere il carico sui due chiller?.

La soluzione più ovvia, ma non necessariamente la migliore, è di ripartire il carico al 50%. È meglio però analizzare varie alternative. Una tipica ottimazione, dal punto di vista efficienza e costo, è di assegnare il 53% del carico al chiller a monte, ed il rimanente 47% a quello a valle. I programmi di analisi e simulazione energetica sono di grande aiuto per arrivare alla decisione più razionale.

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Perché 7-12 °C?

Ancora oggi è frequente incontrare capitolati in cui si specifica un salto termico di 7-12 °C per l’acqua refrigerata. Questo è un retaggio dei tempi in cui i gruppi frigoriferi erano dotati di compressori alternativi, controllati con apparecchiature elettromeccaniche, e regolati in base alla temperatura di ritorno con quattro gradini di regolazione, e un differenziale per gradino di 1,67 °C (3 °F).

Oggigiorno, con la regolazione elettronica e gli azionamenti ad Inverter, questo criterio non ha più ragione di essere. Utilizzare un salto di temperatura elevato, di

8 -10 °C come visto nell’articolo, riduce i costi di impianto: le pompe sono più piccole, con motori di minore potenza, tubazioni e valvolame sono di minore diametro ed i cavi elettrici di alimentazione sono di sezione minore. Il costo di esercizio è anche minore, come è ovvio: ad un leggero aumento di potenza dei gruppi frigoriferi, a parità di temperatura di mandata, corrisponde una decisa riduzione dei costi di pompaggio.

Infine, anche le valvole di regolazione lavorano meglio: selezionandole con una adeguata autorità e caratteristica equipercentuale, la loro caratteristica di regolazione si avvicina alla linearità meglio rispetto a valvole che lavorano con DT minori.

Recependo queste considerazioni, la norma ASHRAE 90.1-2016 prescrive che le batterie ad acqua refrigerata debbano essere selezionate per un DT minimo di 9,4 °C (15 °F), con una temperatura all’uscita delle batterie ≥ 14 °C.

Eccezioni a questa regola sono:

  • Le batterie per solo raffreddamento sensibile.
  • fan-coil o le unità autonome con portata ≤ 2360 l/s (8500 m3/h).
  • Gli impianti a portata costante.
  • Le batterie selezionate per una temperatura acqua in ingresso ≥ 10 °C, una temperatura aria in uscita ≥ 18,3 °C, o selezionate per il massimo Dt permesso dal gruppo frigorifero.

L’ ASHRAE ha svolto un gran numero di analisi tecnico-economiche su sistemi ad acqua refrigerata, che hanno mostrato senza ombra di dubbio che i costi di impianto e di esercizio (comprendendo chiller, pompe e ventilatori) si riducono quando le batterie di raffreddamento sono scelte con Dt elevato.

È auspicabile quindi che anche i progettisti italiani recepiscano queste indicazioni, anche in mancanza (per ora) di prescrizioni normative.

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(da Trane Engineering Newsletter, volume 47-3)

Dott. Ing. Alessandro Sandelewski

CEng, Fellow CIBSE, Fellow ASHRAE, LEED GA