Genovese di nascita, diplomato con maturità scientifica, nel 1980 Luca Sani si è laureato in Ingegneria Meccanica presso l’Università degli Studi di Pisa. La prima esperienza professionale si è svolta presso la società Sistemi Industriali del prof. ing. Enzo Giusti, a Firenze, dove ha ricoperto anche il ruolo di responsabile dei progetti speciali. Dalla fondazione del proprio studio, nel 1989, l’ing. Sani ha progettato impianti termomeccanici per strutture ospedaliere, centri commerciali, stabilimenti farmaceutici, edifici pubblici (scuole, uffici e sedi bancarie, alberghi e centri congressi, musei e fabbricati storici, impianti sportivi, ecc.), fabbricati residenziali, parcheggi e parchi, centrali energetiche. Lo Studio Sani si occupa anche di direzione lavori, sicurezza nei cantieri, collaudi e dell’esercizio di impianti di vario genere. Autore di articoli tecnici per riviste specializzate, l’ing. Sani è cultore della materia nel settore scientifico disciplinare ING IND-11. Dal 2008 è docente, a contratto e supplente, del corso Impianti tecnici civili presso la Scuola di Ingegneria dell’Università degli Studi di Firenze.
«Il mio primo incontro con la fisica tecnica avvenne all’università – esordisce l’ing. Sani – e non fu per niente semplice. Ricordo che mi intestardii per studiare la materia al meglio e, completati gli studi, decisi di specializzarmi proprio nella progettazione termotecnica. Cominciai la carriera collaborando con una delle principali realtà professionali toscane e, dopo alcuni anni di esperienza, aprii il mio studio. Le prime commesse furono appalti-concorso legati a interventi di edilizia sociale e, ancora oggi, lavoriamo prevalentemente con committenti pubblici.
Nel tempo lo studio si è progressivamente ampliato fino alle attuali quindici unità: ci occupiamo quasi esclusivamente di progettazione termomeccanica e della parte elettrica connessa, stabilendo volta per volta collaborazioni con colleghi e studi specializzati nella progettazione elettrica. L’attività si svolge tutta all’interno dello studio, sia per garantire un adeguato livello di qualità, sia per gestire con consapevolezza le responsabilità professionali associate a tutti gli aspetti dell’attività progettuale.
Da tempo, infatti, le imprese installatrici hanno drasticamente ridotto la consistenza numerica dei propri uffici tecnici, perciò è sempre più raro che l’esecutore compia una verifica del progetto propedeutica all’offerta e alla successiva realizzazione. Di conseguenza, un eventuale errore nella progettazione si trasforma quasi automaticamente in una realtà concreta, con tutti i problemi che questo comporta non solo in cantiere ma soprattutto a opere completate».
Come ovviate a questa situazione?
«Attribuiamo molta importanza alla formazione e all’aggiornamento continuo del personale, per gli aspetti teorici come per quelli pratici. Prestiamo estrema attenzione alle non conformità che ci vengono segnalate e cerchiamo di condividere le esperienze, positive e negative, compiute all’interno dello studio. Questa trasmissione delle informazioni è fondamentale poiché alimenta, senza gelosie e personalismi, la crescita professionale dei singoli come dell’intera squadra».
Qual è il suo punto di vista sull’attuale normativa degli appalti pubblici?
«In generale il quadro legislativo in materia ha restituito maggiore trasparenza ai processi decisionali, ad esempio attraverso l’eliminazione quasi completa degli affidamenti d’incarico su base fiduciaria e la diffusione della validazione del progetto. Quest’ultima, soprattutto in interventi di grandi dimensioni, si è dimostrata in molti casi uno strumento per accrescere la qualità del progetto stesso. Si tratta perciò di un sistema che, nel complesso, è strutturalmente sano ma comunque migliorabile.
È il caso, ad esempio, dell’appalto integrato cosiddetto complesso, una procedura i cui esiti sono molto diversi a seconda delle situazioni. Il principio generale – premiare l’idea migliore – è sicuramente corretto, ma per ottenere risultati significativi in sede di gara sono necessarie condizioni che non sempre si verificano. Fra queste, l’elaborazione di un buon progetto preliminare da parte della stazione appaltante e la scelta di componenti delle commissioni esaminatrici dotati di adeguate competenze tecniche.
Sul fronte dei concorrenti, invece, i requisiti per la qualifica limitano l’accesso alle gare a società di ingegneria di grande dimensione le quali, per la redazione del progetto, spesso si rivolgono a studi professionali che non posseggono quei requisiti, alimentando di fatto l’attività in conto terzi. Ma c’è un altro fatto da considerare: dati i margini estremamente ridotti imposti dall’attuale situazione di mercato, non è detto che l’idea migliore sia sempre adeguatamente tradotta negli elaborati progettuali.
Suggerire soluzioni non è facile. In fase di progettazione preliminare, i funzionari pubblici potrebbero essere coadiuvati da linee guida specifiche, o dal supporto delle Regioni o delle Università, in grado di orientare le soluzioni progettuali in coerenza con le condizioni al contorno del progetto. Mi riferisco ad esempio alla previsione, quasi senza eccezioni, di certe tipologie impiantistiche (i sistemi radianti ad alta inerzia) in nuovi edifici pubblici che hanno utilizzo intermittente e carichi variabili (le scuole).
In generale, il rischio di non vincere le gare è troppo elevato per assicurare un buon livello di approfondimento all’intero progetto. In fondo, l’obiettivo finale dell’appalto integrato dovrebbe essere l’individuazione della soluzione ottimale fra quelle presentate. Il suo adeguato sviluppo progettuale dovrebbe perciò avvenire dopo l’aggiudicazione, e non prima».