Climatizzazione ad aria: dimensionamento e scelta

Climatizzazione ad ariaGli impianti ad aria rappresentano una soluzione che sta riscontrando una crescente diffusione in ambito residenziale grazie a una serie di vantaggi di tipo tecnico ed economico.

Negli ultimi 20 anni è cambiato profondamente l’ap­proccio alla progettazione degli impianti utilizzati per garantire le condizioni di comfort negli edifici residenziali sia per la sempre maggiore richiesta di climatizzazione estiva, sia per l’opportunità di impiegare tecno­logie in grado di sfruttare energie rinnovabili, in primis le pompe di calore, come previsto dalla legislazione vigente.

In particolare, nelle nuove costruzioni, il concetto di impianto tradizionale – concepito per il solo riscaldamento invernale e ba­sato sull’impiego di radiatori alimentati con acqua calda ad alta temperatura prodotta da caldaie a gas – è stato in buona parte progressivamente sostituito da due diverse tipologie di impian­to: la prima, costituita da pavimenti o soffitti radianti alimentati con acqua calda a bassa temperatura e acqua refrigerata; la se­conda, si basa invece sull’impiego di terminali ad aria del tipo ad espansione diretta oppure idronici.

Quest’ultima soluzione, a lungo considerata idonea soltanto per l’impiego nelle seconde case e nelle mezze stagioni, è ormai in­vece ritenuta sempre di più un’opzione valida anche per le prime case grazie alla possibilità non solo di riscaldare e di raffrescare con un solo impianto ma anche di produrre in modo autonomo acqua calda sanitaria.

Rispetto ai sistemi radianti, gli impianti con terminali ad aria presen­tano infatti una serie di van­taggi, quali una resa frigorifera superiore, con la possibilità di una facile e rapida regolazio­ne, e una rapida messa a regi­me, che risulta molto apprez­zata in quanto consente un funzionamento dell’impianto nelle sole ore di occupazione, a differenza dei sistemi radian­ti ad elevata inerzia, con con­seguente riduzione dei costi energetici. Inoltre, si elimina il costo di investimento per il si­stema radiante e si evitano le problematiche connesse al rischio di formazione di condensa in fase di raffreddamento, che impon­gono la necessità di prevedere anche dei sistemi di deumidifica­zione.

Un aspetto che invece è sempre stato considerato il punto debole degli impianti ad aria è quello legato alle condizioni di benessere che essi sono in grado di garantire, che comunemen­te si ritiene di livello inferiore rispetto ai sistemi radianti a causa della presenza di movimenti d’aria, dell’effetto di stratificazione dell’aria calda in regime di riscaldamento e del rumore prodotto dal ventilatore delle unità interne.

In realtà, un corretto dimen­sionamento della taglia dei terminali, tenendo in considerazione il ridotto fabbisogno termico delle nuove costruzioni, permette ormai di eliminare del tutto queste problematiche grazie al fun­zionamento dei terminali alla minima velocità dei ventilatori e alla scelta di diffusori d’aria ad elevate prestazioni. Per la proget­tazione degli impianti ad aria occorre in ogni caso seguire una serie di regole che riguardano, in particolare, aspetti quali la regolazione della temperatura nei singoli ambienti, il calcolo dei carichi termici e frigoriferi, la produzione dell’acqua calda e il posizionamento delle unità esterne.

Tipologie di impianti e di terminali

Gli impianti ad aria possono essere di due tipi: ad espansione diretta a pompa di calore oppure di tipo idronico ad acqua. Soli­tamente gli impianti ad espansione diretta trovano applicazione nelle abitazioni unifamiliari, mentre per gli edifici condominiali prevale l’impiego di impianti idronici con produzione centralizza­ta dei fluidi caldo e freddo.

La versione più semplice di impianti ad espansione diretta è quella di tipo multisplit, composta da un’unità esterna ad aria collegata mediante tubazioni frigorifere alle unità interne, solitamente fino a un massimo di 5. Essi pos­sono essere utilizzati non solo in tutte le stagioni per abitazioni di nuova costruzione, ma anche soltanto per il raffrescamento in fase estiva di abitazioni esistenti riscaldate con impianti a radia­tori o a pannelli radianti.

Per entrambe le tipologie di impianti, ad espansione diretta o idronici, le unità terminali sono disponibili in vari modelli: a mo­biletto per installazione a pavimento, a parete o canalizzabili nascoste nel controsoffitto, con distribuzione dell’aria mediante canali collegati a diffusori. Nelle applicazioni residenziali, gene­ralmente, non sono previsti terminali del tipo Cassette standard. Tuttavia, sono disponibili modelli idronici che risultano validi dal punto di vista sia estetico sia funzionale, essendo integrati anche di sistemi di illuminazione a LED (figura 1).

Climatizzazione ad aria
Fig. 1 – Terminale idronico Cassette dotato di sistema di illuminazione a LED (Galletti)

L’utilizzo di unità terminali a servizio di ogni singolo ambiente presenta il vantaggio di permettere la regolazione della tempe­ratura in modo indipendente e, a seconda delle necessità, di ge­stire il funzionamento del terminale, con il risultato di un elevato comfort e di un’ottimizzazione dei consumi.

Per contro, in caso di impiego di unità a pavimento e a parete, si occupano spazi che potrebbero essere destinati ad altri usi. Gli unici terminali che non comportano problemi di ingombro in ambiente sono quelli canalizzati, che tuttavia presuppongono la realizzazione di un ribassamento (figura 2).

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Fig. 2 – Unità canalizzabile installata all’interno di un ribassamento (Daikin)

Sistemi di zonificazione

In caso di impiego di unità canalizzabili è possibile prevedere un terminale a servizio di ogni ambiente oppure un solo terminale per tutto l’appartamento collegato mediante canali di distribu­zione a diffusori di mandata e griglie di ripresa dell’aria. In questo caso generalmente l’unità viene installata nel controsoffitto di un disimpegno oppure di un corridoio nel quale può essere colloca­ta anche un’unità VMC per la ventilazione degli ambienti.

La soluzione centralizzata con una sola unità canalizzabile con­sente di ridurre l’ingombro occupato (e il costo dei terminali) ma richiede l’impiego di un sistema di zonificazione che provveda alla regolazione della temperatura ambiente in ogni stanza me­diante la modulazione della portata immessa.

A tale scopo si utilizzano serrande motorizzate installate sulle bocchette oppure sul plenum di distribuzione dell’aria del termi­nale (figura 3). Le serrande possono essere azionate mediante comandi a filo oppure wireless senza cablaggio, che consen­tono di evitare anche la rea­lizzazione di opere murarie, risultando quindi una soluzio­ne ideale negli interventi di ri­strutturazione.

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Fig. 3 – Controllo della temperatura di diversi locali mediante sistema di zonificazione (Air Control)

Ogni stanza è gestita da una sonda ambiente che invia un segnale a una centralina di controllo che, in funzione della temperatura selezionata, co­manda la serranda motorizza­ta di zona. La centralina controlla anche il funzionamento del termi­nale in modo da adeguare la potenza erogata all’effettivo fabbisogno, e può essere inte­grata in un sistema di building automation. Il plenum di man­data con le serrande motoriz­zate può essere dotato anche di attacco per il collegamento al canale dell’aria esterna trat­tata da un’unità VMC.

Il sistema di zonificazione con­sente non solo di garantire un controllo indipendente della temperatura in ogni zona, ma anche la riduzione della potenza installata, e il relativo costo di investi­mento e consumo elettrico, dato che l’unità canalizzabile può essere dimensionata considerando l’effettiva contemporaneità di utilizzo (ad esempio zona giorno o zona notte). Inoltre, è pos­sibile ridurre il consumo energetico, dato che il sistema adatta la resa dell’impianto in funzione dell’effettivo carico di ogni zona e, in particolare, consente di trattare soltanto i locali occupati evi­tando di sprecare energia inutilmente.

In alternativa al sistema di zonificazione tradizionale è disponi­bile una particolare tipologia di terminale multizona dotato di ventilatori multipli (da 2 a 5) di tipo brushless, ognuno a servi­zio di una zona, con possibilità di regolazione continua della ve­locità e quindi della portata immessa (figura 4).

Fig. 4 – Plenum di mandata dotato di ventilatori per la regolazione di zona (Innova)

A fronte di un maggiore costo, questa soluzione garantisce il controllo diretto della portata d’aria immessa nei singoli ambienti. Ogni zona può essere controllata tramite un comando a parete (con gestione Wi-Fi tramite app) oppure da un segnale esterno 0-10 V prove­niente da un sistema di regolazione. È possibile controllare più ventilatori con un solo comando a parete o un solo segnale nel caso si debbano coprire ampie zone o esigenze termiche/frigo­rifere più elevate.

Per la regolazione della temperatura ambiente nei singoli locali con i sistemi multisplit si utilizzano telecomandi oppure app su smartphone mentre per i sistemi tipo mini VRF e quelli idronici generalmente il controllo è affidato a termostati a parete collegati a un pannello remoto touch screen che con­sente di monitorare e di programmare il funzionamento di tutto l’impianto in base all’effettivo utilizzo dell’abitazione. Il pannello di controllo può essere dedicato all’impianto di climatizzazione oppure integrato in un sistema domotico che controlla tutti gli impianti dell’abitazione (figura 5).

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Fig. 5 – Pannello touch screen con display per il controllo dell’impianto domotico (Vimar)

Dimensionamento dell’impianto

Per determinare la taglia corretta di un impianto ad aria è neces­sario effettuare il calcolo dei carichi termici e frigoriferi dell’intera abitazione e dei singoli locali. Per gli edifici di nuova costruzione, che devono rispondere ai requisiti minimi di prestazione ener­getica, generalmente il fabbisogno termico per il riscaldamento invernale risulta inferiore a quello frigorifero per la stagione esti­va.

Dato che i sistemi a pompa di calore presentano una poten­za termica superiore a quella frigorifera, un dimensionamento eseguito in base alla richiesta estiva è in grado di soddisfare sempre anche il fabbisogno invernale. Per il calcolo dei carichi di raffrescamento è necessario considerare in primo luogo l’o­rientamento e l’esposizione della casa e delle singole stanze alla radiazione solare. Inoltre, entra in gioco la superficie e la tipo­logia dei componenti vetrati e l’eventuale presenza di aggetti o di sistemi schermanti in grado di ridurre il carico solare.

Sotto questo aspetto la soluzione ideale è costituita da schermi mobili posti all’esterno dell’involucro in grado di sfruttare al massimo in fase invernale l’apporto solare e – nel contempo – di controllarla in modo efficace in fase estiva (riducendo i carichi di raffredda­mento). Inoltre, per garantire l’inerzia dell’involucro, e quindi lo sfasamento termico, risulta molto utile adottare pareti opache con un’adeguata massa superficiale.

Per il calcolo del fabbisogno di raffreddamento estivo si devo­no considerare anche i carichi endogeni dovuti alle persone e all’illuminazione. Per quanto riguarda invece il calcolo del carico termico invernale i parametri fondamentali sono la temperatura minima dell’aria esterna (legata alla località) e la trasmittanza delle pareti opache e dei serramenti.

Una volta determinata la taglia del sistema è necessario con­siderare la potenza assorbita in modo da valutare la potenza elettrica impegnata del contatore, che deve risultare adeguata a sostenere a pieno regime il carico di tutti gli elettrodomestici presenti nell’abitazione. Nel caso in cui non sia possibile ottene­re un contatore di potenza adeguata è possibile ridurre la poten­za assorbita mediante un sistema di gestione dei carichi elettrici che consenta di evitare il funzionamento contemporaneo delle varie apparecchiature.

È da notare che in alcune comunicazio­ni commerciali destinate agli utenti finali la potenza dei sistemi multisplit viene espressa in BTU (British Thermal Unit). In realtà il BTU è un’unità di misura dell’energia, quindi la potenza dovreb­be essere BTU/h, considerando che un kW corrisponde a 3412 BTU/h. Nelle suddette comunicazioni viene spesso proposto un calcolo approssimativo dei BTU necessari a raffrescare gli am­bienti basato su una regola del pollice che consiste nel moltipli­care la superficie o il volume dell’abitazione per un determinato coefficiente. Alcuni utilizzano un valore pari a 340 riferito alla su­perficie, di conseguenza per un’abitazione di 100 m2 la potenza del sistema deve essere pari a 34.000 BTU/h, pari a circa 10 kW, ovvero 100 W/m2. Altri propongono invece un valore di 85 riferito al volume. Considerando un’altezza delle stanze di 2,7 metri, per 100 m2 risulterebbe un valore di 22.950 BTU/h, pari a 6,7 kW, ovvero 67 W/m2, valore senza dubbio più vicino alla realtà.

Come si è visto, il calcolo dei carichi a regola d’arte risulta in ogni caso molto più complesso e affidabile di un semplice dimen­sionamento dell’impianto basato sulla superficie o il volume da raffrescare, in quanto tiene conto di diversi parametri, incluso il fattore di contemporaneità in caso di appartamenti con una zona notte di grande superficie.

Diffusione dell’aria

Per ottenere condizioni ottimali di benessere risulta fondamen­tale la progettazione del sistema di diffusione dell’aria che deve garantire una temperatura ambiente uniforme, senza ristagni o correnti d’aria fredda. In ambienti privi di controsoffitto (ad esempio in interventi di ristrutturazione), la soluzione consiste in genere nell’utilizzo di bocchette rettangolari di tipo tradizionale poste nella parte alta delle pareti, con distribuzione d’aria di tipo tangenziale al soffitto (effetto Coanda). Le bocchette consentono di realizzare lunghi lanci ma con un modesto effetto induttivo, di conseguenza non risultano la soluzione ottimale in quanto, in presenza di portata variabile e temperatura dell’aria immessa in­feriore a 20 °C, si verificano cadute d’aria fredda.

Fig. 6 – Diffusori lineari ad alta induzione (InviAir)

La soluzione ot­timale è costituita dai diffusori lineari ad alta induzione, installati a parete oppure a soffitto (figura 6). Oltre ad essere meno invasivi dal punto di vista estetico, essi consentono infatti di ottenere una rapida miscelazione dell’aria immessa con quella ambiente e ciò li rende idonei all’immissione d’aria a portata variabile e con una temperatura che può essere inferiore fino 14 K rispetto a quella dell’ambiente, particolarmente adatti quindi a terminali a espan­sione diretta che immettono aria a bassa temperatura.

Produzione di acqua calda sanitaria

I sistemi a pompa di calore per la produzione di ACS sono diversi in base al tipo di impianto. Con i sistemi multisplit di tipo stan­dard è necessario prevedere uno scaldacqua a pompa di calore dedicato mentre con i sistemi mini VRF è sufficiente installare un modulo idronico. Inoltre, sono disponibili sistemi multisplit in grado di produrre anche acqua calda mediante un kit idrico, dotato di scambiatore di calore e pompa di circolazione, e di un serbatoio di accumulo. Il modulo può essere integrato nell’uni­tà esterna (versione monoblocco) oppure posizionato a parete all’interno dell’ambiente e collegato all’unità esterna mediante tubazioni frigorifere (figura 7). Questi sistemi possono essere collegati a unità interne ad espansione diretta oppure idroni­che, oltre che a sistemi radianti.

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Fig. 7 – Sistema integrato con produzione di ACS mediante modulo idronico (Samsung)

In alternativa, è possibile utiliz­zare pompe di calore in grado di produrre acqua calda ad alta temperatura per il riscaldamento e la produzione dell’ACS con serbatoio di accumulo integrato (figura 8). Per le abitazioni con un numero massimo di tre locali è anche disponibile un sistema all-in-one che consente di ottenere acqua calda sanitaria, clima­tizzazione e riscaldamento degli ambienti in un’unica soluzione che semplifica l’installazione riducendo gli ingombri (figura 9). Il sistema consente di collegare all’unità esterna fino a 3 unità interne (a parete, a pavimento, pensili, Cassette o canalizzate) e direttamente anche un serbatoio per l’ACS con volume di 90 oppure 120 litri.

 

Il sistema presenta una potenza di 5,2 kW frigo­riferi e 6,8 kW termici. Grazie alla funzione di programmazione è possibile attivare automaticamente l’accumulo dell’acqua calda sanitaria in un momento della giornata in cui non si utilizza l’ac­qua calda o la climatizzazione. Inoltre, mediante un’app è possi­bile programmare, controllare e monitorare il sistema anche da remoto.

Nel caso di impianti idronici con pompa di calore generalmente si prevede un serbatoio di accumulo dotato nella parte inferiore di uno scambiatore alimenta­to con l’acqua calda prodotta dall’impianto. Il serbatoio può essere previsto di un secondo serpentino in caso di impiego di un sistema solare termico.

Al fine di evitare il rischio di formazione di Legionella l’accumulo deve essere mantenuto a temperatura superiore a 60 °C mentre l’acqua distribuita nell’impianto non deve scendere al di sotto di 50 °C. Per la regolazione della temperatura vengono utilizzate valvole a 3 vie di miscela in uscita dal bollitore e in prossimità dei punti di utenza per evitare rischi di scottatura.

Obblighi di legge e incentivi

L’impiego di impianti a pompa di calore rappresenta un obbligo di legge per gli edifici di nuova costruzione per i quali è necessa­rio rispettare il requisito che prevede la copertura mediante fonti rinnovabili di almeno il 60% del fabbisogno per la climatizzazio­ne estiva e invernale e la produzione di ACS (D.M. 199/2021). Per la produzione di acqua calda sanitaria è possibile abbinare alle pompe di calore anche un impianto solare termico, ove si­ano disponibili superfici con superficie e orientamento idoneo. La legislazione vigente impone anche l’installazione di impianti fotovoltaici con potenza minima calcolata in base alla superficie dell’impronta dell’edificio.

Per quanto riguarda gli incentivi, per l’acquisto di pompe di calore è possibile usufruire della detrazio­ne fiscale del 50% per le ristrutturazioni edilizie o del 65% per le riqualificazioni energetiche in caso di intervento di sostituzio­ne di una caldaia a gas. In alternativa, esiste l’opzione del Conto Termico, la cui terza revisione è stata pubblicata nel marzo di quest’anno.

L’incentivo prevede l’erogazione di un contributo in conto capitale per la sostituzione di impianti di climatizzazio­ne invernale esistenti con pompe di calore. Il contributo viene erogato in 5 rate annuali e non può superare il 65% delle spese sostenute ammissibili. Il valore dell’incentivo annuo è definito in funzione dell’energia termica prodotta annualmente (definita in funzione del COP e della potenza termica nominale dell’impianto e di coefficienti di utilizzo relativi alle diverse zone climatiche) e di specifici coefficienti di valorizzazione dell’energia (€/kWht).

L’installazione dell’unità esterna
La posizione dell’unità esterna va definita in base al tipo di abitazione e quindi degli spazi disponibili e idonei. Per l’installazione è necessario, in primo luogo, osservare le prescrizioni del costruttore per quanto riguarda le distanze minime da eventuali pareti o schermi acustici o visivi, in modo da garantire una corretta circolazione dell’aria, evitando il corto circuito dell’aria di scarico, come pure l’esecuzione degli interventi di manutenzione e riparazione. Climatizzazione ad aria

Inoltre, risulta fondamentale scegliere una posizione in cui l’aria scaricata dall’unità e il rumore prodotto dal suo funzionamento non provochino disagio alle persone che si trovano nelle vicinanze. L’unità e i cavi di alimentazione devono essere installati ad almeno 3 metri di distanza da apparecchi radio-televisivi onde evitare interferenze alle immagini e al suono. Il luogo di installazione non deve essere esposto al rischio di fughe di gas infiammabili provenienti da impianti ubicati nelle vicinanze.

Per prevenire l’esposizione al vento, è consigliabile installare l’unità con il lato dell’aspirazione rivolto verso il muro e prevedere un pannello deflettore sul lato di scarico dell’aria dell’unità esterna. Nelle aree soggette a forti cadute di neve, la posizione deve essere scelta in modo che l’eventuale accumulo non interferisca con il funzionamento dell’apparecchio.

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