I dati emersi dall’ultimo Energy Efficiency Report mettono in luce i passi avanti intrapresi dal nostro Paese nell’ambito dell’efficientamento energetico del parco immobiliare e, al contempo, mostrano anche le sfide che l’Italia si troverà ad affrontare nel breve periodo per cercare di raggiungere gli obiettivi europei dettati dalla nuova EPBD.
Come tutti ben sappiamo, l’ultima revisione della Direttiva sull’efficienza energetica degli edifici (EPBD), approvata lo scorso marzo e conosciuta in Italia come “Direttiva Case Green”, introduce misure e obiettivi sempre più ambiziosi e sfidanti per migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio dell’Unione Europea. Con la nuova revisione dell’EPBD, non ancora recepita dal nostro Paese, l’asticella si alza e, per raggiungere questi nuovi obiettivi, l’Italia dovrà mettere in campo tutte le risorse a sua disposizione per rispondere adeguatamente a questa inderogabile “chiamata”.
Ma quali sono, nello specifico, le sfide che l’Italia deve superare? Quali gli obiettivi? E, ancora, quali gli strumenti in nostro possesso per far fronte a queste richieste? L’edizione 2024 dell’Energy Efficiency Report, elaborato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, vuole rispondere proprio a queste domande, esaminando non solo i progressi a livello nazionale nel conseguimento degli obiettivi relativi all’efficienza energetica, ma analizzando anche gli aspetti tecnologici, di mercato e normativi, per ottenere un quadro chiaro e completo.
Le principali direttive sull’efficienza energetica
Parlando di normativa europea, oltre all’EPBD non possiamo non citare l’EED (Energy Efficiency Directive) che detta la linea relativa ai target di riduzione dei consumi di energia finale a livello comunitario, identificando i risparmi annui minimi da conseguire; in tema emissioni c’è poi l’ETS (Emission Trading System), che si pone l’obiettivo di regolamentare la distribuzione dei carburanti fossili per i settori trasporti ed edilizia. In Italia, il nuovo PNIEC, si allinea alla EED III, e innalza i target di riduzione dei consumi annuali di energia finale al 2030, unitamente agli obblighi di risparmio annuo.
Il parco immobiliare italiano
In Italia, quasi la metà degli edifici (il 40% dello stock immobiliare, ossia circa 5 milioni) appartengono alla classe energetica G. È dunque evidente che, con un parco immobiliare vetusto e ampiamente confinato nelle classi energetiche peggiori, lo sforzo di riqualificazione è decisamente impegnativo. Come riportato dal Report, si stima che gli investimenti in efficienza energetica in Italia nel 2023 siano stati pari a circa 85-95 miliardi di euro (tabella 1).
Questi numeri sono trainati dal settore residenziale (figura 1) grazie all’effetto del Superbonus. Il boom degli investimenti nel settore residenziale ha di certo rappresentato una grandissima opportunità per il comparto dell’efficienza energetica, ma, fatte queste premesse, è lecito chiedersi che cosa succederà nel prossimo futuro, ora che il volano del Superbonus è terminato e che gli altri tipi di incentivi (ecobonus e bonus casa) sono stati ridimensionati.
«Il quadro è piuttosto complesso e incerto – spiega Federico Frattini, vicedirettore di E&S e responsabile del Report -: da un lato, nonostante le recenti elezioni possano eventualmente cambiare le carte in tavola, l’Europa ha alzato l’asticella degli obiettivi, con l’Energy Efficiency Directive (EED) e soprattutto con l’Energy Performance of Buildings Directive; dall’altro lato, l’indice di propensione agli investimenti in efficienza energetica misurato dalla nostra survey è decisamente in calo e sono molte le preoccupazioni degli operatori riguardo al futuro del mercato».
Quali sarebbero allora gli investimenti necessari per adeguarci alla direttiva europea sulle Case Green? La risposta arriva dal Report: secondo le stime dei ricercatori, per raggiungere gli obiettivi europei al 2030 sarebbero necessari circa 180 miliardi di euro.
Secondo la Direttiva EPBD, che definisce i requisiti e i target da conseguire entro il 2030 per immobili residenziali e non, nuovi e ristrutturati, l’Italia dovrebbe ridurre il consumo di energia primaria per gli edifici a uso abitativo del 16% rispetto al 2020, quindi di 6,32 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, passando da 39,49 Mtep a 33,17) e ben il 55% di questo risparmio (3,46 Mtep) dovrebbe riguardare gli immobili di classe G (figure 2 e 3).
Questo massiccio intervento verrebbe a costare – stando alle analisi del Report- tra i 93 e i 103 miliardi di euro, a cui andrebbero aggiunti circa altri 80 miliardi di euro per coprire il restante 45% dell’obiettivo, intervenendo sugli edifici rientranti nelle altre classi energetiche. Il conto complessivo si attesterebbe così attorno ai 180 miliardi di euro (tra 169 e 187).
«A differenza di quanto fatto nel recente passato bisognerà intervenire in maniera molto più estensiva sul territorio in termini di numero di edifici – commenta Vittorio Chiesa, direttore di E&S – sempre che il comparto dell’edilizia possa gestire un numero enorme di cantieri in così pochi anni e anche che i prodotti e i materiali siano disponibili, e a un prezzo in linea con quanto previsto dalle stime.
Parte di queste risorse potrebbe (o dovrebbe) arrivare da un nuovo grande piano di finanziamenti europei, ma non basta, occorre una pianificazione attenta e la messa a punto di strumenti di supporto alla riqualificazione energetica degli edifici che oggi non è parte della nostra agenda politica, nonostante il PNIEC abbia rivisto al rialzo i target di riduzione dei consumi annuali di energia finale al 2030 insieme agli obblighi di risparmio annuo. Senza interventi sul patrimonio edilizio – va ricordato – gli obiettivi di decarbonizzazione del Paese non saranno mai raggiunti e quindi l’Italia dovrà comunque dotarsi delle risorse necessarie per effettuare quegli investimenti, anche se eventualmente spalmati su un periodo più lungo».
L’efficienza energetica nell’industria
Spostandoci dalle considerazioni inerenti il comparto residenziale, il Report ha poi voluto soffermarsi anche sul comparto industriale, per avere un quadro sugli investimenti e sulle criticità riscontrate da questo settore. 454 aziende hanno risposto ad un sondaggio, dal quale emerge come circa il 45% di queste ha deciso di non fare alcun tipo di investimento in efficienza energetica nel corso dello scorso anno, mentre, il 55% di quelle che lo ha fatto, ha puntato principalmente in tecnologie hardware, rispetto a soluzioni software.
La riduzione dei consumi è stata la motivazione trainante all’attuazione di investimenti di efficientamento energetico, mentre il tempo di ritorno degli investimenti è stato segnalato come lo scoglio principale, unitamente all’incertezza della normativa, incapace di offrire incentivi stabili e a lungo termine grazie ai quali le aziende si sentirebbero più tutelate a procedere con investimenti importanti.
Dal Report emerge inoltre che il trend degli investimenti futuri è in calo, con un significativo declino dell’interesse a investire in tecnologie come il fotovoltaico, i sistemi ad aria compressa e gli interventi sui processi produttivi per il prossimo quinquennio, prevedendo, dunque, un rallentamento degli investimenti complessivi (figura 4).
Un trend, questo, che deve essere cambiato, con la necessità di rivedere e rafforzare, ancora una volta, le strategie di incentivazione che possano, con stabilità, sostenere gli investimenti nelle tecnologie. Si spera inoltre che il passaggio al Piano Transizione 5.0 possa incidere positivamente su questo scenario che, ad oggi, resta purtroppo ancora incerto.
- La tipologia dell’edificio
- La zona climatica
- Le tecnologie di efficienza energetica impiegate e loro combinazioni
Per la stima dell’investimento è stato realizzato un modello ad hoc che ha portato allo sviluppo di sei differenti casi abitativi relativi alla classe energetica G così suddivisi:
- appartamento monofamiliare in condominio nelle zone geografiche del nord, centro e sud Italia;
- villetta monofamiliare nelle zone geografiche del nord, centro e sud Italia.
Per quanto concerne le tecnologie, dopo aver inserito una serie di dati in imput, sono state sviluppate dai ricercatori, per ognuno dei precedenti casi, le tre opzioni riportare in tabella, per un totale di 18 elaborazioni.