Protezione dal radon nei luoghi di lavoro: norme e metodi

La nuova scheda informativa “Prevenzione e protezione dall’esposizione al radon nei luoghi di lavoro secondo la normativa vigente”, elaborata dall’Inail, richiama le caratteristiche principali relativamente alla natura di questo inquinante (un gas che si genera nelle rocce o nei suoli per effetto del decadimento radioattivo degli elementi appartenenti alle serie dell’uranio e del torio) e ai suoi effetti sanitari (rappresenta il secondo agente di rischio di sviluppo di cancro ai polmoni, dopo il fumo di tabacco); quindi, descrive in modo sintetico i principali aspetti connessi alla valutazione del pericolo nei luoghi di lavoro di interesse (tenuto conto anche di quanto introdotto dal Piano Nazionale d’Azione per il Radon), alla prevenzione e alla protezione dell’esposizione al radon dei lavoratori secondo il dettato normativo.

Il radon – si legge nella scheda – è potenzialmente presente in ogni luogo di lavoro, indipendentemente dal tipo di attività in esso svolta: dal punto di vista regolatorio, l’esposizione dei lavoratori al radon è gestita come una situazione di esposizione esistente.
La normativa vigente del settore (d.lgs. 101/2020 e s.m.i.) ha identificato le situazioni dove è più probabile riscontrare la presenza di radon, chiedendo per queste la valutazione del rischio come misurazione della concentrazione media annua in aria e prescrivendo l’adozione di misure correttive (interventi di risanamento) laddove i livelli riscontrati siano superiori al livello di riferimento (LdR).

Nel caso dei luoghi di lavoro, il LdR corrisponde ad una concentrazione media annua di radon in aria pari a 300 Bq/m3. In presenza di valori di concentrazione di radon superiori al LdR è obbligo del datore di lavoro/esercente adottare misure correttive per ridurre le concentrazioni al livello più basso ragionevolmente ottenibile, sulla base delle indicazioni tecniche degli esperti in interventi di risanamento.

Poiché tipicamente il suolo è la sorgente di radon che fornisce il contributo maggiore ai livelli di radon indoor, le attività lavorative svolte in luoghi sotterranei (miniere, gallerie, tunnel, ecc.) e quelle al seminterrato e/o pianoterra possono essere maggiormente interessate dal problema, così come le attività lavorative in cui è prevista la movimentazione di grandi volumi di acqua. La normativa vigente identifica le situazioni lavorative per cui questo rischio non può essere ignorato dal punto di vista della radioprotezione e rispetto ad esse definisce gli obblighi per il datore di lavoro.

I luoghi di lavoro identificati dalla norma sono:

  •  luoghi di lavoro interrati;
  • luoghi di lavoro situati al piano terra e al seminterrato, localizzati nelle aree prioritarie identificate dalle Regioni e dalle Provincie autonome;
  • specifiche attività lavorative identificate nell’ambito delle azioni previste dal PNAR;
  • stabilimenti termali.

Oltre alle situazioni sopra descritte – raccomanda la scheda – è bene tener presente che esistono categorie di lavoratori che agiscono per un tempo limitato in una moltitudine di luoghi come, ad esempio, gli addetti ad attività di ispezione/manutenzione di impianti posti in locali sotterranei. Per queste categorie è più opportuno adottare un approccio radioprotezionistico basato sulla stima individuale dell’esposizione cumulativa al radon (o della dose efficace), che deve tener conto dei livelli di radon e del tempo trascorso nei diversi ambienti in cui hanno lavorato.

Laddove i livelli di radon indoor superano il LdR, quale misura di protezione collettiva, – continua la scheda – è necessario introdurre accorgimenti tecnici volti ad ostacolare l’ingresso del radon nell’edificio e quindi a ridurre i valori di concentrazione negli ambienti interni. Questi accorgimenti tecnici, denominati “misure correttive”, “interventi di risanamento” o “azioni di rimedio”, possono basarsi su diversi approcci.

La scelta dell’intervento più idoneo per la situazione specifica è compito di una figura professionale introdotta dalla normativa vigente: l’esperto in interventi di risanamento. Qualora non sia possibile adottare interventi di risanamento o quelli adottati non siano stati abbastanza efficaci da ridurre i livelli di radon al di sotto del LdR, è necessario mettere in atto misure di protezione individuale, a partire dalla valutazione della dose ricevuta da ciascun lavoratore da parte dell’esperto di radioprotezione (EdR).

In questi casi, le stime di dose vanno confrontate con un livello di dose efficace pari a 6 mSv/anno: laddove un lavoratore è suscettibile di ricevere una dose superiore si devono adottare i provvedimenti tipici delle situazioni pianificate di cui al Titolo XI del d.lgs. 101/2020. Qualora le dosi stimate siano inferiori a 6 mSv/anno, è previsto che l’esercente/datore di lavoro tenga sotto controllo le dosi efficaci o le esposizioni dei lavoratori, fino a che ulteriori misure correttive non riducono la concentrazione media annua di attività di radon in aria al di sotto del LdR.

Data l’ampia diffusione di radon – afferma in conclusione l’Inail – anche i luoghi di lavoro al di fuori del campo di applicazione della legge possono avere elevati livelli di contaminazione: ad esempio locali posti ai piani superiori al piano terra, così come luoghi di lavoro situati in aree non classificate come prioritarie. Di conseguenza, eseguire la misurazione della concentrazione di radon è una misura di prevenzione raccomandata per ogni edificio.