Per il nuovo grande polo museale di Berlino, l’Humboldt Forum, è stato adottato un mix di strategie energetiche che garantisce al tempo stesso un basso impatto ambientale e un accurato controllo delle condizioni ambientali.
Posto nel pieno centro della città sull’isola del fiume Sprea (la cosiddetta Isola dei Musei) nel quartiere Mitte, l’Humboldt Forum costituisce il nuovo punto di riferimento culturale della capitale tedesca. La struttura museale, concepita come luogo d’incontro con le culture del mondo, è stata inaugurata nel 2021 quando sono state aperte le porte dei suoi spazi che si sviluppano su una superficie complessiva di circa 42.000 m2 (figura 1).
Le sale espositive ospitano le collezioni permanenti di arte extraeuropea del Museo Etnologico e del Museo di Arte Asiatica, oltre a una sezione dedicata alla storia della città di Berlino e alle collezioni scientifiche dell’Università Humbold. Inoltre, l’edificio ospita un teatro, una sala cinema e un auditorium e offre spazi dedicati a mostre temporanee ed eventi, laboratori, bookshop, ristoranti e caffè.
Il complesso copre un’impronta di oltre 96.000 m² e si articola su quattro ali che si sviluppano ognuna su quattro piani principali. Il progetto con il quale l’architetto italiano Franco Stella ha ricostruito l’ex Palazzo di Berlino fonde e integra elementi storici e contemporanei (figura 2). Le facciate sui lati nord, sud e ovest, disegnate all’inizio del Settecento da Andreas Schlüter, sono state fedelmente ricostruite in stile barocco, mentre uno stile razionalista caratterizza l’imponente facciata che occupa il lato est verso la Sprea e gli interni.
L’insieme è completato da una grande cupola con croce dorata e da imponenti portali di ingresso, anch’essi ricostruiti nello stile originale, dal cortile interno dello Schlüterhof, da un atrio coperto destinato a foyer d’ingresso (l’Agorà) e da un passaggio che consente di attraversare il palazzo dal Lustgarten alla Schlossplatz. Sulla copertura, a un’altezza di circa 30 metri da terra, è stata realizzata una terrazza di 1.800 metri quadrati raggiungibile tramite un ascensore dalla quale i visitatori possono godere una vista panoramica sulla città (figura 3).
Il carattere peculiare e innovativo di questa grande struttura non è solo nel contrasto tra gli elementi architettonici storici fedelmente ricostruiti e quelli contemporanei (figura 4), ma anche nel concept adottato per gli impianti che garantiscono il controllo delle condizioni microclimatiche e la sicurezza, le cui fondamenta poggiano su un complesso sistema di automazione e di protezione antincendio. Una sfida particolarmente impegnativa è stata quella derivante dalla diversità degli oggetti conservati e dei loro requisiti specifici per quanto riguarda la temperatura e l’umidità da mantenere all’interno degli ambienti.
La costruzione cominciò nel 1443 e nel corso dei secoli l’edificio fu continuamente ampliato e abbellito, con il contributo dei maggiori architetti ed artisti dell’epoca. A partire dal 1701 divenne residenza reale con una facciata barocca disegnata da Andreas Schlüter. A quel tempo l’edificio era considerato una delle più importanti architetture barocche secolari a nord delle Alpi.
Danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, il Castello venne abbattuto nel 1950 per decisione dei politici della DDR in quanto considerato simbolo del militarismo prussiano. L’ampia area ricavata dalla demolizione fu battezzata Marx- Engels-Platz edutilizzata come spazio per raduni di massa, fino alla costruzione nel 1976, sul lato est della piazza, del Palazzo della Repubblica, chiuso poi nel 1990 a causa della contaminazione da amianto e successivamente anch’esso demolito.
Dopo un lungo dibattito, nel 2003 è infine stata decisa la ricostruzione del Castello il cui progetto è stato affidato nel 2008 all’architetto italiano Franco Stella che ha vinto il concorso internazionale di architettura per la creazione del nuovo Forum, dedicato ai fratelli ed eruditi Wilhelm e Alexander Humboldt. I lavori sono iniziati nel 2013 e sono stati completati nel 2020 con un costo finale di circa 677 milioni di euro che lo ha reso il complesso culturale più costoso finora costruito in Europa.
Il sistema energetico
Un edificio di queste dimensioni ha richiesto un approccio particolare per quanto riguarda la sostenibilità ambientale. Il progetto dell’intero edificio è stato sviluppato in conformità con la legge federale sul risparmio energetico (Energiesparverordnung – EnEV) con un valore del fabbisogno di energia primaria che risulta inferiore di oltre il 30% rispetto al limite massimo consentito. Questo risultato è stato ottenuto da un lato grazie alle prestazioni dei componenti opachi e vetrati dell’involucro, significativamente migliori rispetto ai valori dell’edificio di riferimento dell’EnEV. D’altro canto, l’obiettivo è stato raggiunto grazie a un sistema energetico molto efficiente basato su un mix di varie soluzioni, quali teleriscaldamento, geotermia, raffreddamento adiabatico, free cooling, accumulo frigorifero e attivazione della massa.
L’edificio è alimentato in prevalenza dalla rete di teleriscaldamento collegata alla vicina Heizkraftwerk Mitte, una delle centrali di cogenerazione a gas più moderne d’Europa, con una potenza elettrica di 444 MW e una potenza termica di 680 MW (figura 5). La potenza termica prelevata dalla rete è di 4800 kW, pari all’85% del fabbisogno per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria. Lo scambiatore collegato al teleriscaldamento produce acqua calda che viene utilizzata soprattutto per i circuiti che richiedono una temperatura di mandata superiore a 45 °C, come ad esempio le batterie di postriscaldamento che hanno il compito di controllare la temperatura e l’umidità di tutti gli impianti di climatizzazione delle aree espositive, soprattutto nel periodo estivo dopo il processo di deumidificazione.
Il sistema geotermico
La seconda fonte di energia è costituita dal terreno. Per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti viene infatti utilizzata l’energia geotermica che alimenta unità a pompa di calore per una potenza termica di 1200 kW. Il sistema geotermico è stato progettato con la funzione di accumulatore stagionale di energia con sonde posizionate in modo molto compatto. Sono stati installati due campi geotermici per un totale di 225 sonde verticali con tubi a U, ciascuna profonda 100 metri, e sono stati convertiti 92 pali di fondazione in pali energetici, con una profondità media di attivazione di circa 18,5 metri. Nei tubi circola acqua che scambia energia con il terreno che presenta una temperatura più o meno costante di 13 °C che garantisce una potenza termica specifica di circa 2,5 W/m.K.
Il calore estratto dall’edificio e accumulato nel terreno durante l’estate viene poi utilizzato durante l’inverno per riscaldare l’edificio. Inoltre, il sistema prevede 4 punti di misura della temperatura per il monitoraggio degli sbalzi termici del sottosuolo, richiesta dagli enti idrici. L’acqua calda prodotta a bassa temperatura dalle pompe di calore viene inviata a vari circuiti, come ad esempio quello a servizio del sistema radiante di riscaldamento a pavimento utilizzato per il grande atrio di ingresso (figura 6).
La geotermia fornisce un contributo significativo in termini di sostenibilità come fonte di energia rinnovabile. La più elevata efficienza rispetto ai combustibili fossili convenzionali consente di ottenere benefici in termini sia di minore impatto ambientale sia di riduzione dei costi operativi. Il committente aveva già deciso in una primissima fase di progettazione che l’energia geotermica dovesse entrare a far parte del concept progettuale generale e il suo utilizzo è stato anche alla base dell’approvazione del progetto da parte del Senato di Berlino.
I primi studi di fattibilità hanno avuto luogo nel 2009. Nell’ambito di un’indagine preliminare sulla geologia e sul potenziale geotermico del sito, nel 2010 sono state effettuate indagini preliminari in punti rappresentativi dell’area di costruzione. I sondaggi esplorativi e le misure geofisiche e geotermiche, comprese i rilievi di temperatura e l’esecuzione di test di risposta del terreno (Ground Response Test), hanno determinato che il sito presentava condizioni idonee per l’utilizzo del sottosuolo come deposito termico per l’approvvigionamento stagionale di caldo e freddo. Con una lunghezza totale di 11.500 metri di sonde geotermiche e di 1.680 m di pali energetici, questo sistema è il più grande per un singolo edificio di Berlino.
È da sottolineare il fatto che la realizzazione delle sonde geotermiche poste sul lato nord della Schlossplatz ha comportato il superamento di una serie di problematiche in termini di progettazione ed esecuzione. Il cantiere era delimitato a nord da vie di traffico, a est dalla Sprea, a ovest dal Kupfergraben (il canale della Sprea) e a sud dal tracciato della nuova linea metropolitana U5. Le 115 sonde geotermiche rappresentavano il numero massimo realizzabile dal punto di vista progettuale. La concomitante presenza di altri cantieri in corso nelle immediate adiacenze ha comportato una divisione del campo di perforazione in due gruppi, il primo di 61 sonde, il secondo di 54, che sono stati realizzati in 3 fasi costruttive tra loro cronologicamente non collegate.
Inoltre, il sottosuolo dell’intera area era caratterizzato da una grande quantità di sottoservizi (acquedotto, fognature, linee elettriche, fibra) nonché da strutture di vario tipo. Questa situazione particolare ha comportato la necessità di implementare un elevato livello di coordinamento interdisciplinare con i fornitori e i relativi progettisti, di garantire un’esecuzione accurata dei lavori, nonché di assumere decisioni in tempo reale in caso di rilevamento di linee o strutture sconosciute durante lo scavo.
SOLUZIONI PER LA SOSTENIBILITÀ
- Teleriscaldamento da cogenerazione
- Geotermia
- Pompe di calore
- Accumulo frigorifero
- Chiller ad aria con free cooling e raffreddamento adiabatico
- Sistema di automazione
- Modellazione CFD
La strategia di utilizzo della geotermia
Il concetto alla base della fornitura energetica dell’Humboldt Forum prevede di coprire il carico di base del fabbisogno di riscaldamento e raffreddamento dell’edificio con l’energia geotermica. L’obiettivo è infatti quello di bilanciare l’utilizzo del calore su base stagionale tra estrazione dal terreno nel funzionamento invernale e immissione in quello estivo. Nel concetto generale di generazione e distribuzione dell’energia, la geotermia ha quindi sempre la priorità, in quanto garantisce un’efficienza molto più elevata rispetto a quella degli altri sistemi che vengono attivati per attingere o smaltire il calore a seconda delle esigenze e delle temperature.
Durante l’inverno il riscaldamento viene fornito dall’impianto geotermico tramite le pompe di calore con un carico termico pressoché costante. Analogamente il raffrescamento estivo proviene per quanto possibile dalla geotermia in modo passivo e soltanto al superamento delle temperature di progetto mediante il supporto del raffreddamento meccanico attraverso l’utilizzo di pompe di calore reversibili.
Dal momento della messa in servizio, è stato implementato il monitoraggio della quantità di calore fornita e smaltita dall’impianto geotermico. Ciò consente non solo di soddisfare uno specifico requisito di legge ma anche di verificare le prestazioni e ottimizzare il funzionamento. È da notare che il calore geotermico del terreno non viene integrato con altre fonti rinnovabili, dato che è stato escluso l’utilizzo di pannelli fotovoltaici sulla copertura. Tale decisione è stata presa non solo per ragioni estetiche ma soprattutto per fattori tecnici: l’Humboldt Forum presenta un fabbisogno di energia elettrica costante e continuo durante tutto l’anno di circa 4 MW. Sulla base di un calcolo ottimistico, l’energia solare avrebbe potuto contribuire, nelle condizioni ottimali di radiazione solare, con una potenza massima di soli 200 kW, che tuttavia può variare notevolmente a seconda delle condizioni meteorologiche.
La produzione del freddo
Il raffrescamento rappresenta un aspetto chiave durante tutto l’anno, soprattutto durante gli orari di apertura, quando il calore e/o l’umidità vengono emessi dalle luci e dai visitatori (figura 7).
Per sfruttare l’energia frigorifera nel modo più efficiente possibile, sono stati previsti circuiti dell’acqua refrigerata su due diversi livelli di temperatura a servizio delle diverse utenze. Un circuito a bassa temperatura serve le aree espositive che dovranno essere costantemente raffrescate e deumidificate e che costituiscono circa la metà degli oltre 40.000 m2 della superficie totale. Il secondo circuito, a temperatura più elevata, serve invece le altre aree, come le sale server e il data center, che richiedono il solo raffreddamento. I due diversi circuiti in cui sono state separate le utenze che richiedono raffreddamento sono soddisfatti in modo ottimale dai rispettivi gruppi refrigeratori, diversificati in alta e bassa temperatura, e da due pompe di calore.
Sulla copertura sono stati installati sette gruppi refrigeratori condensati ad aria che disperdono il calore nell’aria ambiente. Per ridurre i loro consumi sono stati previsti gruppi dotati di sistemi di free cooling e di raffreddamento adiabatico. Nelle mezze stagioni e in inverno i chiller possono funzionare in modalità free cooling utilizzando l’aria esterna per la produzione gra tuita di acqua refrigerata. Se le temperature esterne scendono al di sotto di 0 °C, è possibile utilizzare il free cooling anche per le utenze servite da acqua refrigerata a bassa temperatura. Nella stagione estiva è invece possibile ottimizzare i consumi facendo funzionare i chiller in modalità ibrida utilizzando il raffreddamento adiabatico per evaporazione. Questa modalità, ottenuta mediante la nebulizzazione d’acqua sulle batterie di condensazione, consente ai gruppi di funzionare senza riduzione delle prestazioni anche alle massime temperature estive.
Il freddo a bassa temperatura per gli impianti di climatizzazione è generato principalmente dalle due pompe di calore collegate al sistema geotermico. Se necessario, possono essere messi in funzione altri due gruppi frigoriferi. Per garantire un’ulteriore fornitura di raffreddamento alle aree museali e ridurre la potenza elettrica di picco, è stato previsto anche un sistema di accumulo di ghiaccio. Nelle notti estive i gruppi refrigeratori producono acqua glicolata a -5 °C per formare il ghiaccio, che di giorno viene disciolto per il raffreddamento al momento del carico frigorifero di punta. In questo modo, l’accumulo di ghiaccio riduce la copertura del carico di punta da parte dei chiller e quindi la potenza elettrica impegnata e i picchi dei consumi elettrici.
L’utilizzo della risorsa geotermica consente di ottenere un’elevata efficienza anche in fase di raffrescamento e quindi di ridurre il consumo di energia frigorifera, in particolare per i compressori utilizzati dalle unità frigorifere a servizio delle utenze con funzionamento continuativo, come i locali elettrici e i locali IT e server che comportano un fabbisogno di raffreddamento di 400 kW.
È da notare che la fase di raffreddamento rappresenta un aspetto molto importante nella gestione della geotermia. L’energia geotermica copre il 100% del fabbisogno massimo di raffrescamento in inverno e circa il 15% in estate. I gruppi frigoriferi ad azionamento elettrico forniscono a loro volta il 50% dell’energia frigorifera mentre, per soddisfare il carico di punta, circa il 35% del fabbisogno viene soddisfatto dal sistema di accumulo di ghiaccio. Nel complesso la potenza frigorifera totale installata è di quasi 3.000 kW, che aumenta a 5.300 kW considerando il sistema di accumulo. Nel loro insieme, i diversi sistemi per la produzione del freddo consentono di ottenere un risparmio energetico rilevante.
Il controllo del microclima
La strategia alla base della sostenibilità del progetto è un vero e proprio mosaico composto da molti singoli pezzi, ognuno dei quali affronta un aspetto specifico. L’obiettivo finale è stato quello di fornire, con il minore consumo energetico, il microclima richiesto dalle persone e, al tempo stesso, per la conservazione degli oggetti e delle opere d’arte delle collezioni permanenti come pure delle opere in prestito esposti nelle aree espositive dedicate.
Per gli ambienti occupati delle persone, i parametri essenziali del comfort sono la temperatura ambiente, la velocità dell’aria in ambiente (o il rischio di correnti d’aria secondo la norma ISO 7730) e l’umidità dell’aria. I valori limite e le tolleranze sono stati determinati secondo i requisiti del committente e sono stati adottati in particolare per le sale destinate agli eventi. Per quanto riguarda le aree museali, il criterio fondamentale, in presenza di materiali organici, è stato quello di mantenere i valori di temperatura e umidità più costanti possibile. A tale scopo viene utilizzato un processo di trattamento con deumidificazione e raffrescamento delle sale espositive in estate e umidificazione e riscaldamento in inverno.
Dato che questo tipo di processo consuma molta energia i progettisti hanno dovuto sviluppare soluzioni in grado di ottimizzare le prestazioni degli impianti HVAC. I curatori dei musei nazionali hanno imposto requisiti molto stringenti per quanto riguarda il controllo del microclima delle sale espositive (figura 8).
I reperti dei due principali utenti dell’Humboldt Forum, il Museo Etnologico e il Museo di Arte Asiatica, sono molto sensibili e devono essere preservati in ambienti espositivi nei quali la temperatura non deve superare i 25 °C con una tolleranza di soli +/- 1 K e, allo stesso tempo, deve essere garantita un’umidità relativa media del 52% con una tolleranza massima di +/-3%. La sfida nell’implementare questi elevati requisiti risulta evidente nel momento in cui si considera l’elevato numero di visitatori.
Ogni area espositiva è dotata di un impianto dedicato del tipo a tutt’aria il che significa che sono stati installati un totale di 41 sistemi di climatizzazione, ognuno dotato di una specifica unità di trattamento (figura 9). La diffusione dell’aria viene effettuata nelle sale mediante griglie installate a pavimento lungo le pareti oppure sul perimetro (figura 10).
Durante il giorno, quando gli spazi sono affollati di visitatori, gli impianti utilizzano una miscela di aria esterna e di ricircolo che viene opportunamente filtrata e trattata. I sensori di CO2 misurano automaticamente la composizione dell’aria e regolano la quantità di aria esterna. Durante la notte nel periodo invernale viene invece utilizzata soltanto aria di ricircolo, mentre nelle mezze stagioni e in estate viene utilizzata aria esterna se le condizioni di temperatura sono idonee a garantire il free cooling per il preraffreddamento degli ambienti. Particolare cura ha richiesto il progetto dell’ambiente dell’Agorà destinato a foyer d’ingresso, per il quale è stata prevista l’immissione di una portata di 50.000 m3/h d’aria trattata.
Il sistema di automazione
Il sistema di automazione ha dovuto confrontarsi in primo luogo con la richiesta di un controllo molto stringente del microclima nelle aree espositive. A tale scopo, il sistema deve gestire, oltre agli impianti HVAC, anche il sistema bivalente per la produzione dell’energia termica, basato sul teleriscaldamento e sull’energia geotermica, e il sistema polivalente per la produzione dell’energia frigorifera, che sfrutta varie fonti di raffreddamento ad alta e bassa temperatura.
Per garantire un funzionamento ottimale dal punto di vista dell’efficienza energetica delle complesse apparecchiature a servizio dell’edificio, assicurando al tempo stesso la massima affidabilità, per il sistema BMS è stato previsto un software proprietario di gestione degli edifici ad alte prestazioni. Il sistema prevede 70 stazioni di automazione DDC e 285 quadri elettrici per un totale di 46 punti fisici di automazione. Le stazioni DDC raccolgono e inviano al sistema le informazioni provenienti da tutti gli elementi in campo, come sensori di temperatura e serrande di ventilazione (figura 11).
Il sistema BMS è stato installato su due server in un armadio di rete ed è caratterizzato da funzionalità in tempo reale, multiutente e multitasking. È possibile accedere al software in modo rapido e sicuro da qualsiasi punto dell’edificio tramite la rete utilizzando laptop dotati di un’interfaccia con mirroring del BMS. Sulla base dei dati forniti dal BMS gli utenti possono ricavare misure di risparmio energetico e economico, ottimizzare i processi e correggere gli errori. L’interfaccia utente completamente grafica offre inoltre un elevato livello di trasparenza dell’impianto per gestire il funzionamento, la modifica e l’osservazione di stati, valori ed eventi.
Le stazioni DDC comunicano tramite la rete BACnet e possono essere gestite anche manualmente in loco tramite un touch screen a colori. Attraverso la stazione autonoma, il personale del museo dispone di capacità di controllo, ottimizzazione, monitoraggio e supervisione adattate alle proprie esigenze specifiche. In quanto cuore del sistema di automazione degli edifici, i regolatori DDC assicurano che le informazioni provenienti da tutti i dispositivi di campo, come i sensori di temperatura e le serrande di ventilazione, vengano raccolte e inviate al BMS.
In caso di incendio, il sistema di automazione garantisce la sicurezza di tutti i visitatori e degli oggetti di valore che si trovano all’interno degli spazi. In base alle specifiche di progetto, le serrande di estrazione fumi sono collegate a regolatori di livello SIL2. Per garantire la sicurezza della catena di estrazione fumi, il sistema utilizza condotti indipendenti dal sistema di ventilazione. Dato che i moduli di controllo comunicano tramite protocollo Modbus, è stato scritto un programma nel gateway per abilitare la comunicazione con i regolatori DDC e con il BMS.
Nel sistema di ventilazione sono state inoltre installate circa 2.300 serrande tagliafuoco per evitare che la propagazione in caso di incendio. Il pannello del sistema di estrazione fumi è il punto centrale di controllo per i vigili del fuoco in caso di incendio in quanto consente di gestire manualmente ogni singola area di estrazione fumi (figura 12). Per l’estrazione del fumo dallo spazio dell’Agorà sono stati previsti dieci ventilatori installati sulla copertura che agiscono in sinergia con l’apertura delle porte verso l’esterno (figura 13).
Tubazioni e isolamento termico
Per riscaldare e raffreddare l’edificio, e garantire un microclima idoneo a visitatori e oggetti esposti sono stati installati 45 mila metri di tubazioni. Per convogliare l’acqua fredda dalla centrale frigorifera alle unità di trattamento e ai terminali distribuiti nell’edificio sono stati impiegati tubi in acciaio inossidabile (fino al diametro DN 50) e in acciaio al carbonio (per diametri superiori). Inoltre, la rete di tubazioni alimenta i serbatoi di accumulo di ghiaccio e la centrale geotermica.
I requisiti per l’isolamento dei tubi impiegati per gli impianti HVAC riguardano efficienza energetica, protezione antincendio e isolamento acustico, tenendo conto dello spazio spesso molto limitato. L’installatore ha scelto di utilizzare un particolare tipo di coppelle isolanti (figura 14) in grado di garantire che il lavoro potesse essere realizzato secondo le stringenti specifiche e le scadenze ravvicinate.
Le coppelle sono realizzate in lana minerale ad alte prestazioni con conducibilità termica di 0,035 W/(m.K) e rivestimento in alluminio antistrappo. Esse sono state utilizzate per tubi dell’acqua refrigerata con una temperatura maggiore di 6 °C a temperature ambiente fino a 25 °C e un contenuto di umidità relativa massimo del 60%.
Una grande sfida tecnica è stata la posizione e la disposizione delle tubazioni posate nei pavimenti, nei controsoffitti e nei locali tecnici. Da un lato era infatti richiesto un sistema di isolamento che potesse essere adattato in modo molto preciso alle geometrie dei tubi. D’altra parte, le operazioni di posa dovevano essere le più semplice possibile per rispettare i tempi ristretti. Il sistema adottato ha consentito l’isolamento continuo dei tubi e al tempo stesso la realizzazione di compartimentazioni antincendio R120.
In questo modo, le tubazioni disposte su lunghe distanze attraverso molti compartimenti antincendio hanno potuto essere isolate in modo efficiente e in un breve lasso di tempo senza cambiare materiale. Invece di utilizzare un prodotto specifico per l’isolamento della sezione in ogni attraversamento, è stato infatti possibile impiegare un unico sistema isolante non combustibile. Ciò che ha permesso di semplificare l’installazione è stato anche il peso ridotto delle sezioni delle coppelle che pesano circa il 50% in meno rispetto ai tradizionali prodotti in lana di roccia.
L’integrazione nei solai
Ai piani sotterranei è possibile visitare quella che era un tempo la cantina del castello, trasformato in spazio espositivo dei reperti archeologici rinvenuti durante gli scavi, incluse le mura di fondazione del castello originale. Solitamente nelle aree espositive l’aria viene diffusa dal contro- soffitto oppure dal pavimento. In questo caso, questa soluzione non era possibile per motivi strutturali. Per garantire la diffusione d’aria è stato quindi utilizzato il sistema Concretcool integrato direttamente nel solaio in cemento a vista con spessore di 350- 450 mm. Grazie a questo sistema invisibile per la distribuzione dell’aria viene garantito il fabbisogno di portata d’aria di 2.500 m³/h dell’area espositiva (figura 15).
L’aria viene immessa in modo uniforme a soffitto nell’ambiente tramite diffusori circolari ad alta induzione dotati di plenum di distribuzione dell’aria incassati nel solaio in cemento. Quando il sistema viene utilizzato nell’uso normale, l’aria di mandata viene espulsa radialmente lungo le superfici del soffitto. In considerazione dell’ingresso di umidità attraverso il pavimento e le fondazioni, i diffusori sono stati dotati di speciali elementi di guida dell’aria che consentono di immettere l’aria anche verso il basso per ottenere una migliore circolazione con assorbimento del carico latente della struttura.
Nello spazio espositivo dell’ex cantina del castello gli appassionati di ventilazione possono ammirare un oggetto davvero unico. Durante gli scavi è stato infatti scoperto un ventilatore che faceva parte di un sistema di riscaldamento a vapore a bassa pressione che l’imperatore Guglielmo II, promotore delle scienze, aveva fatto installare nel 1894 (figura 16). Già 130 anni fa la tecnologia della ventilazione era quindi a servizio di un edificio e il sistema di riscaldamento forniva non solo calore, ma anche aria di ricambio.
Diffusori ad alta induzione
Sulla copertura si trova una struttura in vetro e cemento che ospita il ristorante e la caffetteria con un design degli interni molto sobrio caratterizzato da colori chiari e scuri (figura 17).
Ciò ha imposto che anche i requisiti estetici dovevano essere presi in considerazione nella scelta dei diffusori d’aria. A tale scopo sono stati adottati diffusori lineari ad alta induzione con un profilo di larghezza estremamente contenuta che si integrano in modo discreto sul lato delle travi architettoniche a soffitto. L’aria di mandata viene immessa in senso orizzontale e scorre lungo la superficie del soffitto senza provocare correnti d’aria nell’ambiente.
Diffusori lineari ad alta induzione sono stati utilizzati anche per le nuove aree dell’edificio destinate all’amministrazione che presentano uno stile molto semplice e sobrio. In questi uffici i diffusori sono installati a parete e sono dotati di silenziatore integrato. Essi assicurano una distribuzione dell’aria ottimale scomparendo completamente alla vista nelle strutture in cartongesso.
Inoltre, nei divisori tra uffici e corridoi sono stati installati elementi di transito di forma compatta che consentono il libero deflusso dell’aria e soddisfano i requisiti per un elevato assorbimento acustico.
La modellazione CFD
Per ottimizzare la progettazione dell’impianto HVAC è stato sviluppato un modello CFD dell’area espositiva mediante il quale sono state simulate le condizioni ambientali in termini di temperatura (figura 18) e di velocità dell’aria (figura 19) in modo da definire la posizione ottimale dei punti di diffusione dell’aria per quanto riguarda la loro idoneità nel garantire la conformità ai criteri di comfort e di conservazione richiesti.
Il modello numerico è stato creato sulla base dei documenti di progetto e ha considerato, oltre alle dimensioni geometriche, parametri quali le caratteristiche dell’involucro, le condizioni dell’ambiente esterno e interno, la tipologia di impianti e di apparecchiature, l’affollamento e gli scenari di utilizzo.
Per la simulazione dei flussi d’aria nell’ambiente è stato utilizzato il software di analisi Ansys Fluent che è in grado di tenere conto dei fenomeni di trasporto di calore e delle radiazioni solari. Nella definizione delle condizioni esterne di progetto sono stati utilizzati dati climatici dell’anno di riferimento del test per Berlino.
Dalla modellazione è risultato come lo scenario rappresentato dalle più alte temperature nel periodo estivo è particolarmente critico, come pure quello in corrispondenza delle temperature più basse, considerando anche le radiazioni solari. La simulazione ha confermato che, dato l’elevato isolamento termico delle pareti esterne delle sale espositive, risultano decisivi i carichi termici interni e che, di conseguenza, durante l’orario di apertura delle mostre prevale la necessità di raffrescare gli ambienti.
La simulazione CFD è stata sviluppata anche per i flussi d’aria intorno all’edificio (figura 20, presente nella gallery) per valutare i quali sono state anche effettuate misurazioni nella galleria del vento su un modello in scala. Il risultato delle simulazioni CFD ha dimostrato la validità delle scelte progettuali nel garantire i valori ambientali richiesti.
La gestione delle acque
Una considerazione chiave per rendere l’Humboldt Forum ecosostenibile, considerando in particolare la sua posizione nel centro della città vicino al fiume Sprea, è stata la gestione dell’acqua piovana.
La scorsa estate, quando le precipitazioni sono state abbondanti, molte strade e sottopassi sono stati completamente allagati, con le scale di alcune stazioni della metropolitana trasformate in vere e proprie cascate. Ciò ha dimostrato che il sistema fognario di Berlino non può assorbire questi enormi volumi d’acqua tutti in una volta e costituisce un problema anche perché il sistema è di tipo ibrido dato che raccoglie non solo l’acqua piovana ma anche le acque di scarico. Quindi, se il sistema trabocca, l’acqua defluisce nel fiume Sprea e in altri corsi d’acqua e laghi.
Questo fenomeno non sarebbe preoccupante per quanto riguarda l’acqua piovana, ma rappresenta un grosso problema nel caso di presenza di acque reflue non trattate. Nel caso dell’Humboldt Forum le acque meteoriche vengono raccolte e incanalate direttamente nel fiume Sprea alleggerendo il sistema fognario dal dover assorbire diversi milioni di litri di acqua piovana.