ENEA ha presentato una nuova infrastruttura sperimentale volta a produrre calore per l’industria sfruttando esclusivamente la fonte solare.
ENEA ha da poco presentato una nuova infrastruttura sperimentale, l’impianto ENEA-SHIP, dalla tecnologia modulare e versatile, capace di garantire una fornitura di calore stabile ai processi industriali senza l’utilizzo di fonti fossili. Questa infrastruttura è un ulteriore passo in avanti verso l’imprescindibile obiettivo di decarbonizzazione dei processi produttivi e la necessaria transizione ecologica del settore industriale.
Secondo quanto riportato da autorevoli studi internazionali (Dati IEA e IRENA 2014), a oggi circa il 90% dell’energia termica consumata dall’industria a livello mondiale è ancora prodotta da fonti fossili (45% carbone, 30% gas naturale e 15% petrolio) e non più del 10% deriva da fonti rinnovabili. «In Italia l’industria assorbe oltre il 40% della domanda nazionale di energia termica e questo ha un peso significativo, sia sui consumi globali che sulle emissioni di anidride carbonica che gli impegni internazionali e il Green New Deal ci impongono di ridurre, in linea con il target della neutralità climatica entro il 2050» afferma Walter Gaggioli, responsabile Divisione Solare Termico, Termodinamico e Smart Network di ENEA.
La necessità è di frenare e invertire questa tendenza, accelerando invece la decarbonizzazione dei processi produttivi industriali: risulta dunque di fondamentale importanza, soprattutto in quei settori definiti “hard-to-abate”, ossia difficilmente elettrificabili, che ricoprono più della metà del consumo sopra descritto. Per cercare di dare una risposta concreta a questa necessità e offrire uno strumento in più per raggiungere questi importanti obiettivi, ENEA ha presentato una nuova infrastruttura sperimentale volta a produrre calore per l’industria sfruttando esclusivamente la fonte solare.
L’impianto si va ad aggiungere al vasto campo solare del più grande Centro di Ricerche dell’Agenzia, e va ad arricchire l’offerta di infrastrutture, strumentazioni e tecnologie per la ricerca e lo sviluppo applicativo degli impianti solari a concentrazione. Walter Gaggioli, responsabile della Divisione Solare Termico, Termodinamico e Smart Network di ENEA ci ha aiutato a comprendere meglio come funziona questa nuova tecnologia sperimentale e in che modo la tecnologia del solare a concentrazione possa rappresentare una valida soluzione per ridurre l’utilizzo di combustibili fossili e favorire la transizione ecologica del settore industriale grazie a una progressiva decarbonizzazione dei suoi processi produttivi.
Funzionamento di un impianto solare a concentrazione
Gli impianti solari a concentrazione convertono l’energia solare in calore a medio/alta temperatura utilizzando due principali componenti: il campo solare e il ricevitore. Nel campo solare, il concentratore, costituito da un sistema di specchi mobili, riflette la radiazione solare diretta e la focalizza, aumentandone l’intensità da alcune decine fino ad oltre un migliaio di volte, su un ricevitore, dove avviene la trasformazione dell’energia solare in energia termica. All’interno del ricevitore scorre un fluido termovettore, che assorbe l’energia termica prodotta e permette di trasferirla in altre parti dell’impianto e all’utilizzatore finale.
L’utilizzatore finale può essere un processo endotermico che consuma il calore tale e quale, come negli impianti industriali, e, in questo caso, la tecnologia solare a concentrazione viene denominata CST (Concentrating Solar Thermal), oppure può essere un ciclo di potenza per la conversione del calore in elettricità, e, in questo caso, l’intero sistema è denominato CSP (Concentrating Solar Power).
Caratteristica fondamentale degli impianti solari a concentrazione è la possibilità di includere un sistema di accumulo di energia termica, che ha il compito di assorbire l’eccesso di calore prodotto dal campo solare durante le ore di massimo irraggiamento, permettendo di erogarlo su richiesta all’utilizzatore finale, anche in assenza di sole. A seconda del tipo di concentratore, ricevitore e fluido termovettore, è possibile produrre energia termica a differenti livelli di temperatura. Il tipo di sistema di accumulo di energia termica viene scelto a seconda della temperatura di lavoro, del fluido termovettore e delle caratteristiche dell’utilizzatore finale.
L’infrastruttura sperimentale ENEA-SHIP
L’impianto “SHIP” è stato realizzato all’interno del parco solare a concentrazione del Centro ricerche della Casaccia (Roma) e nasce con lo scopo di testare materiali e componenti innovativi in condizioni reali di funzionamento.
Esso è composto da un collettore solare lineare della lunghezza di 36 m, costituito da 425 specchi (62,5×125 cm), per un totale di circa 330 m2 di superficie riflettente. La temperatura operativa massima raggiunge i 320 °C e, con una potenza termica di circa 200 kW, l’impianto ben si presta oggi allo studio di applicazioni industriali di piccola/media taglia a medio/alta temperatura (>200 °C), un tipo di industria che consuma circa il 50% dell’energia termica richiesta dal settore e per la quale, almeno fino ad oggi, non esistevano soluzioni “green” già consolidate.
Il sistema, come evidenziato nella figura 2, è costituito da un campo solare sperimentale e da un circuito componenti ausiliario. «Il campo solare è composto da un collettore solare lineare di tipo Fresnel della lunghezza di 36 m, costituito da 425 specchi, per un totale di circa 330 m2 di superficie riflettente predisposto per utilizzare sia fluidi termovettori convenzionali, quali oli diatermici come il Therminol 66, che innovativi, come miscele di sali fusi con temperatura di fusione compresa tra 150 e 240°C», spiega Gaggioli.
«Il campo solare è attualmente connesso a un circuito ad olio con una temperatura operativa massima di 320 °C e una potenza termica nominale di circa 200 kW. Tale circuito include una caldaia elettrica (CE), funzionale al preriscaldamento dell’olio diatermico; un buffer (BU), uno scambiatore di processo olio-aria (AE1), che simula i carichi delle utenze finali, soprattutto in termini di temperature operative; un secondo scambiatore di servizio olio-aria (AE2), un vaso d’espansione (VE) pressurizzato con linea di azoto (circa 6 atm) e una pompa centrifuga di rilancio (P), per la circolazione dell’olio diatermico nell’impianto sperimentale.
Il campo solare dell’impianto è inoltre predisposto per essere connesso al circuito ausiliario a sali fusi dell’impianto di prova PCS (Prova Collettori Solari) adiacente all’infrastruttura. L’impianto di prova PCS è una infrastruttura sperimentale, operativa dal 2003, dedita allo studio dell’impiego dei sali fusi come fluido termovettore nella tecnologia solare dei collettori parabolici lineari per impianti CSP dedicati alla produzione di energia elettrica. L’impianto PCS, – conclude Gaggioli – è in grado di operare fino ad una temperatura massima di 550°C».
Come riportatoci dall’ENEA, facendo riferimento al contesto nazionale, i settori industriali con i più significativi fabbisogni termici sono quello alimentare, quello tessile e quello chimico. In questi ambiti applicativi, gli impianti solari a concentrazione potranno fornire calore per la produzione di vapore ad alta pressione e potranno altresì essere utilizzati per operazioni di essiccazione, evaporazione e distillazione, pastorizzazione, sterilizzazione, cottura, fusione, verniciatura e trattamenti superficiali.
Le attuali attività sperimentali dell’impianto ENEA-SHIP sono dunque principalmente finalizzate a promuovere l’applicazione della tecnologia CST a questo settore di mercato, che richiede calore a temperatura medio e bassa (<400°C). L’obiettivo della ricerca sull’impianto sperimentale è quello di inserire questa tecnologia all’interno dei processi industriali sopradescritti, fornendo all’industria componenti modulari, espandibili e facilmente integrabili.
«Nel futuro, si prevede di modificare il circuito realizzando la connessione con l’impianto PCS. La nuova connessione consentirà di sperimentare nuove soluzioni tecniche volte all’incremento dell’efficienza e del profilo ambientale della tecnologia CST, oltre che alla riduzione dei costi di installazione e di manutenzione. In particolare, verrà studiato l’utilizzo di nuovi fluidi termovettori, maggiormente ecocompatibili e stabili a più alte temperature rispetto agli olii diatermici, quali le miscele di sali fusi basso fondenti. Ciò consentirà di estendere il campo di applicazione del circuito sperimentale ENEA-SHIP ad applicazioni ad alta temperatura (fino a 550°C), coprendo anche settori industriali “hard to abate”, e di arricchire il portafoglio delle soluzioni tecniche rese disponibili per l’industria».