La protezione delle acque di falda

“Acque sotterranee: rendere visibile l’invisibile” è stato il tema della Giornata mondiale dell’acqua di quest’anno. In tale occasione, sono stati pubblicati due studi: il primo, da parte dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, fornisce una panoramica della condizione e del quadro legislativo delle acque sotterranee nell’UE; il secondo, elaborato da Legambiente, si focalizza sulla situazione di questi corpi idrici in Italia e propone una road map con tre proposte per preservarli. Le acque sotterranee – rileva lo studio dell’Aea – immagazzinano quasi un terzo delle risorse globali di acqua dolce e, nell’UE, forniscono il 65% dell’acqua potabile (per un prelievo di  circa 38 miliardi di m3 all’anno) e il 25% dell’acqua per l’irrigazione agricola.

La qualità delle falde è però seriamente minacciata dall’inquinamento di sostanze chimiche, dell’eccessiva estrazione di acqua e dagli effetti del cambiamento climatico. L’inquinamento delle acque sotterranee – lamenta lo studio – comporta costi significativi che derivano dalla denitrificazione dell’acqua, dalla rimozione dei pesticidi e dalla miscelazione con acqua più pulita. L’eccessiva estrazione di acqua dalle falde acquifere costiere d’acqua dolce può determinare l’intrusione salina nell’acqua di mare sottostante e quindi aumentare il costo del trattamento o rendere la falda inutilizzabile per decenni. I cambiamenti climatici possono a loro volta influenzare la qualità delle acque sotterranee, a causa delle interdipendenze tra inquinamento, eccessiva estrazione e stress idrico.

Lo stress idrico colpisce già ogni anno in media il 20% del territorio europeo e il 30% della popolazione europea, provocando danni economici fino a 9 miliardi di euro all’anno e danni aggiuntivi, non quantificati, agli ecosistemi e ai loro servizi. A fronte di tale scenario, l’Agenzia sollecita azioni sempre più incisive da parte dell’UE sulla protezione delle acque sotterranee.

La gestione integrata a livello di bacino idrografico – sostiene lo studio –  è fondamentale per garantire la sostenibilità delle risorse idriche sotterranee. La direttiva quadro sulle acque fornisce una strategia globale per gestire le acque superficiali e sotterranee europee in modo sostenibile, Per le acque sotterranee, si pone l’obiettivo di raggiungere un buono stato quantitativo e chimico. La direttiva figlia sulle acque sotterranee stabilisce obiettivi ambientali più dettagliati in materia di inquinamento chimico (UE 2014).

Attraverso una serie di nuove strategie e politiche, il Green Deal europeo (EC 2019) – continua l’Aea – ha ribadito la necessità di gestire le risorse idriche in modo sostenibile e affrontare l’inquinamento chimico e lo stress idrico, per garantire acqua sufficiente e di buona qualità per l’ambiente e le persone. La strategia dell’UE sulla biodiversità (EC 2020b) e la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici (EC 2021a) sottolineano la necessità di preservare i flussi ecologici e regolare l’estrazione delle acque sotterranee. Il piano d’azione inquinamento zero (CE 2021b), la strategia dal produttore alla tavola (CE 2020a), la strategia tematica del suolo (CE 2006) e la direttiva riveduta sul trattamento delle acque reflue urbane (CE 1991) – conclude lo studio – dovrebbero fornire strumenti aggiuntivi per gestire le emissioni e le vie di ingresso dei contaminanti nelle acque sotterranee.

Il dossier di Legambiente “Acque sotterranee. Il necessario è invisibile agli occhi” ricorda innanzitutto che in Italia le acque sotterranee sono le più utilizzate per l’approvvigionamento di acqua (84,8%; più di 7,8 miliardi di m3 nel 2018), seguite da prelievi in acque superficiali e una minima parte di prelievi da acque marine o salmastre. Il valore medio di prelievo di acqua a livello nazionale è di 419 L/ab/giorno.

Passando all’aspetto qualitativo, il dossier evidenzia che dal Rapporto “European Waters 2018” emerge che un terzo delle falde acquifere nel nostro Paese è in pessime condizioni e solo il 58% delle acque sotterranee sono in buono stato, contro il 74% di media dell’UE. Si rileva quindi uno status chimico inferiore alla media europea. Il 25% dei corpi idrici sotterranei è considerato scarso, mentre il 17% ancora non è stato classificato. A parere di Legambiente, il primo passaggio fondamentale per migliorare la situazione è il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE) che impone agli Stati membri, entro il 2027 il conseguimento del buono stato qualitativo e quantitativo dei corpi idrici. Seconda priorità è la necessaria pianificazione degli usi dell’acqua, per prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo dei corpi idrici: necessario un monitoraggio costante per riuscire ad avere una visione d’insieme sull’impatto che la “somma” delle singole attività di scarico, prelievo, rilascio genera sulla risorsa idrica di un territorio. Infine, la messa al bando nella produzione e nella commercializzazione di quelle sostanze inquinanti, persistenti e bioaccumulabili che stanno generando problemi di tipo ambientale e sanitario in alcune parti del Paese. Un caso emblematico – conclude il dossier –  è quello dei Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche, che hanno contaminato alcune porzioni delle falde del Veneto e del Piemonte, ma che si stanno ritrovando anche in numerose parti d’Italia.