Qualità dell’aria domestica e Covid 19

Nei periodi di emergenza sanitaria, le abitazioni diventano gli ambienti maggiormente occupati dalle persone, sia per le limitazioni imposte agli spostamenti esterni, che per le insolite attività che si possono svolgere nel loro interno (smart working, didattica on line, webinar, ecc.). Per contrastare una pandemia e tutelare la salute di cittadini e lavoratori, assume una rilevanza essenziale il garantire la qualità dell’aria indoor.

di Ing. Giacomino Redondi

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le malattie trasmissibili più diffuse al mondo sono le infezioni respiratorie (Household air pollution and Healt 2018).

Queste infezioni, originate da esposizioni batteriche o virali, si possono trasmettere con diverse modalità:

  • per contatto diretto con persona infetta;
  • per contatto indiretto su una superficie contaminata;
  • per inalazione di particelle secretorie liquide (saliva, muco) emesse nel parlare, con la tosse e gli starnuti;
  • per inalazione di particelle solide come polveri di origine animale, vegetale, minerale o derivate dall’essicamento delle secrezioni.

Inoltre, i fattori che influenzano la sopravvivenza dei microrganismi nell’aria sono essenzialmente:

  • resistenza propria del batterio;
  • temperatura e umidità relativa dell’aria;
  • composizione dell’aerosol;
  • affollamento ambientale.

Nell’atmosfera libera i microrganismi sono presenti in densità relativamente bassa, essendo sottoposti a meccanismi di autodepurazione (azione della luce solare e dell’ossigeno, essicamento). Viceversa, in determinate condizioni, quali possono verificarsi soprattutto negli ambienti chiusi, l’aria può essere considerata un autentico serbatoio di germi attivi.

In particolare, le abitazioni rappresentano ambienti alquanto esposti alle contaminazioni, sia per il maggior tempo che vi trascorrono i residenti, che per la possibilità di avere contatti ravvicinati con persone anche estranee all’ambito familiare ( amici, parenti, ecc.).

È quindi necessario rivolgere una particolare attenzione alle caratteristiche di qualità dell’aria indoor, perché contribuiscono in modo determinante a definire lo stato di salute delle persone presenti negli spazi confinati.

AMBIENTE DOMESTICO 

La qualità dell’aria negli ambienti interni assume, direttamente o indirettamente, un ruolo di primo piano in ambito sanitario, specie in periodi di pandemia come quello attuale.

L’esposizione all’inquinamento indoor è infatti spesso prevalente rispetto all’aria esterna in quanto, oltre ad essere condizionata da quest’ultima, viene acuita dalla presenza di sorgenti di contaminanti tipici degli ambienti confinati.

Le conseguenze originate da una cattiva qualità dell’aria domestica determinano infatti, una maggior incidenza di polmoniti, infezioni respiratorie croniche acute, infarti, disturbi cardiovascolari e reazioni allergiche respiratorie.

Oltre alle patologie più serie conseguenti all’esposizione ad aria interna contaminata a lungo termine, l’inquinamento indoor è anche responsabile di sintomatologie più aspecifiche caratterizzate da effetti a breve termine.

A questa categoria appartengono due particolari sindromi, oggetto di numerosi studi in questi anni: la sindrome da edificio malato (Sick Building Syndrome – SBS) e la sindrome da sensibilità chimica multipla (Multiple Chemical Sensitivity – MCS).

Le sostanze in grado di deteriorare la qualità dell’aria in un ambiente domestico, si possono distinguere nei seguenti termini essenziali:

  • inquinanti chimici;
  • inquinanti biologici;
  • inquinanti fisici.

È noto che questi composti provengono in parte dall’ambiente esterno (inquinamento atmosferico, pollini, ecc.), ma una aliquota nettamente superiore è originata da fonti interne come gli occupanti stessi (persone, animali domestici), le polveri, le strutture, i materiali edili, gli arredi, gli impianti.

Le sostanze in grado di deteriorare la qualità dell’aria in un ambiente domestico, provengono in parte dall’ambiente esterno, ma una parte considerevole è originata da fonti interne

Gli studi condotti in questi ultimi decenni, oltre a confermare la presenza di sostanze inquinanti negli ambienti confinati, ne hanno documentato un sensibile incremento in termini sia qualitativi che quantitativi.

I nuovi criteri tecnico-progettuali degli edifici ad uso civile, particolarmente indirizzati al contenimento dei consumi energetici, hanno imposto un netto miglioramento dell’isolamento termico dell’involucro edilizio con conseguente spinta a sigillare gli ambienti interni.

Alle trasformazioni strutturali degli edifici si sono accompagnate rilevanti modifiche anche degli arredi (nuovi materiali per mobili, rivestimenti, ecc.), che hanno accentuato la carica della miscela di inquinanti presenti nell’aria.

La concentrazione di tali sostanze può variare nel tempo, essendo funzione della natura della relativa sorgente, del sistema di ventilazione adottato, delle abitudini e delle attività svolte dagli occupanti negli ambienti interni.

LA DIFFUSIONE DEL CORONAVIRUS

I coronavirus (CoV) sono un’ampia famiglia di virus respiratori, che possono causare malattie da lievi a moderate, dal comune raffreddore a sindromi respiratorie come la MERS (sindrome respiratoria medio-orientale) e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave).

Il virus responsabile dell’epidemia attuale è un nuovo ceppo di coronavirus, mai identificato nel passato nell’uomo.

Il rischio di contagio da virus respiratori in un luogo chiuso, come già accennato è determinato essenzialmente dall’entità della concentrazione di particelle infettive emesse dalle persone. Alle ormai famose “droplets”, goccioline emesse ad esempio tossendo, starnutendo, parlando con enfasi ed intercettate per contatto personale diretto o toccando con le mani contaminate (non ancora lavate) bocca, naso, occhi, si aggiungono anche gli aerosol, ovvero le particelle microscopiche emesse con il semplice respiro.

Il SARS-COV 2 non sembra essere particolarmente sensibile alla stagionalità: come è stato appurato in varie parti del mondo, nella stagione estiva l’epidemia non si è fermata, come auspicato e confidato da vari soggetti, ma si è semplicemente attenuata.

La ripresa avvenuta nello scorso autunno, è stata agevolata dagli effetti di due fattori essenziali:

  • la variazione dei parametri fisici ambientali, in particolare la temperatura e l’umidità;
  • la modifica del comportamento umano, per la maggiore frequentazione di spazi confinati.

TEMPERATURA E UMIDITÀ

 La combinazione di basse temperature e bassa umidità, crea un ambiente ideale per la diffusione di infezioni virali.

Un importante studio epidemiologico ha analizzato i dati raccolti in tre decenni negli Stati Uniti continentali, dimostrando che una diminuzione dell’umidità assoluta o relativa nell’aria, è strettamente correlata ad una maggiore trasmissione virale tramite aerosol.

In condizioni di scarsa umidità relativa (inferiore al 25%), l’acqua presente nelle droplets e nell’aerosol emessi dalle persone evapora rapidamente, determinando la diminuzione della dimensione dell’aggregato “virus + fluido respiratorio”.

Grado di infettività dei virus polmonari in relazione all’umidità relativa interna

Le particelle così ridotte in grandezza e peso, possono rimanere in sospensione per un tempo maggiore negli ambienti indoor, per cui le persone presenti hanno maggiori probabilità di inalarle e di infettarsi.

Viceversa, quando l’aria ha un’umidità relativa compresa tra il 40% ed il 60%, le droplets assorbono l’acqua presente nell’aria stessa aumentando di dimensione e peso. Tale fenomeno determina la precipitazione delle particelle sulle superfici di oggetti, mobili e pavimenti, normalmente entro 1 – 2 metri dalla fonte.

Diminuisce quindi il pericolo della trasmissione diretta dei virus, ma viene favorita quella indiretta (mano-bocca, mano-occhi).

Varie ricerche relative a questi aspetti, confermano i suddetti fenomeni anche per il SARS-COV 2, specificando altresì che in condizioni di elevata umidità relativa (superiore a 80%) o di temperature superiori a 30 °C e con qualunque tasso umido dell’aria, il virus è inattivo.

UMIDIFICAZIONE DELL’ARIA

Mantenere il livello di umidità relativa nel range 40% – 60% unitamente ad una temperatura ambiente compresa tra 20 °C e 22 °C, è, come noto, tra le principali condizioni alla base del benessere termico ambientale.

Negli ambienti di civile abitazione, in qualunque modo riscaldati con le tecniche attuali, nella stagione invernale si pone il problema della umidificazione dell’aria.

Nei classici impianti con corpi scaldanti statici, presenti nella quasi totalità degli edifici abitativi realizzati fino a qualche decennio fa, i terminali (radiatori) vengono tradizionalmente corredati con umidificatori/vaschette in ceramica riempiti d’acqua, in modo da sfruttare il fenomeno dell’evaporazione, ovvero del passaggio dallo stato liquido allo stato di vapore che avviene solo alla superficie del liquido.

Tale processo è tanto più rapido quanto maggiore è la temperatura, arrestandosi solo quando tutto il liquido è evaporato.

Chiaramente il tasso umido conseguibile in ambiente dipende dall’entità della superficie liquida esposta all’aria, dalla temperatura dell’aria, e dalla temperatura media del corpo scaldante. La tendenza attuale a realizzare impianti con radiatori funzionanti a bassa temperatura, penalizza in modo significativo il meccanismo di evaporazione e quindi l’efficacia di tali dispositivi.

In ogni caso il limitato apporto di acqua evaporata nell’aria ambiente, unitamente all’impossibilità di modulare il tasso umido complessivo su un prestabilito livello, rende il sistema poco consono alle esigenze odierne di igienicità e benessere termico ambientale.

I sistemi di riscaldamento a pannelli radianti trovano crescente applicazione sia nelle nuove costruzioni che nelle ristrutturazioni, in virtù del risparmio energetico conseguibile e di una migliore distribuzione del calore negli ambienti.

Anche in questo caso si pone il problema di mantenere un corretto livello dell’umidità relativa dell’aria ambiente, sebbene le situazioni siano generalmente meno rilevanti rispetto agli impianti con radiatori, in quanto i sistemi radianti mantengono la temperatura dell’aria, a valori leggermente inferiori a quelli conseguibili in regimi equivalenti con corpi scaldanti statici.

È opportuno rilevare altresì che fino a tempi relativamente recenti, la ventilazione meccanica controllata ha avuto scarsa considerazione; solo in questi ultimi anni sta acquisendo la dovuta attenzione ed applicazione, la sua configurazione più completa ed efficace, ovvero a doppio flusso e con recupero del calore sensibile ed entalpico.

Nelle suddette circostanze il controllo dell’umidità negli ambienti residenziali, può essere assolto efficacemente mediante l’impiego di umidificatori locali dotati di umidostato.

UMIDIFICAZIONE DIRETTA ISOTERMICA

 Consiste nell’immissione in ambiente di vapore acqueo generato per ebollizione dell’acqua.

Poiché la massa di vapore introdotta nei locali interessati è nettamente inferiore a quella dell’aria che la assorbe, questa tecnologia provoca un modesto incremento della temperatura dell’aria.

Dove l’igiene è una priorità, l’utilizzo del vapore è la soluzione preferenziale, in quanto è completamente sterile e non trasporta particelle solide. È un sistema caratterizzato da elevati consumi energetici e l’utilizzo richiede una certa attenzione, per evitare possibili pericoli per ustioni.

Umidificatore ad elettrodi immersi

Sfrutta la leggera conduttività elettrica dell’acqua potabile, per la presenza in essa di sali minerali disciolti.

L’umidificatore ad elettrodi immersi, sfrutta la conduttività elettrica dell’acqua potabile, determinata dalla presenza di sali minerali disciolti (Carel)

Applicando quindi una tensione a degli elettrodi metallici immersi nell’acqua, si ottiene un passaggio di corrente elettrica che la riscalda per effetto Joule fino all’ebollizione, con relativa produzione di vapore.

La quantità di vapore prodotta è proporzionale alla corrente elettrica generata, la quale a sua volta dipende dalla massa d’acqua coinvolta. Misurando l’intensità della corrente mediante un trasformatore amperometrico, e il livello dell’acqua tramite un’elettrovalvola di riempimento, è possibile modulare, anche se in modo grossolano, l’entità della corrente e quindi la produzione di vapore.

Poiché il vapore non trasporta i sali minerali, l’acqua contenuta nel serbatoio cilindrico della macchina aumenta la propria concentrazione salina, fino diventare potenzialmente corrosiva. Con il tempo il calcare comunque si deposita occupando parte del cilindro, che deve essere periodicamente pulito o sostituito.

 Umidificatore a resistenze elettriche

In questi dispositivi si impiega il trasferimento di calore da un elemento caldo (resistenza elettrica) al liquido. Non sfruttando la conducibilità elettrica dell’acqua, possono funzionare con acqua demineralizzata; questa possibilità determina una minima formazione di calcare e quindi una manutenzione periodica molto meno impegnativa rispetto alla tecnica con elettrodi immersi.

Per evitare il surriscaldamento gli elementi resistivi devono essere costantemente immersi nell’acqua, per cui è necessaria la presenza di opportuni sensori di livello i quali, oltre a garantire la completa immersione delle resistenze, tutelano l’integrità dei componenti allo stato solido che dosano la quantità di calore ceduta all’acqua, in modo da regolare con precisione la portata di vapore.

Tali peculiari esigenze di sicurezza rendono le macchine a resistenze alquanto complesse, per cui è richiesta una qualità progettuale di un certo livello.

UMIDIFICAZIONE DIRETTA ADIABATICA

 L’umidificazione adiabatica genera l’evaporazione diretta dell’acqua nell’aria, assorbendo il calore necessario dall’aria stessa, che conseguentemente si raffredda.

Producendo gocce d’acqua quanto più piccole possibile, si realizza un’ampia superficie di interfaccia tra l’aria e l’acqua allo stato liquido, sulla quale si forma un sottile strato di vapor saturo, ad una pressione parziale pari a quella di saturazione del liquido alla sua temperatura.

Se l’acqua ha una temperatura superiore a quella di rugiada dell’aria e l’aria non è satura, si crea un gradiente di pressione tra il vapor saturo superficiale e quello parziale nell’aria, che alimenta la progressiva evaporazione del liquido a spese del calore sensibile dell’aria e dell’acqua.

I principali vantaggi di questa tecnologia si possono riassumere nei seguenti termini:

  • consumo di energia molto contenuto, essendo limitato al solo meccanismo di produzione delle microgocce d’acqua;
  • minima manutenzione, se l’alimentazione è effettuata con acqua demineralizzata;
  • funzionamento silenzioso;
  • assenza di pericoli per ustioni.

 Umidificatori ad ultrasuoni

Sono ordinariamente costituiti da un piccolo serbatoio di accumulo dell’acqua, e da trasduttori piezoelettrici posizionati nella parte inferiore del serbatoio stesso.

Tipico umidificatore domestico ad ultrasuoni. L’igienicità del dispositivo è garantita dall’utilizzo di acqua demineralizzata e di materiali compatibili con questo liquido di lavoro (Foshan Smillon)

La superficie del trasduttore oscilla ad una velocità altissima provocando sull’acqua un fenomeno di cavitazione, per effetto del quale l’acqua viene finemente nebulizzata ed assorbita dal flusso di aria ambiente.

Relativamente alla sicurezza igienica, i moderni sistemi ad ultrasuoni di alta qualità hanno superato i problemi sollevati nel passato, per il fatto che veniva utilizzata acqua non trattata e ricircolata acqua stagnante, soggetta quindi a possibili proliferazioni batteriche.

La nuova generazione di umidificatori ad ultrasuoni, oltre ad utilizzare acqua opportunamente demineralizzata, utilizza materiali compatibili con questo particolare liquido, evita il ristagno al termine del ciclo di umidificazione, e tramite un controllo elettronico esegue periodici cicli di lavaggio in caso di inattività del sistema.

CONCLUSIONI

La comparsa di nuovi virus, patogeni per gli esseri umani, è un fenomeno che la civiltà attuale dovrà essere pronta ad affrontare nel prossimo futuro, sia con azioni comportamentali dei singoli, che con il mantenimento di adeguate condizioni igieniche degli spazi abitativi.

Il semplice controllo dell’umidità relativa negli spazi confinati, parametro poco considerato fino a poco tempo indietro, costituisce un concreto sostegno per contrastare le epidemie virali.

A questo si unisce anche l’effetto che può avere una corretta ventilazione degli ambienti che, nella stragrande maggioranza delle costruzioni esistenti è fortemente deficitaria, ma questo è un capitolo che merita di essere affrontato in modo più puntuale.