Decreto 37/08: il progetto al centro

Sono passati più di 10 anni dall’emanazione del Decreto 37/08. Per progettisti e installatori di impianti si tratta di un’occasione per analizzare contenuti e obblighi di un riferimento legislativo fondamentale, purtroppo spesso trascurato. 

Emanato nel 2008 in sostituzione della Legge 46/90, il Decreto 37 è solitamente associato all’installazione degli impianti e quindi non viene considerato di competenza dei progettisti. Questa errata interpretazione deriva in primo luogo dal titolo del decreto che in effetti parla di “riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici”. In realtà esso rappresenta un punto di riferimento fondamentale per quanto riguarda la centralità del progetto e la definizione delle responsabilità di committenti, progettisti e installatori.

L’ambito di applicazione è definito nell’articolo 1 che definisce come il D.M. si riferisca a tutti gli impianti posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla destinazione d’uso, collocati all’interno degli stessi o delle relative pertinenze. Il decreto ha quindi ampliato il campo di utilizzo rispetto alla 46/90 che si riferiva unicamente agli impianti elettrici.

Ne consegue che le regole dettate dal decreto devono ritenersi applicabili, indistintamente, agli impianti posti al servizio e/o collocati all’interno degli edifici ad uso residenziale, commerciale/produttivo e/o direzionale. Se l’impianto è connesso a reti di distribuzione esso si applica a partire dal punto di consegna della fornitura.

La tabella 1 riporta le tipologie di impianti oggetto del decreto indicati al comma 2 dell’articolo 1.

L’applicazione del decreto in alcuni casi ha presentato una serie di dubbi interpretativi: per tale motivo il Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) ha pubblicato un aggiornamento della raccolta di pareri che chiariscono e approfondiscono alcuni aspetti e problematiche applicative. E’ stato ad esempio chiarito che il decreto trova applicazione, oltre che agli impianti a servizio degli edifici, anche a quelli a servizio delle attività “di processo, commerciali e terziarie” che si svolgono all’interno di edifici. Conseguentemente l’attività in sede di installazione di impianti di refrigerazione per supermercati non può essere esonerata dall’applicazione della norma. Il MiSE ha inoltre chiarito che l’installazione di contabilizzatori e valvole termostatiche deve considerarsi rientrante in quella di installazione dell’impianto di riscaldamento.

TAB 1 Impianti oggetto del Decreto 37/08.

a) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere
b) impianti radiotelevisivi, le antenne e gli impianti elettronici in genere
c) impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali
d) impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie
e) impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di

evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali

f) impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili
g) impianti di protezione antincendio (impianti di alimentazione di idranti, gli impianti di estinzione di tipo automatico e manuale, impianti di rilevazione di gas, di fumo e d’incendio

 

Abilitazione delle imprese e requisiti tecnico-professionali

Gli articoli 3 e 4 definiscono i requisiti per le imprese installatrici. Esse sono abilitate all’esercizio delle attività se l’imprenditore individuale o il legale rappresentante ovvero il responsabile tecnico da essi preposto con atto formale, è in possesso dei requisiti professionali che sono, in alternativa, uno dei seguenti:

  • Diploma di laurea in materia tecnica specifica.
  • Diploma di tecnico superiore.
  • Diploma o qualifica conseguita al termine di scuola secondaria del secondo ciclo con specializzazione relativa al settore delle attività di cui all’articolo 1, seguito da un periodo di inserimento, di almeno 2 anni continuativi, alle dirette dipendenze di un’impresa del settore.
  • Titolo o attestato conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale, previo un periodo di inserimento, di almeno 4 anni consecutivi, alle dirette dipendenze di un’impresa del settore.
  • Prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di un’impresa abilitata nel ramo di attività cui si riferisce la prestazione, per un periodo non inferiore a 3 anni, con qualifica di operaio specializzato nelle attività di installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1.

Va evidenziato il fatto che il responsabile tecnico può svolgere tale funzione per una sola impresa e la sua qualifica all’interno dell’impresa è incompatibile con ogni altra attività continuativa. Tale incompatibilità concerne esclusivamente l’ambito dell’impresa presso la quale il professionista è eventualmente chiamato a ricoprire l’incarico di responsabile tecnico. Ne consegue che, al di fuori dell’impresa nel quale il professionista eventualmente ricopre tale incarico, egli può espletare qualunque altra attività, ivi inclusa la libera professione nei limiti delle prescrizioni di legge e di contratto.

La centralità del progetto

L’articolo 5 “Progettazione degli impianti” afferma che deve essere redatto un progetto per l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento di tutte le tipologie di impianti riportati nella tabella 1, con la sola eccezione degli impianti di sollevamento.

La legge definisce quindi il progetto come fase fondamentale e imprescindibile prima dell’installazione degli impianti, di qualsiasi taglia essi siano.

Lo stesso articolo 5 definisce inoltre la figura professionale che deve sviluppare il progetto. Fatta salva l’osservanza delle normative più rigorose in materia di progettazione, per le tipologie di impianti indicati al comma 2 dell’articolo, e riportati nella tabella 2, questa figura deve essere un professionista iscritto negli albi professionali secondo la specifica competenza tecnica richiesta. Per le tipologie di impianti non indicati nella tabella il progetto può essere redatto, in alternativa, dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice.

Con riferimento a tale distinzione, per quanto riguarda gli impianti di riscaldamento la discriminante è costituita dalla portata termica superiore a 50 kW e dall’adozione di canne fumarie collettive ramificate, mentre per quelli di climatizzazione il progetto del professionista è richiesto per impianti con potenza frigorifera maggiore di 40.000 frigorie/h (pari a 46,5 kW). Non sono inoltre citati gli impianti idrosanitari ritenuti evidentemente meno impegnativi degli altri.

Tali disposizioni lasciano alquanto perplessi. Innanzitutto è discutibile il fatto che il “progetto” possa avere contenuti diversi a seconda che esso sia redatto dal professionista o dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice. I due documenti dovrebbero inoltre essere denominati dal legislatore in maniera differente, definendo “progetto” soltanto quello predisposto dal professionista tecnico abilitato ed iscritto all’albo, mentre quello elaborato dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice (il quale può anche essere solo un operaio di “esperienza” ma privo di formazione tecnica) dovrebbe essere denominato, più opportunamente, “schema tecnico”.

In secondo luogo sembrano troppo elevate le soglie dimensionali al di sotto dei quali non è obbligatoria la redazione del progetto (inteso come elaborato predisposto esclusivamente da un professionista tecnico abilitato e iscritto all’albo e i cui contenuti minimi sono definiti sempre dall’articolo 5 del decreto). La predisposizione di un elaborato (schema tecnico) da parte del responsabile dell’impresa installatrice dovrebbe essere possibile esclusivamente per impianti di ridottissima taglia, con bassissime implicazioni di salute e sicurezza.

Poco comprensibile è inoltre la ratio dell’esclusione dei soli impianti idrici e sanitari dalle competenze esclusive del professionista iscritto all’albo. E’ da notare che il responsabile tecnico dell’impresa può redigere progetti degli impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie se in possesso di un titolo di studio tecnicamente idoneo.  A tale proposito si pensi ai requisiti di salute e sicurezza connessi agli impianti di climatizzazione e ventilazione anche di piccola taglia a servizio di residenze ed uffici, come pure alle problematiche legate al rischio di formazione e proliferazione della Legionella negli impianti idrosanitari.

Dato che da tempo da parte degli ordini professionali si chiede un aggiornamento del decreto, è auspicabile che queste limitazioni ed esclusioni vengano eliminate, ovvero che per tutte le tipologie e taglie di impianto sia obbligatorio il progetto redatto da un professionista.

TAB 2 Tipologie di impianti che richiedono un progetto sviluppato da un professionista iscritto negli albi professionali.

a) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), per tutte le utenze condominiali e per utenze domestiche di singole unità abitative aventi potenza impegnata superiore a 6 kW o per utenze domestiche di singole unità abitative di superficie superiore a 400 m2
b) impianti elettrici realizzati con lampade fluorescenti a catodo freddo, collegati ad impianti elettrici, per i quali è obbligatorio il progetto e in ogni caso per impianti di potenza complessiva maggiore di 1200 VA resa dagli alimentatori
c) impianti di cui all’all’articolo 1, comma 2, lettera a), relativi agli immobili adibiti ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi, quando le utenze sono alimentate a tensione superiore a 1000 V, inclusa la parte in bassa tensione, o quando le utenze sono alimentate in bassa tensione aventi potenza impegnata superiore a 6 kW o qualora la superficie superi i 200 m2
d) impianti elettrici relativi ad unità immobiliari provviste, anche solo parzialmente, di ambienti soggetti a normativa specifica del CEI, in caso di locali adibiti ad uso medico o per i quali sussista pericolo di esplosione o a maggior rischio di incendio, nonché per gli impianti di protezione da scariche atmosferiche in edifici di volume superiore a 200 m2
e) impianti di cui all’all’articolo 1, comma 2, lettera b), relativi agli impianti elettronici in genere quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di progettazione
f) impianti di cui all’all’articolo 1, comma 2, lettera c), dotati di canne fumarie collettive ramificate, nonché impianti di climatizzazione per tutte le utilizzazioni aventi una potenzialità frigorifera pari o superiore a 40.000 frigorie/ora
g) impianti di cui all’all’articolo 1, comma 2, lettera e), relativi alla distribuzione e utilizzazione di gas combustibili con portata termica superiore a 50 kW o dotati di canne fumarie collettive ramificate, o impianti relativi a gas medicali per uso ospedaliero e simili, compreso lo stoccaggio
h) impianti di cui all’all’articolo 1, comma 2, lettera g), se sono inseriti in un’attività soggetta al rilascio del certificato prevenzione incendi e, comunque, quando gli idranti sono in numero pari o superiore a 4 o gli apparecchi di rilevamento sono in numero pari o superiore a 10.

 

La regola dell’arte e il contenuto del progetto

Sempre l’articolo 5 introduce un concetto fondamentale, anche e soprattutto ai fini della definizione della responsabilità legale, ovvero la regola dell’arte.

Al comma 3 si afferma che i progetti degli impianti devono essere elaborati secondo la regola dell’arte e si possono considerare tali i progetti elaborati in conformità alla vigente normativa e alle indicazioni delle guide e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri enti di normalizzazione appartenenti agli stati membri dell’Unione Europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio economico europeo.

Il comma 4 definisce invece che i progetti debbano contenere almeno i seguenti documenti:

  • Schemi dell’impianto.
  • Disegni planimetrici.
  • Relazione tecnica sulla consistenza e sulla tipologia dell’installazione, della trasformazione o dell’ampliamento dell’impianto stesso.
  • Specifiche tecniche relative a tipologia e caratteristiche dei materiali e componenti da utilizzare e alle misure di prevenzione e di sicurezza da adottare.

Come specificato al comma 5, se l’impianto a base di progetto è variato in corso d’opera, il progetto presentato dall’impresa installatrice deve essere integrato con la necessaria documentazione tecnica attestante le varianti, alle quali, oltre che al progetto, l’installatore è tenuto a fare riferimento nella dichiarazione di conformità.

Infine al comma 6 si prescrive che il progetto deve essere depositato presso lo sportello unico per l’edilizia del comune in cui deve essere realizzato l’impianto.

Realizzazione e installazione degli impianti

In base a quanto indicato all’articolo 6, l’impresa installatrice deve realizzare gli impianti secondo la regola dell’arte, in conformità alla normativa vigente, e risulta responsabile della corretta esecuzione degli stessi. Come visto per il progetto, si considerano eseguiti secondo la regola dell’arte gli impianti realizzati in conformità alle norme UNI, CEI o di altri enti appartenenti agli stati membri dell’Unione Europea.

E’ da evidenziare l’obbligo per le imprese installatrici di affiggere un cartello, all’inizio dei lavori per la costruzione o ristrutturazione dell’edificio contenente gli impianti da installare, da cui debbono risultare i propri dati identificativi e il nome del progettista dell’impianto o degli impianti, nei casi in cui il progetto debba essere obbligatoriamente redatto da un professionista.

La dichiarazione di conformità (DICO)

Il decreto 37/08 è per lo più noto agli installatori per l’obbligo di presentazione al termine dei lavori della DICO, come viene solitamente definita la dichiarazione di conformità. Ma conforme a che cosa?

L’articolo 7 del decreto prescrive che, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell’impianto, l’impresa installatrice rilascia al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui allarticolo 6. Di tale dichiarazione, resa sulla base del modello riportato in figura 1, fanno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati, nonché il progetto.

Fig. 1 – La dichiarazione di conformità deve essere resa dall’installatore utilizzando l’apposito modello debitamente compilato e accompagnato dagli allegati obbligatori.

 

Come è possibile notare, nel modello l’impresa dichiara esplicitamente di aver eseguito il progetto redatto dal professionista il cui nome deve essere riportato nell’apposito spazio.

Nei casi in cui il progetto viene redatto dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice l’elaborato tecnico è costituito almeno dallo schema dell’impianto da realizzare, inteso come descrizione funzionale ed effettiva dell’opera da eseguire eventualmente integrato con la necessaria documentazione tecnica attestante le varianti introdotte in corso d’opera.

In caso di rifacimento parziale di impianti, il progetto, la dichiarazione di conformità e l’attestazione di collaudo ove previsto, si riferiscono alla sola parte degli impianti oggetto dell’opera di rifacimento, ma tengono conto della sicurezza e funzionalità dell’intero impianto. Nella dichiarazione di cui al comma 1 e nel progetto di cui all’articolo 5, è espressamente indicata la compatibilità tecnica con le condizioni preesistenti dell’impianto.

In caso di mancata consegna della dichiarazione di conformità, una volta ultimata l’opera, ovvero di un mancato riscontro in concreto di quanto in essa attestato (nel caso, ad esempio, di mancato funzionamento dell’impianto per ragioni non riconducibili al caso fortuito o alla forza maggiore) sussistono gli estremi dell’inadempimento contrattuale da parte dell’impresa. In questo caso il committente può agire in giudizio per la risoluzione del contratto e la richiesta di risarcimento del danno eventualmente subito.

La dichiarazione di rispondenza (DIRI)

Sempre l’articolo 7 al comma 6 prescrive che, nel caso in cui la dichiarazione di conformità non sia stata prodotta o non sia più reperibile, tale atto è sostituito, per gli impianti eseguiti prima dell’entrata in vigore del decreto, ovvero prima del 2008, da una dichiarazione di rispondenza, resa da un professionista iscritto all’albo professionale per le specifiche competenze tecniche richieste, che ha esercitato la professione per almeno 5 anni nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione, sotto la sua personale responsabilità̀. La dichiarazione di rispondenza deve essere resa a seguito dell’effettuazione di un sopralluogo e di accertamenti.

Anche in questo caso, per gli impianti non ricadenti nel campo di applicazione dell’articolo 5, comma 2, la dichiarazione può essere resa da un soggetto che ricopre, da almeno 5 anni, il ruolo di responsabile tecnico di un’impresa abilitata operante nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione.

Il Mi.SE ha chiarito che il D.M.37/08 consente di ricorrere alla dichiarazione di rispondenza solo per sanare la mancanza di documentazione certificativa relativa a impianti eseguiti prima della sua entrata in vigore. Per gli impianti eseguiti successivamente a tale data, in caso di mancanza della dichiarazione di conformità è invece possibile ricorrere solamente a quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, relativamente al rifacimento di impianti. Il committente dovrebbe affidare a un’impresa abilitata i lavori di rifacimento parziale dell’impianto: in questo caso l’articolo 7 stabilisce che il progetto, la dichiarazione di conformità e l’attestazione di collaudo ove previsto, si riferiscono alla sola parte degli impianti oggetto dell’opera di rifacimento, ma tengono conto della sicurezza e funzionalità dell’intero impianto.

Obblighi del committente o del proprietario

Come specificato all’articolo 8 il committente è tenuto ad affidare i lavori di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione straordinaria degli impianti a imprese abilitate.

Il proprietario dell’impianto adotta le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia, tenendo conto delle istruzioni per l’uso e la manutenzione predisposte dall’impresa installatrice dell’impianto e dai fabbricanti delle apparecchiature installate. Resta ferma la responsabilità delle aziende fornitrici o distributrici, per le parti dell’impianto e delle relative componenti tecniche da loro installate o gestite.

Entro 30 giorni dall’allacciamento di una nuova fornitura di gas, energia elettrica, acqua, negli edifici di qualsiasi destinazione d’uso, il committente deve consegnare al distributore o al venditore copia della dichiarazione di conformità dell’impianto oppure copia della dichiarazione di rispondenza.

Decorso il termine previsto senza che sia stata prodotta la dichiarazione di conformità, il fornitore o il distributore di gas, energia elettrica o acqua, previo congruo avviso, sospende la fornitura.

Certificato di agibilità e deposito

In base a quanto indicato all’articolo 9, il certificato di agibilità è rilasciato dalle autorità competenti previa acquisizione della dichiarazione di conformità nonché del certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti.

L’articolo 11 si riferisce invece alle modalità previste per il deposito del progetto, della dichiarazione di conformità o del certificato di collaudo, presso lo sportello unico per l’edilizia.

Per il rifacimento o l’installazione di nuovi impianti relativi a edifici per i quali è già stato rilasciato il certificato di agibilità, l’impresa installatrice deposita, entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori, presso lo sportello unico per l’edilizia del comune ove ha sede l’impianto, la dichiarazione di conformità e il progetto, o il certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti.

Per le opere di installazione, di trasformazione e di ampliamento di impianti che sono connesse ad interventi edilizi subordinati a permesso di costruire ovvero a denuncia di inizio di attività, il soggetto titolare del permesso di costruire o il soggetto che ha presentato la denuncia di inizio di attività deposita il progetto degli impianti da realizzare presso lo sportello unico per l’edilizia del comune ove deve essere realizzato l’intervento, contestualmente al progetto edilizio.

A sua volta lo sportello unico inoltra copia della dichiarazione di conformità alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura nella cui circoscrizione ha sede l’impresa esecutrice dell’impianto, che provvede ai conseguenti riscontri con le risultanze del registro delle imprese o dell’albo provinciale delle imprese artigiane, alle contestazioni e notificazioni.

Le sanzioni

A fronte degli obblighi previsti dal decreto (abilitazione professionale, presenza dei requisiti tecnico-professionali, realizzazione degli impianti secondo la regola d’arte, ecc.), nei primi 4 commi dell’articolo 15 sono riportate le specifiche sanzioni amministrative applicabili per la violazione degli stessi.

In particolare, la violazione dell’obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità comporta l’applicazione di una sanzione compresa tra 100 e 1000 euro, mentre le violazioni degli altri obblighi comportano l’applicazione di una sanzione da 1000 a 10.000 euro.

A tale riguardo l’articolo 15 precisa inoltre, allo scopo di determinare in concreto la sanzione irrogabile entro queste due fasce previste, parametri oggettivi e soggettivi: i primi si sostanziano, ad esempio, nell’entità e complessità dell’impianto e nel grado di pericolosità dell’impianto medesimo, mentre una circostanza soggettiva che può influire sulla misura della sanzione è quella legata all’eventuale reiterazione della violazione, che tra l’altro, in casi di particolare gravità e di reiterazione per tre volte, comporta la sospensione temporanea dell’iscrizione delle imprese dal registro delle imprese e, in caso di progettazione, segnalazione agli ordini professionali per provvedimenti disciplinari a carico degli iscritti agli albi.

Si ricorda infine che il soggetto che ha il potere di irrogare le suddette sanzioni è costituito dalle Camere di Commercio.

Il collaudo

E’ da sottolineare il fatto che la dichiarazione di conformità dell’impianto realizzato è un’attestazione unilaterale proveniente dall’impresa che certifica sia l’avvenuto completamento dell’impianto sia la sua conformità alle norme di legge. Tale dichiarazione si distingue dal collaudo dell’impianto, il quale ha per oggetto una dichiarazione di scienza proveniente dal committente il quale accerta che l’attività espletata dall’appaltatore è stata eseguita correttamente.

Per il collaudo è tuttora vigente la Legge 46/90 che all’articolo 14 si riferisce proprio all’attività di verifica e collaudo degli impianti e prevede quanto segue:

Per eseguire i collaudi, ove previsti, e per accertare la conformità degli impianti alle disposizioni della presente legge e della normativa vigente, i comuni, le unità sanitarie locali, i comandi provinciali dei vigili del fuoco e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) hanno facoltà di avvalersi della collaborazione dei liberi professionisti, nell’ambito delle rispettive competenze.

Il certificato di collaudo deve essere rilasciato entro tre mesi dalla presentazione della relativa richiesta.

A causa del silenzio del Decreto n. 37/2008 in materia di collaudo la vigenza dell’articolo 14 è resa necessaria per garantire la persistenza di un sistema, pur parziale, di controllo sull’attività di installazione degli impianti. Il silenzio del Decreto n. 37/2008 è particolarmente grave in quanto omette di disciplinare un’attività strumentale alla salvaguardia della sicurezza e della salute delle persone, la quale incide sulla stessa efficacia della disciplina dettata in materia di installazione degli impianti. E’ da notare che le disposizioni sul collaudo contenute nella Legge 46/90 sono comunque insufficienti a colmare integralmente la lacuna del Decreto n. 37/2008 in quanto esse hanno una natura chiaramente programmatica che necessita di un’espressa attuazione da parte di norme regolamentari.

Riepilogando…

Sulla base di quanto analizzato il Decreto 37/08 ruota tutto intorno alla progettazione degli impianti. Esso infatti definisce le tipologie di impianti (art.1), prescrive la redazione del progetto al di sopra di determinate soglie e definisce il contenuto minimo del progetto (art.5), prescrive il rilascio da parte dell’impresa al termine di lavori della DICO contenente il progetto realizzato (art.7), prescrive la consegna agli enti entro 30 giorni dall’allacciamento della DICO oppure della DIRI (art.8), prevede il rilascio del certificato di agibilità previa acquisizione della DICO (art.9) ed infine prescrive il deposito del progetto presso lo Sportello per l’edilizia contestualmente al progetto edilizio (art.11).

Tutto ciò richiede una maggiore consapevolezza, non solo di committenti e installatori ma anche da parte degli stessi progettisti.

 

 Il DECRETO 81/08

In materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro il riferimento di legge è costituito dal Decreto legislativo 81 del 2008. In base a quanto indicato all’articolo 22 i progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti devono rispettare i principi generali di prevenzione al momento delle scelte progettuali e tecniche e scegliere attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.

La prevenzione è definita come il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare e diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno.

Le sanzioni per il progettista e per l’installatore sono indicate all’articolo 57. I progettisti che violano il disposto dell’articolo 22 sono puniti con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da 1644 a 6576 euro. Gli installatori che violano il disposto dell’articolo 24 sono puniti con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 1315,20 a 5699,20 euro.

Pertanto, ove manchi il rispetto di tutta la normativa vigente, ne conseguirà l’esposizione del progettista di impianti a responsabilità penali per il reato di pericolo considerato dall’articolo 22 o per eventuali delitti imputabili a colpe progettuali consistenti nell’inosservanza di leggi e regolamenti che abbiano causato infortuni e/o danni, con conseguenti responsabilità anche civili e risarcitorie, fatte salve sanzioni amministrative e pecuniarie.

 

 

LA MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI

L’articolo 10 del D.M. 37/08 chiarisce che la manutenzione ordinaria degli impianti di cui all’articolo 1 non comporta la redazione del progetto né il rilascio dell’attestazione di collaudo, né l’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 8, comma 1, fatto salvo il disposto del successivo comma 3.

Come specificato all’articolo 2 per ordinaria manutenzione si definiscono gli interventi finalizzati a contenere il degrado normale d’uso, nonché a far fronte ad eventi accidentali che comportano la necessità di primi interventi, che comunque non modificano la struttura dell’impianto su cui si interviene o la sua destinazione d’uso secondo le prescrizioni previste dalla normativa tecnica vigente e dal libretto di uso e manutenzione del costruttore.

Il DPR n.380/2001 definisce gli interventi di manutenzione distinguendo fra ordinaria e straordinaria. In particolare la prima è identificata con tutti “gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”. La manutenzione straordinaria è invece identificata con tutte “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso”.

di Luca Stefanutti