Lo studio “Risparmio idrico per un’Europa resiliente all’acqua“, dell’Agenzia europea dell’ambiente, esplora i potenziali risparmi idrici ottenibili in settori economici chiave per migliorare l’efficienza idrica e affrontare le crescenti incertezze legate alla disponibilità di acqua.
Dal 2010 il prelievo di acqua – si legge nello studio – è aumentato in quasi tutti i settori. L’UE preleva 200.000 milioni di m³ di acqua all’anno e le proiezioni future indicano un peggioramento dello stress idrico dovuto ai cambiamenti climatici e all’aumento della domanda idrica, esponendo gli ecosistemi e le economie a rischi maggiori.
Anche settori emergenti come i data center e la produzione di idrogeno potrebbero creare nuove sfide per la gestione delle risorse idriche. Il raffreddamento dei data center sta già comportando un aumento della domanda di acqua, che può porre nuove sfide per la sostenibilità. La produzione di idrogeno, un fattore chiave per la transizione energetica, potrebbe aumentare anche notevolmente la domanda di acqua di alta qualità.
Secondo lo studio, ridurre le perdite e migliorare l’efficienza idrica attraverso misure tecniche e operative aumenterà significativamente il risparmio idrico. Anche diversificare l’approvvigionamento idrico con fonti non convenzionali, come il riutilizzo, la desalinizzazione e la raccolta dell’acqua piovana può contribuire a migliorare la resilienza idrica, a condizione che si consideri con attenzione l’impatto di tali misure sul consumo energetico, sulla mitigazione climatica, sulla salute umana e sugli ecosistemi.
Riferendosi all’approvvigionamento idrico pubblico, lo studio rileva che tale settore fornisce principalmente acqua alle famiglie (77%) e ai servizi (12%). E sebbene la dimensione della popolazione sia un fattore chiave della domanda di acqua, il prelievo è notevolmente sproporzionato tra le popolazioni regionali.
Ad esempio, solo il 30% della popolazione totale dell’UE vive nell’Europa meridionale, ma il prelievo di acqua da parte dell’approvvigionamento idrico pubblico in questa regione rappresenta il 42% del totale dell’UE. I fattori che contribuiscono alle differenze regionali possono includere condizioni climatiche avverse, un maggiore consumo pro capite di acqua, l’impatto del turismo sulla domanda, perdite infrastrutturali e un utilizzo non ottimale degli incentivi al risparmio idrico nelle politiche tariffarie.
Una riduzione complessiva del prelievo idrico per l’approvvigionamento idrico pubblico del 20-50% – continua lo studio – è potenzialmente fattibile. Quasi il 33% del prelievo idrico per l’approvvigionamento idrico pubblico nell’UE viene disperso prima di raggiungere gli utenti effettivi. In alcuni Stati membri, come Bulgaria, Croazia e Italia, le perdite superano il 40%. Paesi come Austria, Danimarca e Paesi Bassi sono invece riusciti a ridurre le perdite al di sotto del 15% del prelievo totale. Anche l’utilizzo di elettrodomestici più efficienti dal punto di vista idrico e la riduzione dei consumi non fatturati ma autorizzati possono migliorare l’efficienza in questo settore.
Il riutilizzo dell’acqua – dichiara inoltre l’Agenzia – può fungere da ulteriore fonte di approvvigionamento idrico, però è attualmente basso rappresentando solo circa lo 0,3% del prelievo annuo totale di acqua dolce nell’UE. In termini di volume, ciò ammonta a circa 650 milioni di m³; mentre si stima che 6.600 milioni di metri cubi di acqua potrebbero essere recuperati annualmente nell’UE.
La scarsità d’acqua non rappresenta attualmente un problema significativo in tutti gli membri e la pratica del riutilizzo dell’acqua è facoltativa; ai sensi del Regolamento sul riutilizzo dell’acqua, gli Stati possono decidere che il riutilizzo dell’acqua è appropriato nel loro territorio o in parte di esso. Tuttavia, alcuni Stati membri con significativi problemi di scarsità d’acqua praticano il riutilizzo dell’acqua da anni. Ad esempio, Cipro e Malta riutilizzano già rispettivamente oltre il 90% e il 60% delle loro acque reflue trattate.
Un altro modo per diversificare l’approvvigionamento idrico – continua lo studio – è la desalinizzazione dell’acqua salmastra o marina. Sebbene solo l’1,4% del totale dell’approvvigionamento idrico pubblico nell’UE venga estratto in questo modo, si prevede un aumento della desalinizzazione. Ciò è dovuto ai miglioramenti tecnici che ne riducono il costo, unitamente ai sussidi erogati dalle autorità pubbliche in alcune regioni. Dal canto suo, la raccolta dell’acqua piovana può rappresentare un modo sostenibile ed economico per soddisfare il fabbisogno idrico, soprattutto nelle aree con accesso limitato all’acqua dolce.
La Direttiva riformulata sul trattamento delle acque reflue urbane – ricorda l’Agenzia – promuove la raccolta dell’acqua piovana insieme a misure di ritenzione idrica naturale per ridurre le piene dovute alle piogge e il deflusso urbano. In questo contesto, tuttavia, la letteratura disponibile sottolinea la necessità di sviluppare una rete di approvvigionamento efficace e infrastrutture di stoccaggio adeguate per un’ampia implementazione di questa opzione, il che potrebbe richiedere ingenti investimenti.