L’ozono rappresenta un inquinante spesso sottovalutato negli ambienti di lavoro, la cui gestione richiede competenze multidisciplinari e approcci integrati. Il caso studio analizzato evidenzia come anche aziende virtuose possano trovarsi esposte a rischi significativi per carenza di sistemi di controllo adeguati.
L’ozono (O₃) è un gas altamente reattivo composto da tre atomi di ossigeno, caratterizzato da un odore pungente percepibile anche a basse concentrazioni. “Formula chimica O₃”, peso molecolare 47,998 g/mol, densità 2,144 kg/m³ (più pesante dell’aria), si presenta come gas blu pallido a concentrazioni elevate.
Si forma naturalmente nell’atmosfera superiore attraverso l’azione dei raggi ultravioletti sull’ossigeno molecolare, mentre a livello del suolo può essere prodotto artificialmente mediante scariche elettriche o radiazioni UV. La produzione industriale di ozono avviene principalmente attraverso due tecnologie: la “generazione per scarica elettrica” (effetto corona) e la “fotolisi UV”.
Il primo metodo, più diffuso negli impianti industriali, utilizza scariche elettriche ad alta tensione per dissociare le molecole di ossigeno presente nell’aria, che successivamente si ricombinano formando ozono.
Settori e ambienti di lavoro interessati
L’utilizzo dell’ozono interessa numerosi settori produttivi per le sue proprietà “ossidanti, disinfettanti e deodoranti”:
- Settore grafico e uffici. Le stampanti laser e fotocopiatrici producono ozono durante il funzionamento attraverso scariche elettriche interne. In uffici con elevata densità di apparecchiature, specialmente se poco ventilati, possono verificarsi accumuli significativi.
- Industria tessile. Impiegato per il candeggio dei tessuti e la rimozione di coloranti, sostituendo cloro e altri agenti chimici aggressivi.
- Trattamento acque. Ampiamente utilizzato per la disinfezione di acque potabili, reflui e piscine, rappresentando un’alternativa ecologica al cloro.
- Settore ospedaliero. Sterilizzazione di strumentario medico termolabile e sanificazione di ambienti operatori.
- Industria alimentare. Settore in forte crescita per l’utilizzo dell’ozono, applicato nella sanificazione di superfici, attrezzature, celle frigorifere e per il prolungamento della shelf-life dei prodotti.
Quadro normativo e valori limite
Il D.Lgs. 81/2008 non stabilisce specifici valori limite per l’ozono negli ambienti di lavoro, rimandando alle disposizioni dell’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists).
I “valori di riferimento” attualmente adottati sono:
- TLV-TWA: 0,1 ppm (0,2 mg/m³) come media ponderata su 8 ore –
- TLV-STEL: 0,3 ppm (0,6 mg/m³) per esposizioni brevi (15 minuti)
Significativa l’evoluzione normativa del “2024” che ha equiparato i limiti per la qualità dell’aria indoor a quelli outdoor, stabilendo maggiore rigore nella valutazione dell’esposizione occupazionale.
Effetti sulla salute e percezione sensoriale
L’ozono presenta una “soglia olfattiva molto bassa” (0,01-0,05 ppm), permettendo il riconoscimento sensoriale prima del raggiungimento di concentrazioni pericolose. L’odore caratteristico, descritto come “elettrico” o simile al cloro, rappresenta un importante sistema di allerta naturale.
“Effetti acuti” da sovraesposizione includono:
- irritazione delle vie respiratorie superiori;
- tosse secca e difficoltà respiratorie;
- irritazione oculare e lacrimazione;
- cefalea e affaticamento generale.
“Effetti cronici” da esposizioni prolungate comportano:
- riduzione permanente della funzionalità polmonare;
- aumento della suscettibilità alle infezioni respiratorie;
- accelerazione dell’invecchiamento polmonare;
- possibile correlazione con patologie cardiovascolari.
L’ozono nell’era della sostenibilità industriale
L’adozione crescente dell’ozono come alternativa ecologica richiede “cultura della prevenzione evoluta” che bilanci benefici ambientali e tutela dei lavoratori. La sostenibilità deriva dalla natura “verde”: non produce residui chimici, si decompone naturalmente in ossigeno, non inquina le acque.
Questa “transizione tecnologica” richiede:
- “Competenze specialistiche” nella progettazione e gestione degli impianti;
- “Sistemi di controllo” all’altezza delle nuove sfide;
- “Formazione continua” del personale;
- “Investimenti” in strumentazione certificata.
Verso una prevenzione proattiva
Il messaggio è inequivocabile: l’ozono non è più inquinante “di nicchia”, ma “priorità emergente” nella valutazione rischi occupazionali. L’evoluzione verso tecnologie sostenibili richiede “salto culturale” nella gestione sicurezza.
Solo attraverso “approccio scientifico integrato”, basato su conoscenze aggiornate e competenze multidisciplinari, è possibile garantire ambienti sicuri nell’era delle tecnologie verdi. La sfida sarà “coniugare innovazione e sicurezza”, trasformando criticità in opportunità di crescita.
- “integrazione preventiva” dei sistemi di controllo ozono in fase progettuale;
- “valutazione critica” delle interconnessioni tra ambienti di lavoro;
- “dimensionamento” adeguato dei sistemi di ventilazione e diluizione.
Per RSPP e consulenti
- “monitoraggio sistematico” negli ambienti con potenziale produzione di ozono;
- “formazione specifica” per il riconoscimento dei sintomi da sovraesposizione;
- “piani di emergenza” per gestione episodi acuti.
Per datori di lavoro
- “investimenti” in sistemi di rilevamento continuo certificati;
- “manutenzione preventiva” delle apparecchiature generatrici;
- “sorveglianza sanitaria mirata” per lavoratori esposti.
Caso studio: un’azienda di produzione di pasta fresca
Il contesto produttivo e la problematica emersa
L’intervento ha interessato un’azienda specializzata nella produzione di pasta fresca di alta qualità, dove l’ozono era stato introdotto nel “reparto refrigerazione” per garantire protezione da contaminazioni batteriche, fungine e enzimatiche del prodotto finito.
La configurazione impiantistica prevedeva “quattro generatori istantanei” collegati al sistema di refrigerazione, ma la presenza di “nastri trasportatori” e “macchine di riempimento” collegati direttamente ai reparti produzione e confezionamento creava inevitabili comunicazioni aeree tra le diverse aree. L’azienda aveva implementato rigorose “procedure di controllo qualità”:
- programmi di detersione e disinfezione sistematici;
- protocolli comportamentali per gli operatori;
- sistemi di igienizzazione controllati all’ingresso;
- lampade UV per sanificazione ambientale;
- monitoraggio periodico della qualità dell’aria.
La “criticità” è emersa quando RSPP, direzione e preposti hanno segnalato possibili anomalie nei sistemi di controllo e rilevamento dell’ozono, con potenziale rischio di sovraesposizione degli operatori.

La metodologia di indagine
L’indagine, condotta in collaborazione con Responsabile di Produzione, RSPP, Medico Competente e RLS, si è articolata su “due linee di intervento parallele”:
- “Verifica tecnica” dei sistemi di produzione e controllo;
- “Valutazione dell’esposizione” occupazionale degli operatori.
Particolare attenzione è stata dedicata all’”analisi dei processi produttivi”, includendo:
- tempistiche di lavoro degli addetti;
- modalità di produzione e distribuzione dell’ozono;
- periodicità e distribuzione temporale giornaliera;
- sistemi di controllo e taratura esistenti.
La strategia di monitoraggio ambientale
Il “posizionamento strategico” dei rilevatori ha coperto le postazioni di maggiore permanenza degli operatori durante il ciclo produttivo. La strumentazione utilizzata comprendeva:
- “Rilevatori di ozono” con doppia soglia (preallarme 20 ppm, allarme 50 ppm);
- “Centraline multiparametriche” per CO₂, PM10, PM2,5, PM1;
- “Analizzatori VOC” per composti organici volatili.
Le misurazioni sono state effettuate “simultaneamente” all’interno e all’esterno dei capannoni per validare l’attendibilità dei dati, sfruttando la nuova equiparazione normativa aria indoor/ outdoor.
I risultati critici emersi
La “prima fase” di monitoraggio ambientale, senza presenza di operatori, ha evidenziato criticità significative:
- concentrazioni di ozono “8 volte superiori” ai valori di attenzione;
- valori “13 volte superiori” ai limiti normativi vigenti;
- superamenti critici anche per “PM10, PM2,5 e VOC”
- “tempo di decadimento prolungato” dell’ozono negli ambienti.
Particolare criticità rappresentata dal sistema di “ventilazione a ricircolo totale” senza emissione verso l’esterno, attivato manualmente solo durante le operazioni di pulizia.
Interventi correttivi e monitoraggio degli operatori
Dopo la “taratura al limite inferiore” dei generatori di ozono, sono stati effettuati “monitoraggi personali” sugli operatori durante lo svolgimento delle normali mansioni lavorative. Nonostante la “riduzione della concentrazione” di produzione a 100 ppb nei locali di raffreddamento (privi di personale), i rilevamenti nei locali adiacenti hanno registrato:
- “13 eventi” di superamento della soglia di attenzione;
- “8 eventi” di superamento della soglia di allarme;
- necessità di “allontanamento degli operatori” con rallentamento produttivo.
La soluzione adottata e le conclusioni operative
Al termine dell’”indagine settimanale”, l’azienda ha optato per la “dismissione completa” degli impianti di ozonizzazione. La decisione è stata motivata dalla constatazione che un funzionamento ridotto nelle sole ore di fermo produzione non garantiva, per le caratteristiche costruttive e impiantistiche dei reparti, il “tempo di decadimento necessario” prima dell’ingresso degli operatori.
Considerazioni tecniche finali
Il caso evidenzia l’importanza di una “valutazione integrata” che consideri non solo le concentrazioni di ozono, ma anche:
- “caratteristiche costruttive” degli ambienti di lavoro;
- “sistemi di ventilazione” e ricambio d’aria;
- “interconnessioni” tra reparti produttivi;
- “tempistiche operative” e permanenza del personale.
La “percezione sensoriale” dell’ozono, pur rappresentando un sistema di allerta naturale, non deve essere considerata sufficiente per la tutela della salute, richiedendo sempre “sistemi di monitoraggio strumentale” continuo e affidabile.



