Refrigeranti: una nuova stagione (o forse non così nuova?)

RefrigerantiLa nuova regolamentazione europea in materia di gas refrigeranti indirizza l’impiantistica in una direzione precisa, per non dire vincolante: unità primarie che hanno per refrigerante il propano e distribuzione dell’energia termica per mezzo di circuiti con fluidi vettori come il glicole o l’acqua. Ma quali conseguenze comporta questa impostazione? Proviamo ad esaminarle.

Il quadro che abbiamo avuto modo di osservare già un anno fa, appena dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Europea del nuovo Regolamento F-Gas, era abbastanza preciso e la tendenza del mercato è stata via via confermata nei mesi successivi. Il fluido refrigerante scelto dai produttori già oggi è il propano (quindi non più appartenente agli F-Gas). Che cosa comporta questa scelta?

Scelta del refrigerante, motivi e conseguenze

Una prima considerazione viene dalla valutazione del fluido stesso: è un refrigerante infiammabile, altamente infiammabile, anzi esplosivo. È un gas noto, certamente, usato anche in passato nei circuiti frigoriferi, ma abbandonato quando si decise che i refrigeranti di sintesi offrivano prestazioni analoghe se non superiori in alcuni casi e una pericolosità di gran lunga inferiore.

Oggi siamo tornati sui nostri passi: i refrigeranti sintetici hanno scontato e scontano il loro impatto sull’ambiente. Prima abbiamo bandito quelli che avevano un impatto potenziale sull’ozono, oggi siamo alla ricerca di soluzioni che contengano l’impatto sul riscaldamento globale, per cui dobbiamo adottare soluzioni tecnologiche caratterizzate da fluidi con un GWP sempre decrescente, fino ad arrivare al minimo.

E quindi il propano GWP 3 e ODP 0 è perfetto, ma – lo abbiamo detto – è infiammabile: questo determina tre caratteristiche operative a cui è obbligatorio prestare attenzione. Partendo dall’aspetto tecnico, le installazioni vanno effettuate tenendo conto delle regole di sicurezza che la UNI EN 378 impone per tutte le tipologie di impianto, ma che in questo caso comportano il riferimento a condizioni più restrittive, a cominciare dal calcolo della carica massima in ambiente.

Il secondo aspetto è quello della classificazione di questi impianti ai sensi della Direttiva PED e le procedure conseguenti in conformità con quanto previsto dal Decreto Ministeriale 329 2004 riguardante Prevenzione degli infortuni sul lavoro – Impianti e apparecchi a pressione.

Refrigeranti, esplosività e norme antincendio

L’aspetto che è maggiormente cogente è quanto previsto dal Codice di Prevenzione Incendi e l’adempimento di tutte le condizioni previste dalla Direttiva ATEX.

Attiriamo l’attenzione soprattutto su quest’ultimo punto: il Codice di Prevenzione Incendi è stato riformato in una logica prestazionale e quindi è compito di progettista e installatore generare le condizioni che soddisfino gli obiettivi proposti dall’estensore del Codice.
La Direttiva 1999/92/CE (ATEX Operativa), per parte sua si concentra sui requisiti minimi per la salute e la sicurezza dei lavoratori in ambienti a rischio di esplosione.

Stabilisce gli obblighi del datore di lavoro per la gestione del rischio, la valutazione dei rischi, la prevenzione e la protezione contro le esplosioni, e la necessità di un documento sulla protezione contro le esplosioni. Al pari degli altri testi indicati ma specificamente appunto sul rischio esplosione essa si focalizza su sicurezza dei lavoratori, conformità normativa, classificazione delle aree, Marcatura CE e valutazione del rischio ATEX.

Consapevoli dei dati di realtà

Perché insistiamo sulla normativa che riguarda il tema della sicurezza e dell’infiammabilità? Perché la sensazione che circonda il mercato è che il propano sia un idrocarburo alternativo ai vecchi F-Gas, la cui pericolosità è ben nota perché in fin dei conti – come ci siamo sentiti dire molte volte – in cucina il metano è in tutte le case… ma lo diciamo una volta sola per non doverlo mai più ripetere: la pressione d’esercizio di un chiller contenente propano è nell’ordine dei 20 bar, la pressione del gas metano in una casa, alla porta del contatore, può variare tra 20 e 25 mbar, quindi un millesimo.

Vale anche la pena ricordare che il propano, a differenza del metano che “è in tutte le case”, è più denso dell’aria e quindi in caso di perdita stratifica verso il basso. Il capitolo della sicurezza è quindi centrale nell’installazione e gestione della nuova impiantistica e richiede come previsto dalla UNI EN 378 un’attenzione complessiva al luogo di installazione che è forse la fase che mette maggiormente in connessione il lavoro del progettista con quello dell’installatore.

La valutazione del rischio è un argomento che deve vedere massima chiarezza in fase di progettazione a fronte di un’analisi del contesto di installazione al punto da determinare l’eventualità che si debba scegliere un’alternativa che comporti fattori di rischio meno importanti, come la scelta di un altro refrigerante, la strutturazione di impianti che circoscrivano il chiller in una collocazione isolata e sicura anche a costo di allungare i circuiti secondari o altro ancora.

RefrigerantiE dopo la sicurezza, l’efficienza

Non siamo né degli insegnanti di fisica tecnica, né dei progettisti, ma è cosa nota anche a chi ha una competenza che possiamo definire media della termodinamica che un impianto ad espansione diretta è più efficiente di un impianto idronico (a parità di condizioni, e quindi anche di lunghezza delle linee del refrigerante). È quindi determinante, visto che non è accettabile che la transizione verso refrigeranti meno impattanti avvenga a spese del cliente, che l’impianto idronico (con propano o altro refrigerante infiammabile il cui quantitativo superi la carica massima ammessa in ambiente) abbia il minore scarto di efficienza rispetto all’impianto a espansione diretta che potevamo installare nel passato.

Refrigeranti

Quali sono i punti da tenere sotto controllo? Innanzitutto il dimensionamento, un requisito che comporta un attento calcolo del fabbisogno termico, una valutazione della potenza frigorifera della macchina a monte, una scrupolosa definizione della portata e delle sezioni del piping, in collaborazione con una altrettanto accurata scelta delle pompe di circolazione e dei meccanismi di gestione elettronica che ne governeranno il funzionamento. E non solo, un elemento che diventerà decisivo per determinare l’efficienza sarà lo studio della coibentazione, perché come ogni emissione evitata è la migliore formula di risparmio energetico, altrettanto vale per ogni caloria o frigoria non dispersa.

Sul piping vale la pena di soffermarsi perché esso è un fattore strutturale dell’impianto, non certo un argomento che può essere oggetto di migliorie a cose fatte: sostituire una pompa di circolazione con una più o meno potente sarà cosa fattibile, molto meno anzi non del tutto la sostituzione di un circuito idronico di distribuzione del fluido vettore.

Per questo le scelte fatte sul disegno, le sezioni, la coibentazione saranno fattori chiave dell’efficienza e dovranno essere parametri che l’installatore adotta in maniera rigorosa da progetto, perché non saranno i risparmi ottenuti usando sezioni, materiali o prodotti diversi da quelli scelti in sede di definizione del capitolato a fare la gioia di un cliente finale a rischio di bollette dell’energia più costose.

Un lavoro da fare in logica partecipativa

L’impianto idronico mette in gioco più competenze: sicuramente quelle del progettista, ne abbiamo elencate alcune ma sicuramente qualsiasi progettista ci direbbe che esse vanno molto più in là, ma non solo quelle. Chi installa la macchina capace di produrre le calorie o frigorie del caso è un soggetto con capacità tecniche e conoscenze normative importantissime, perché è in grado non solo di cogliere le complessità del lavoro di cui è incaricato, ma anche di trovare soluzioni conformi all’obiettivo di sicurezza applicando le regole poste dalle norme tecniche, dalle leggi e dai Codici. E una parte non da poco (lo abbiamo appena visto) la gioca chi predispone il sistema di distribuzione del lavoro termodinamico svolto dal chiller, sia sotto il profilo semplicemente idraulico sia sotto quello della gestione ottimale (efficiente ed efficace) dello stesso.

Un lavoro di squadra, sempre più orientato a considerare l’impianto non per la sua funzionalità, ma per il suo obiettivo, quindi integrato nell’edificio e correlato alle prestazioni che l’utente dell’edificio richiede. Un lavoro che – come ogni lavoro di squadra – può avere un coordinatore, ma non si basa su un’esecuzione passiva od opaca di un incarico, bensì sulla presa in carico di una responsabilità, quella di far sì che il risultato finale sia all’altezza delle aspettative. Forse nessuno ne uscirà protagonista, ma il successo in questo campo è figlio di un buon coro, più che di voci soliste.