È fondamentale distinguere il Documento di Valutazione del Rischio Legionellosi (DVRL) dai generici “protocolli legionella”. L’articolo fornisce alcuni chiarimenti terminologici e metodologici.
Il Documento di Valutazione del Rischio Legionellosi (DVRL) è un documento tecnico strutturato che analizza specificamente i rischi di una determinata struttura, mentre un protocollo è un insieme di procedure operative standardizzate. Il DVRL deve precedere e guidare la definizione dei protocolli operativi.
Documento di Valutazione del Rischio vs Manuale di Autocontrollo
Il DVRL identifica e valuta i rischi specifici, caratterizza i punti critici e definisce le misure di controllo necessarie. Il Manuale di Autocontrollo traduce la valutazione del rischio in procedure operative dettagliate, definendo responsabilità, tempistiche e modalità operative. Il DVRL è il documento strategico, il Manuale è quello operativo.
Quadro normativo e responsabilità
Il D.Lgs. 81/2008 stabilisce l’obbligo di valutazione del rischio legionellosi negli ambienti di lavoro. Le Linee Guida della Conferenza Stato-Regioni del 7 maggio 2015 forniscono indicazioni specifiche per diverse tipologie di strutture: sanitarie, ricettive, termali, residenziali e industriali, introducendo l’approccio metodologico basato sull’analisi del rischio.
Il D.Lgs. 18/2023 estende l’ambito di applicazione agli edifici prioritari: strutture sanitarie, socio-sanitarie, ricettive, scolastiche, carcerarie e qualsiasi edificio pubblico o aperto al pubblico, introducendo l’approccio basato sul rischio per la gestione della sicurezza delle acque. La responsabilità varia secondo la tipologia di struttura: direttore sanitario nelle strutture sanitarie, gestore nelle strutture ricettive, datore di lavoro negli ambienti di lavoro. La classificazione del rischio considera tipologia dell’utenza, caratteristiche degli impianti, condizioni operative e modalità di gestione.
Caratteristiche tecniche del rischio
La Legionella spp. prolifera negli ambienti acquatici quando si verificano condizioni specifiche: temperature tra 25 °C e 42 °C (ottimale 37 °C), pH tra 6,9 e 8,5, presenza di nutrienti organici, biofilm e stagnazione dell’acqua. Temperature superiori a 60 °C risultano letali per il batterio.
La trasmissione avviene esclusivamente per via respiratoria attraverso l’inalazione di aerosol contaminato con goccioline di 1-5 micrometri. Le popolazioni a maggior rischio includono immunocompromessi, pazienti oncologici, trapiantati, anziani, diabetici e portatori di patologie respiratorie croniche.
Gli impianti di produzione e distribuzione dell’acqua calda sanitaria rappresentano il principale fattore di rischio quando caratterizzati da temperature inadeguate, reti estese con perdite termiche, tratti morti e sistemi di ricircolo inefficienti. Ugualmente critica è la rete di distribuzione dell’acqua fredda sanitaria, spesso sottovalutata: le temperature elevate durante i mesi estivi nelle tubazioni non adeguatamente isolate creano condizioni ottimali per la proliferazione batterica.
I sistemi di climatizzazione ad acqua (torri evaporative, condensatori, umidificatori) presentano rischi elevati per la capacità di generare aerosol. Altri sistemi critici includono impianti di nebulizzazione, fontane decorative, piscine, vasche idromassaggio e sistemi di lavaggio industriale.
Metodologia per la valutazione del rischio
La valutazione deve seguire un approccio sistemico basato sulla metodologia HACCP adattata agli impianti idrici, considerando l’intero ciclo dell’acqua dall’approvvigionamento agli utilizzi finali. La metodologia si articola in fasi sequenziali:
- identificazione dei pericoli attraverso l’analisi degli impianti e delle condizioni operative;
- valutazione dell’esposizione considerando modalità di utilizzo e popolazioni coinvolte;
- caratterizzazione del rischio correlando probabilità di contaminazione e gravità delle conseguenze;
- identificazione delle misure di controllo per ogni punto critico.
La raccolta dati deve acquisire documentazione tecnica completa: schemi funzionali aggiornati, specifiche tecniche dei componenti, caratteristiche dell’acqua di alimentazione, modalità operative, documentazione delle attività di manutenzione. L’analisi deve considerare modifiche impiantistiche nel tempo ed eventuali episodi di contaminazione.
Ogni impianto deve essere analizzato per identificare i Punti Critici di Controllo (CCP): accumuli dell’acqua, sezioni con condizioni termiche inadeguate, dispositivi generatori di aerosol, zone di stagnazione. La mappatura deve utilizzare codificazioni univoche caratterizzando ogni CCP per funzione, parametri operativi, frequenza di utilizzo, accessibilità e livello di rischio.
Struttura e contenuti del DVRL
Un DVRL efficace deve fornire informazioni operative immediate, verificabili e aggiornabili, garantendo tracciabilità delle informazioni e facilità di consultazione.
- Sezione Anagrafica – Identificazione univoca della struttura, descrizione delle attività, caratterizzazione dell’utenza e popolazioni a rischio, identificazione dei responsabili
- Sezione Tecnica – Descrizione dettagliata degli impianti idrici e di climatizzazione, schemi funzionali aggiornati, caratteristiche tecniche dei componenti, parametri operativi nominali.
- Sezione di Valutazione –Identificazione e caratterizzazione dei punti critici, analisi quantitativa del rischio, classificazione dei livelli di rischio per ogni sezione, stima dell’esposizione delle popolazioni.
- Sezione Operativa – Definizione delle misure di prevenzione e controllo, protocolli operativi specifici, responsabilità per ogni attività, cronoprogramma degli interventi.
La valutazione deve basarsi su parametri misurabili: termici (temperature di accumulo, distribuzione ed erogazione, profili termici, efficienza ricircolo), idraulici (portate, velocità di flusso, tempi di stagnazione, pressioni operative, bilanciamento), chimico-fisici (pH, durezza, conducibilità, cloro residuo, nutrienti organici, metalli pesanti).
La classificazione utilizza una matrice di rischio che correla probabilità di contaminazione e gravità delle conseguenze:
- Rischio Basso – Temperature appropriate, ricambio regolare dell’acqua, manutenzione efficace, popolazione non particolarmente suscettibile.
- Rischio Medio – Alcuni fattori critici controllabili, condizioni operative occasionalmente inadeguate, necessità di miglioramenti.
- Rischio Alto – Multipli fattori di rischio, condizioni sistematicamente inadeguate, necessità di interventi strutturali urgenti, popolazione ad alta suscettibilità.
Piano operativo e responsabilità
Il DVRL deve definire responsabilità precise evitando sovrapposizioni:
- Responsabile della gestione del rischio – Supervisione generale, verifica implementazione misure preventive, coordinamento soggetti coinvolti, gestione documentazione.
- Responsabile tecnico degli impianti – Controlli periodici parametri operativi, manutenzione preventiva, gestione emergenze tecniche, formazione personale operativo.
- Responsabile controlli analitici – Pianificazione campionamenti, interpretazione risultati, proposta misure correttive, interfaccia con laboratori.
Ogni attività deve essere supportata da protocolli standardizzati: controlli operativi (verifica quotidiana parametri, controllo settimanale sistemi di regolazione, controllo mensile trattamenti chimici), manutenzione preventiva (pulizia periodica serbatoi, sostituzione componenti, verifica isolamento termico), gestione emergenze (procedure controllo contaminazioni, comunicazione autorità sanitarie, misure temporanee continuità servizi).
Il piano di campionamento deve essere calibrato sui punti critici identificati. Ogni punto deve essere selezionato per rappresentatività, accessibilità, correlazione con utilizzi critici, variabilità condizioni operative. Le frequenze devono essere differenziate: impianti a basso rischio (annuale), medio rischio (semestrale),alto rischio (trimestrale), punti critici specifici (mensile).
Un DVRL eccellente deve prevedere controlli nei momenti più critici: periodo estivo per reti di acqua fredda sanitaria e impianti aeraulici, periodo invernale per impianti di acqua calda sanitaria e sistemi aeraulici con umidificazione.
Misure di prevenzione e controllo
- Controllo termico primario – Il controllo termico rappresenta la misura più efficace.
Per i sistemi di accumulo: mantenimento della temperatura di stoccaggio a 60 °C ± 2 °C, sistemi di ricircolo interno per evitare stratificazioni, controlli automatici con allarmi.
Per le reti di distribuzione: isolamento termico adeguato, sistemi di ricircolo per mantenere temperature ≥ 50 °C al ritorno, bilanciamento idraulico, eliminazione tratti morti.
Per i punti di utilizzo: verifica periodica temperature di erogazione, sostituzione dispositivi inadeguati, procedure di flussaggio.

Controlli chimici complementari: principio di minimizzazione
Un eccellente DVRL deve prioritariamente perseguire soluzioni basate sul controllo termico e fisico, minimizzando il ricorso a trattamenti chimici che comportano alterazioni delle caratteristiche organolettiche e chimico-fisiche dell’acqua. Il trattamento chimico in continuo deve essere considerato l’estrema risorsa per situazioni incontrollabili. Al contrario, la bonifica chimica dell’impianto rappresenta una soluzione più valida per il ripristino delle condizioni di sicurezza, permettendo il ripristino delle condizioni operative ottimali senza compromettere permanentemente la qualità dell’acqua.
- Manutenzione preventiva programmata
La manutenzione deve essere pianificata in base alle caratteristiche specifiche di ogni impianto: definizione frequenze per ogni componente, utilizzo di check-list standardizzate, registrazione sistematica delle attività, analisi dei trend per ottimizzazione. La formazione specifica del personale sui rischi legionellosi deve essere aggiornata periodicamente con certificazione delle competenze.
- Monitoraggio e controllo dell’efficacia
Il sistema deve integrare controlli operativi, analitici e gestionali. Il monitoraggio operativo include controllo continuo parametri critici, registrazione digitale con allarmi per deviazioni, analisi trend, correlazione tra parametri operativi e risultati analitici.
Il sistema deve prevedere procedure graduate per le non conformità basate sui livelli di riferimento definiti dalla normativa applicabile alla specifica struttura:
– Livello di attenzione: Controlli rafforzati, verifica efficacia misure esistenti, intensifica-zione monitoraggio.
– Livello di allarme: Misure correttive immediate, trattamenti di disinfezione, ripeti-zione campionamento entro tempi definiti.
– Livello di urgenza: Valutazione interruzione temporanea erogazione, misure di emergenza, notifica autorità competenti, interventi strutturali.
Il DVRL deve essere documento dinamico soggetto ad aggiornamenti: revisione annuale basata sui risultati del monitoraggio, aggiornamento protocolli in base all’evoluzione normativa e tecnologica, revisioni straordinarie per modifiche impiantistiche, episodi di contaminazione o cambiamenti normativi.
Formazione e controllo: elementi imprescindibili
Un eccellente DVRL e un ottimo Manuale di Autocontrollo sono inefficaci senza una corretta implementazione attraverso formazione strutturata e controllo sistematico. La formazione deve costituire un processo continuo di trasferimento di competenze specifiche. Il responsabile dell’impianto deve garantire che tutti gli attori coinvolti svolgano le procedure di competenza attraverso verifica della corretta esecuzione, validazione della documentazione e certificazione delle competenze acquisite.
Il sistema deve prevedere meccanismi di verifica sistematica dell’aderenza alle procedure: audit interni, controlli a campione, valutazioni periodiche delle competenze. La mancata applicazione deve essere considerata non conformità critica richiedente azioni correttive immediate e rafforzamento della formazione.
Solo attraverso questo approccio integrato, che combina eccellenza documentale, formazione continua e controllo sistematico, è possibile garantire l’efficacia reale del sistema di prevenzione del rischio legionellosi.



