Il radon rappresenta una delle sfide più sottovalutate nella gestione della sicurezza ambientale e lavorativa. La sua natura “silenziosa” lo rende infatti facilmente trascurabile nelle priorità quotidiane di risk management.
Il radon è un gas radioattivo naturale, incolore e inodore. Non si tratta di un fenomeno industriale o di inquinamento antropico, ma di un processo geologico costante che interessa praticamente tutto il territorio nazionale, seppur con intensità variabili legate alla conformazione geologica locale e alle caratteristiche pedologiche del terreno.
La sua caratteristica principale è la capacità di migrare dal terreno verso l’alto, infiltrandosi negli edifici attraverso crepe nelle fondazioni, giunti di costruzione, fessure nei pavimenti o nelle pareti a contatto con il terreno. Una volta all’interno, il radon tende ad accumularsi, soprattutto negli ambienti meno ventilati come seminterrati, cantine e piani terra.
Il meccanismo è semplice quanto insidioso: la differenza di pressione tra l’interno e l’esterno dell’edificio crea un “effetto camino” che richiama il gas dal sottosuolo. Questo fenomeno si intensifica durante i mesi freddi, quando manteniamo gli ambienti più chiusi e riscaldati.
Il quadro normativo
I riferimenti normativi aggiornati sono i seguenti:
- Lgs. 101/2020: Attuazione Direttiva 2013/59/Euratom (normativa base)
- Lgs. 203/2022: Disposizioni integrative e correttive (in vigore dal 18/01/2023)
- DPCM 11 gennaio 2024: Piano Nazionale d’Azione per il Radon 2023-2032
L’esperto in interventi di risanamento radon
L’Esperto in Interventi di Risanamento Radon (EIIR) rappresenta una figura professionale chiave nell’ecosistema della sicurezza ambientale, dotata di competenze tecniche trasversali. La sua formazione interdisciplinare consente di interpretare le dinamiche di migrazione del radon attraverso una lente multidimensionale, considerando simultaneamente gli aspetti fisico-chimici del gas, le caratteristiche costruttive dell’edificio e le interazioni con i sistemi di ventilazione esistenti.
Il valore aggiunto dell’EIIR si manifesta in ogni fase del progetto: dalla valutazione preliminare del sito, attraverso la caratterizzazione delle sorgenti di emissione, fino alla progettazione e supervisione degli interventi correttivi. Ma soprattutto la capacità di coadiuvare le varie figure tecniche specialistiche e professionali che concorrono a sviluppare soluzioni che ottimizzano l’intero sistema edificio-impianto in un’ottica di efficienza energetica e comfort ambientale.
Tipi di misurazioni e tecnologie disponibili
La scelta della meodologia di misurazione rappresenta un aspetto cruciale nella valutazione del rischio radon, richiedendo comprensione approfondita delle dinamiche temporali che governano la concentrazione del gas negli ambienti confinati. Il radon segue ritmi propri: durante le ore diurne le concentrazioni tendono a diminuire per effetto delle attività umane e della ventilazione naturale, mentre nelle ore notturne e durante i mesi invernali raggiungono i picchi massimi, quando l’edificio “respira” più lentamente e le differenze di pressione favoriscono l’ingresso del gas dal sottosuolo.
Misurazione passiva: approccio a lungo termine
I dosimetri passivi incarnano la filosofia del monitoraggio a lungo termine, offrendo una fotografia fedele delle concentrazioni medie attraverso un approccio che privilegia la rappresentatività temporale rispetto alla risoluzione istantanea. I dosimetri a tracce nucleari (CR-39) operano secondo un principio essenziale: le particelle alfa emesse dal radon lasciano impronte microscopiche su pellicole di materiale polimerico, creando una mappa delle radiazioni quantificabile attraverso tecniche di analisi ottica avanzate.

Questi dispositivi registrano fedelmente le variazioni di concentrazione per periodi da alcuni mesi a un intero anno solare. Gli elettreti (Short-term) rappresentano l’evoluzione elettronica del concetto di dosimetria passiva. Le variazioni di potenziale elettrico indotte dalle radiazioni ionizzanti, offrendo sensibilità regolabile che li rende versatili per screening preliminari o misurazioni in ambienti con concentrazioni molto basse.
La durata delle misure passive riflette un compromesso tra precisione statistica e praticità operativa. Le misure normative richiedono dodici mesi consecutivi per catturare l’intera ciclicità stagionale del fenomeno, mentre gli screening preliminari possono accontentarsi di periodi più brevi: minimo tre mesi per campagne iniziate in inverno, quando le concentrazioni sono naturalmente più elevate, e sei mesi per quelle avviate in primavera o estate.
Misurazione attiva: il dialogo con l’ambiente

I rilevatori attivi trasformano il monitoraggio del radon in un processo dinamico e interattivo, che fornisce informazioni in tempo reale e di adattarsi alle esigenze specifiche di ogni progetto. Questi strumenti integrano sensori sofisticati per la rilevazione delle particelle alfa con sistemi di acquisizione dati che permettono il monitoraggio remoto attraverso connessioni wireless o ethernet.
Particolare rilevanza hanno acquisito i sensori stand-alone, dispositivi autonomi che hanno raggiunto livelli di affidabilità altissimi grazie all’evoluzione della tecnologia dei semiconduttori e degli algoritmi di elaborazione del segnale. Questi strumenti rappresentano una soluzione ideale per il monitoraggio continuo a lungo termine, combinando precisione delle misurazioni professionali con semplicità operativa e sostenibilità economica per implementazioni su larga scala. U
n vantaggio distintivo di questi dispositivi è la capacità di fornire accesso in tempo reale ai dati di concentrazione, permettendo visualizzazione remota simultanea da parte di più utilizzatori attraverso piattaforme web o applicazioni dedicate.
La possibilità di configurare soglie di attenzione e allarme personalizzabili trasforma il monitoraggio da processo passivo in sistema attivo di protezione, fornendo notifiche immediate agli occupanti degli ambienti monitorati e consentendo interventi tempestivi. La loro versatilità li rende indispensabili per diagnosi immediate in ambienti sospetti, verifica dell’efficacia degli interventi di bonifica e monitoraggio continuo durante i lavori di risanamento.
La possibilità di acquisire simultaneamente parametri ambientali correlati consente di costruire modelli predittivi per comprendere le relazioni causali tra condizioni meteorologiche e concentrazioni di radon.
Criteri di posizionamento: la geometria della misurazione
Il posizionamento ottimale dei rilevatori richiede sensibilità che va oltre il semplice rispetto delle prescrizioni normative, integrando comprensione delle dinamiche fluidodinamiche con la conoscenza delle abitudini di utilizzo degli spazi. La normativa tecnica fornisce un framework basato sulla superficie degli ambienti: un dosimetro per locali inferiori a 50 metri quadrati, uno ogni 50 metri quadrati per ambienti di dimensioni intermedie, uno ogni 100 metri quadrati per spazi più ampi.
Tuttavia, la vera arte del posizionamento sta nel saper leggere l’architettura dell’edificio come sistema di vasi comunicanti, identificando le zone di potenziale accumulo e i percorsi preferenziali di circolazione dell’aria.
I rilevatori devono essere collocati a un’altezza compresa tra uno e tre metri dal pavimento, lontano da fonti di calore e correnti d’aria, preferibilmente su superfici stabili che ne garantiscano l’immobilità per tutta la durata della misura.
Oltre la soglia: il risanamento come processo di miglioramento mirato
E se, una volta fatte le misurazioni, si identifica un superamento delle soglie di riferimento? Ecco, in questo caso la figura del tecnico risanatore prende ancora più importanza, trasformandosi da consulente a vero e proprio orchestratore di un processo che molti immaginano erroneamente come stravolgimento radicale dell’edificio.
Il risanamento radon rappresenta un percorso progressivo e intelligente di ottimizzazione dell’edificio, che inizia sempre con gli interventi meno invasivi e più sostenibili, per arrivare gradualmente alle soluzioni tecnologicamente più avanzate solo quando strettamente necessario. Questa filosofia dell’intervento minimale ma efficace parte da una considerazione fondamentale: ogni edificio ha una sua “personalità” nel rapporto con il radon, e solo attraverso un approccio investigativo è possibile identificare la strategia più appropriata.
Cruciale in questa fase è la capacità di lettura e interpretazione dei dati raccolti durante le campagne di misurazione. Non si tratta semplicemente di confrontare numeri con soglie normative, ma di decifrare i pattern temporali, le correlazioni con i parametri ambientali e le variazioni spaziali che raccontano la storia unica di ogni edificio. L’EIIR deve saper trasformare dati apparentemente aridi in una narrazione tecnica che guidi la scelta degli interventi più efficaci, considerando anche i fattori economici e la sostenibilità degli interventi nel tempo.
La fase esplorativa: prove non distruttive e modifiche comportamentali

Il primo livello di intervento si concentra su modifiche alle modalità di utilizzo e ventilazione degli ambienti. La semplice implementazione di protocolli di aerazione strutturata – apertura coordinata delle finestre per periodi definiti o modifica dei tempi di accensione degli impianti di riscaldamento – può produrre riduzioni significative delle concentrazioni. Questi interventi, coordinati attraverso campagne di misurazione mirate, permettono di comprendere quanto il comportamento degli occupanti influenzi i livelli di radon.
Parallelamente, vengono implementate prove di rimozione provvisoria per identificare con maggiore precisione le sorgenti di ingresso del gas. Tecniche come sigillatura temporanea di specifiche aree, variazione controllata delle pressioni interne attraverso gestione degli impianti esistenti, o prove di depressurizzazione provvisoria di vespai areati se presenti, forniscono informazioni preziose per localizzare i percorsi preferenziali di penetrazione del radon.
Gli interventi strutturali: pozzi radon e sistemi di depressurizzazione
Quando le misure comportamentali si rivelano insufficienti, si passa alla progettazione di sistemi di depressurizzazione attiva attraverso l’installazione di pozzi radon. Questi dispositivi, apparentemente semplici nella concezione, rappresentano soluzioni ingegneristiche sofisticate che intercettano il gas prima che penetri negli ambienti abitati.
Un pozzo radon consiste essenzialmente in un sistema di aspirazione posizionato sotto la fondazione dell’edificio, collegato a ventilatori che creano una depressione controllata nel terreno circostante. Il gas viene così convogliato verso l’esterno dell’edificio attraverso tubazioni dedicate, impedendone l’accumulo negli spazi interni.

La progettazione di questi sistemi richiede competenze specifiche nella meccanica dei fluidi e nella geotecnica, per dimensionare correttamente potenze di aspirazione, diametri delle tubazioni e punti di rilascio in atmosfera, tenendo conto delle caratteristiche specifiche del sito e delle condizioni operative.
L’integrazione impiantistica: ventilazione meccanica e building integration
Nei casi più complessi, la soluzione ottimale prevede l’integrazione di sistemi di ventilazione meccanica controllata progettati specificamente per la gestione del radon. Qui emerge l’importanza della collaborazione con i progettisti impiantistici, professionisti che possiedono le competenze per integrare armoniosamente i sistemi di controllo del radon con gli impianti di climatizzazione esistenti.
Questa fase richiede dialogo costante tra il tecnico risanatore e i progettisti del settore termotecnico e impiantistico, per sviluppare soluzioni che non solo riducano efficacemente le concentrazioni di radon, ma ottimizzino simultaneamente l’efficienza energetica dell’edificio e il comfort degli occupanti. La ventilazione meccanica per il controllo del radon può essere progettata per integrarsi con sistemi di recupero di calore, filtrazione dell’aria e controllo dell’umidità, trasformando un intervento correttivo in upgrade complessivo delle prestazioni dell’edificio.
La sostenibilità nel tempo: manutenzione e monitoraggio continuo
Ogni sistema di risanamento richiede un programma di manutenzione strutturato per garantire l’efficacia nel tempo. Qui entra in gioco un ulteriore livello di competenza specialistica: i tecnici abilitati alla manutenzione di sistemi per il controllo del radon.
Questi professionisti, spesso provenienti dal settore impiantistico o della manutenzione industriale, sviluppano expertise specifiche nella gestione di ventilatori per depressurizzazione, controllo delle prestazioni dei sistemi di aspirazione e verifica periodica dell’integrità delle reti di tubazioni. La loro attività non si limita alla manutenzione ordinaria, ma include monitoraggio delle prestazioni attraverso misurazioni periodiche e calibrazione dei sistemi in base alle variazioni stagionali e alle modifiche nell’utilizzo degli edifici.
L’importanza di una manutenzione qualificata emerge quando si considera che un sistema di controllo del radon mal mantenuto può non solo perdere efficacia, ma contribuire a peggiorare la situazione, attraverso la creazione di percorsi preferenziali non previsti o il malfunzionamento di sistemi di aspirazione.
Conclusioni: verso una nuova cultura tecnica
Il radon rappresenta oggi non più solo un obbligo normativo, ma un’opportunità per elevare la qualità progettuale del settore edilizio. La collaborazione tra EIIR, progettisti e manutentori specializzati apre nuovi orizzonti di eccellenza tecnica, dove la sicurezza ambientale diventa catalizzatore di innovazione e miglioramento continuo, contribuendo alla definizione di standard qualitativi sempre più elevati per il benessere degli occupanti.



