l mercato mondiale degli accumuli termici ad acqua è destinato a crescere poiché strettamente connesso a quello delle pompe di calore elettriche, delle quali sono l’indispensabile complemento, in particolare per la produzione di acqua calda sanitaria.
Le rinnovabili elettriche (solare ed eolico) sono per loro natura non programmabili. Il loro sempre crescente peso nell’ambito della generazione, richiede nuove forme di utilizzo, bilanciamento e stoccaggio, così da trarre il massimo da queste due inesauribili e preziose fonti di energia. Allo stesso tempo, anche gli edifici sono caratterizzati da un fabbisogno variabile di energia, sia per il mantenimento del clima interno che per la produzione di acqua calda sanitaria. Disponibilità e fabbisogno non sono sempre sovrapponibili tra loro. Per questo l’accumulo di energia in diverse forme, elettrica e termica ad esempio, sarà sempre di più una componente indispensabile del sistema edificio impianto.
Il mercato mondiale degli accumuli termici ad acqua è stimato essere intorno ai 43 milioni di pezzi all’anno. Oltre ad essere molto probabilmente una stima per difetto, è opinione diffusa che si tratti di un mercato destinato a crescere, nel prossimo decennio, di diversi milioni di unità all’anno poiché strettamente connesso a quello delle pompe di calore elettriche, delle quali sono l’indispensabile complemento in particolare per la produzione di acqua calda sanitaria. Siamo quindi in presenza di un segmento di mercato caratterizzato certamente da una continua evoluzione, ma con un modesto tasso di innovazione.
Ci sono però aziende, alcune delle quali hanno contribuito alla realizzazione di questo articolo a carattere divulgativo, che ritengono che un accumulo termico possa essere realizzato con una tecnologia completamente diversa, basata sull’impiego di materiali a cambio di fase (Phase Change Materials).
Principio di funzionamento degli accumuli termici a cambio di fase (PCM)
Per questi prodotti, le aziende che promuovono la tecnologia PCM, preferiscono la definizione di batteria termica rispetto a quella di accumulo termico. Le ragioni di questa preferenza risiedono sia nella modalità di accumulo, basata sull’entalpia di transizione a temperatura costante invece che sull’innalzamento della temperatura, sia in quella di rilascio dell’energia termica accumulata, più concentrata nel tempo e anch’essa a temperatura quasi costante.
In una batteria termica l’energia in gioco è notevole poiché le molecole devono cambiare il loro stato fisico, cosa che avviene ad una temperatura (abbastanza) fissa, che è funzione della natura della molecola stessa (figura 1).
I due principali criteri utilizzati, per la scelta del PCM più adatto all’applicazione, sono l’entalpia e la temperatura di transizione. Poiché l’energia termica accumulabile è direttamente proporzionale alla massa, maggiore è l’entalpia di transizione del materiale (i migliori hanno valori nell’ordine di 220-290 kJ kg/K) minore sarà la massa che sarà necessaria per accumulare la quantità di energia voluta. La temperatura di transizione invece è in diretta relazione con la temperatura della fonte termica utilizzata per “caricare” e la temperatura richiesta sul lato di “scarica” della batteria.
La combinazione dei due criteri avrà un impatto diretto sulle dimensioni e sul peso della batteria. È bene ricordare che siamo di fronte a dispositivi progettati per accumulare energia applicando una bassa potenza per (relativamente) lunghi periodi e che, una volta caricati, sono in grado di rilasciarla in un tempo molto più breve, cosa che li fa percepire come molto più “potenti” di quanto non siano in realtà.
Come ogni batteria che si rispetti, per funzionare deve essere “caricata” da una sorgente termica quale un fluido (generalmente acqua) o una resistenza elettrica. Questa sorgente deve essere in grado di raggiungere e mantenere nel tempo una temperatura di diversi gradi superiore a quella alla quale il PCM inizia a sciogliersi, passando gradualmente dallo stato solido a quello liquido. Quando l’intera sostanza ha cambiato stato, la batteria è carica. Nel caso in cui, per la carica, si utilizzi una pompa di calore, l’indicatore di carica avvenuta è una temperatura di ritorno alla pompa di calore molto prossima a quella di mandata.
I materiali
I più diffusi PCM si possono raggruppare in due grandi categorie: inorganici (in prevalenza si tratta di sali idrati, cioè una miscela di un sale ed acqua) e organici (figura 2). Quest’ultima si divide in due sottogruppi: paraffinici (derivati del petrolio) e non-paraffinici (classificabili come “bio” se derivanti da materiali vegetali).
Come evidenziato nell’immagine, ogni categoria presenta caratteristiche diverse, ciascuna delle quali deve essere valutata in funzione dell’applicazione alla quale è destinata.
All’interno del gruppo dei materiali inorganici, si trovano PCM con temperature di cambio di fase che variano da diversi gradi sotto lo zero fino a valori superiori ai 100 °C. Per gli organici non-paraffinici questi valori oscillano tra 5 e 80-85 °C. Di primaria importanza è la compatibilità chimico-fisica sia con i materiali degli scambiatori che saranno immersi nel PCM e sia con il contenitore che lo ospiterà.
Altra caratteristica di grande impatto sulla prestazione finale della batteria termica è l’assenza, o la molto limitata presenza, del fenomeno del “supercooling”, che si ha quando, in fase di scarica, la transizione di fase non avviene nonostante si sia già scesi ben al di sotto della temperatura teorica alla quale si dovrebbe manifestare. Un PCM che presenta un valore di supercooling fino a 5 °C è considerato essere molto adatto alle applicazioni HVAC comfort.
I PCM possono essere sia oggetto di acquisto da produttori specializzati e successivo impiego diretto, sia frutto di un lavoro di affinamento della composizione della miscela o sulla molecola. L’obiettivo è quello di migliorare una o più specifiche caratteristiche, quale ad esempio la stabilità nel tempo. In funzione del numero dei cicli attesi (un ciclo è un cambiamento di fase solido-liquido-solido), si punta ad assicurarsi che la composizione del materiale rimanga omogenea nel tempo, all’interno dell’intera massa. Questo al fine di prevenire o limitare fenomeni di transizione parziale.
Per tutto quanto detto finora, non sorprende che quasi tutti i produttori di batterie termiche abbiano forti legami con i laboratori di ricerca di università o di grandi realtà industriali attive nella chimica.
Tornando ai materiali, una volta definita la loro composizione chimica finale, siamo in presenza di sostanze altamente stabili nel tempo così che la loro vita utile minima (misurata in numero di cicli) non sia mai inferiore a circa 10000 cicli.
Considerando una media di 1,0-1,5 cicli/giorno (tipico delle applicazioni residenziali domestiche) stiamo parlando di una vita utile teorica, compresa tra un minimo di 18 a un massimo di 25 anni. Stime più prudenziali ridimensionano questi valori attorno ai 10 anni.
Per la classificazione delle prestazioni dei materiali PCM, non esistono ancora norme internazionali di riferimento. Al momento ci si riferisce allo standard RAL-GZ 896, definito dalla RAL Quality Association. Si tratta di un’associazione di produttori di apparecchiature utilizzanti PCM che hanno definito lo standard e che sottopongono volontariamente alcuni loro prodotti a questo test.
Gli impieghi
Utilizzando le batterie termiche a PCM è possibile: soddisfare il carico termico richiesto durante i periodi di ridotta disponibilità della fonte energetica principale, mitigare i picchi di richiesta durante l’esercizio quotidiano, alimentare l’utenza con una temperatura dell’acqua costante o comunque con valori tra inizio e fine rilascio molto contenuti.
Il primo caso è quello legato all’assenza temporanea di alimentazione dalla rete elettrica. Le interruzioni accidentali dell’erogazione sono eventi quanto mai rari e limitati nel tempo. In ambito residenziale, l’evoluzione delle logiche di bilanciamento della rete porranno al centro del sistema la modulazione della domanda invece che l’aumento della generazione, come accade oggi.
Questo comporterà un continuo dialogo tra la rete e le utenze, con interventi di limitazione della potenza disponibile, brevi ma frequenti nell’arco della giornata. In questa eventualità, la capacità di accumulo anche in presenza di una bassa potenza disponibile è una caratteristica premiante per le batterie termiche a PCM.
Nel secondo caso, l’analisi dell’andamento dei carichi nel tempo in un edificio o in un processo industriale, consente di dimensionare la batteria termica per coprirli se non del tutto almeno per una parte significativa. Il beneficio che si ottiene è quello di ridurre la potenza del generatore da installare, cosa che nel caso di una pompa di calore ha una rilevanza significativa sia in termini di costo che di potenza elettrica impegnata.
Il terzo ed ultimo caso è caratteristico dei processi industriali, pensiamo ad esempio al raffreddamento degli stampi per le materie plastiche nei quali la stabilità della temperatura di raffreddamento ha un impatto diretto sulla qualità del prodotto finito.
È anche noto l’impiego in edilizia di elementi contenenti PCM, utilizzati per aumentare la “massa termica”, in particolare ai fini della climatizzazione estiva, di strutture leggere. Durante la giornata il materiale assorbe il calore proveniente dall’esterno, che viene poi ceduto durante le ore notturne, nuovamente all’ambiente esterno. Qualora posizionato in un’intercapedine ventilata, lo smaltimento notturno può essere agevolato dal flusso d’aria al suo interno.
Batterie termiche a PCM per la produzione di acqua calda sanitaria nelle applicazioni residenziali
I parametri che determinano prestazioni, dimensioni, peso e costi di una batteria termica sono:
- il livello di temperatura (che definisce quale PCM si debba utilizzare),
- la quantità di energia che si vuole accumulare (che determina sia la quantità di PCM che si deve inserire nell’apparecchio sia le dimensioni della batteria termica poiché i PCM a temperatura ambiente sono allo stato solido),
- gli scambiatori di calore di “carico” (che fornisce al PCM l’energia da accumulare alla temperatura di cambio di fase) e “scarico” (che preleva l’energia dal PCM trasferendola all’acqua sanitaria, prodotta in istantaneo).
Il dimensionamento di questo secondo scambiatore determina la “potenza apparente” della batteria, cioè la capacità di riversare l’energia accumulata nell’unità di tempo. L’isolamento del PCM è il terzo componente principale della batteria. Una delle ragioni per la quale questi prodotti sono di forma parallelepipeda deriva dalla scelta di utilizzare isolanti ad alte prestazioni come ad esempio i pannelli sottovuoto.
La domanda di mercato relativa agli accumuli per acqua calda sanitaria è concentrata su tre volumi: 150, 200 e 300 litri. Per questa ragione l’offerta di batterie termiche PCM è indirizzata a fornire prestazioni equivalenti, in termini di profilo di carico, a quella degli accumuli tradizionali.
Il database EPREL (Banca dati europea dei prodotti per l’etichettatura energetica) (tabella 1) ci mostra come l’87% dei bollitori cilindrici convenzionali presenti sul mercato sia concentrato nelle classi B e C (tabella 1). Le batterie termiche a PCM andrebbero a collocarsi nelle classi A o A+, con valori di dispersioni in valori assoluti inferiori del 40-50%. Questo significa che, una volta cariche, possono restare in “stand-by” più a lungo di un accumulo tradizionale.
Nelle applicazioni residenziali è sempre presente una resistenza elettrica di integrazione e backup, di potenza compresa da 2,5-2,8 kW, che assicura la disponibilità di acqua calda sanitaria anche in caso di guasto della pompa di calore. In presenza di eccesso di produzione di energia elettrica da PV (tipicamente in estate) è possibile caricare la batteria termica con la sola resistenza elettrica, senza attivare la pompa di calore.
Completano la dotazione della batteria termica, un set di sensori che hanno la funzione di monitorare lo stato del processo di cambio di fase all’intero dell’intera massa del PCM.
Temperature caratteristiche di funzionamento e ingombri
A oggi il mercato propone famiglie di batterie termiche, per produzione acqua calda sanitaria, che utilizzano PCM di origine diversa, con diverse temperature di cambio di fase. Nella tabella 2 sono riassunte le principali caratteristiche a confronto.
I valori relativi alla T mandata dalla pompa di calore ci dicono che la prima famiglia è più adatta al funzionamento con la nuova generazione di pompe di calore a R290 mentre la seconda è in grado di lavorare anche con unità che utilizzano R32 come refrigerante. Poiché “nessun pasto è gratis”, una volta compreso a quale famiglia appartiene il prodotto che si sta valutando, è necessario approfondite con il costruttore tutte le prestazioni offerte.
Dimensioni e peso
Le batterie termiche nascono con il preciso obiettivo di offrire un’alternativa più compatta al tradizionale accumulo termico ad acqua. Con un volume che è compreso tra la metà e un terzo di quello di un accumulo tradizionale, l’obiettivo si può considerare più che raggiunto.
A questo si deve aggiungere una forma più funzionale (parallelepipeda invece che cilindrica), dimensioni (profondità ed altezza) tali da rientrare in quelle caratteristiche degli elettrodomestici da incasso ed infine una finitura dell’involucro che le rendono più facilmente inseribili in un contesto domestico.
Il peso, molto simile a quello dell’accumulo tradizionale caricato d’acqua, è quasi equamente diviso tra il PCM e gli scambiatori. Una possibile evoluzione futura, in grado di ridurre il peso complessivo, è l’adozione di scambiatori di “carico” a microcanali in alluminio, più leggeri e compatti.
Scalabilità e versatilità
Come abbiamo visto, le batterie termiche a PCM sono estremamente versatili poiché possono utilizzare materiali diversi, ciascuno dei quali caratterizzato da temperature di cambio di fase molto diverse tra loro. Adeguando lo scambiatore alla sostanza ed al risultato che si vuole ottenere è possibile soddisfare esigenze legate ai settori della refrigerazione, climatizzazione commerciale e residenziale oltre che all’ambito dei processi industriali.
Se da un lato, le esigenze di settori tanto diversi tra loro possono essere soddisfatti dalla stessa tecnologia, dall’altro richiedono un approccio industriale profondamente diverso. In particolare, il settore residenziale impone di individuare una soluzione che sia fortemente industrializzata (con taglie comprese tra i 5 e i 15 kWh) così da consentire una rapida “scalabilità” in termini di quantità prodotte. Solo così si può pensare di avere successo in un ambito, quello dell’accumulo termico sanitario, caratterizzato da una soglia economica d’ingresso piuttosto bassa. Oggi le batterie termiche sono ancora molto costose, da 2 a 2,5 volte in più rispetto a un accumulo tradizionale.
I produttori ritengono che qualche ulteriore significativa riduzione di costo si possa ottenere nell’arco dei prossimi due o tre anni, a fronte di uno sviluppo e una successiva stabilizzazione della domanda nell’ordine di qualche decina di migliaia di pezzi all’anno. Ma c’è già chi si spinge molto oltre queste previsioni, avendo come mercati target gli Stati Uniti e l’Australia, oltre all’Europa.
Resta il fatto che le batterie termiche in ambito residenziale possono già oggi essere la soluzione in grado di aprire definitivamente, alle pompe di calore, l’accesso al segmento della riqualificazione di appartamenti, dotati di caldaia autonoma con produzione istantanea di acqua calda sanitaria, nei contesti condominiali. Una batteria termica compatta è la soluzione che può fare la differenza tra installare o meno la pompa di calore.
Giocare la partita dei volumi richiede investimenti significativi sia in termini di entità che di solidità finanziaria, in attesa del ritorno pianificato. In assenza di queste condizioni alcuni produttori hanno deciso di concentrare le proprie competenze sui settori commerciale e industriale. Anche in questi ambiti è stata introdotta una logica di modularità (con taglie comprese tra i 10 e i 50 kWh) che, pur senza arrivare all’esasperazione del settore residenziale, consente di offrire soluzioni “ad hoc”, di facile trasporto e posizionamento, oltre che a prezzi competitivi.