L’entrata in vigore del nuovo regolamento F-gas rappresenta l’occasione per ricapitolare quanto è stato fatto sinora e visualizzare il percorso che ci condurrà al traguardo emissioni “zero” al 2050.
Il Protocollo di Montreal (1987), quello di Kyoto (1997) e l’emendamento di Kigali (2016) rappresentano l’insieme di norme ispiratrici del precedente Regolamento (UE) n. 517/2014 abrogato lo scorso 20 febbraio con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del nuovo regolamento F-Gas (UE) 2024/573.
Questo nuovo regolamento entra in vigore in un momento storico per l’Unione Europea. L’European Green Deal del dicembre 2019, la Climate Law del marzo 2020, l’insieme di regolamenti e direttive incluse nel pacchetto Fit for 55 presentato tra ottobre e dicembre del 2021 e oggi quasi interamente approvate dal Parlamento Europeo, porteranno l’Europa alla neutralità climatica al 2050.
Non è quindi per caso che il nuovo regolamento, composto da 67 pagine che descrivono quella che alcuni hanno già definito come una “transizione nella transizione”, arrivi proprio adesso applicando l’essenza del Green Deal: emissioni “zero” al 2050.
Il grafico di figura 1 ci aiuta a visualizzare il percorso che ci condurrà al traguardo, ma ci offre anche la possibilità di apprezzare quanto è stato fatto dal 2015 a oggi. In soli 10 anni, a partire dal 2015, il potenziale di riscaldamento dei refrigeranti immessi sul mercato UE si è ridotto del 70%: siamo stati bravi. Così bravi da non utilizzare neppure tutte le quote disponibili, rappresentate dalla linea blu.
Regolamento F-Gas, il meccanismo delle quote
Come è stato possibile superare un obiettivo, all’epoca giudicato molto ambizioso, se non addirittura impossibile? Il meccanismo delle quote è particolarmente efficace perché definisce un obiettivo (il valore annuo massimo della quota disponibile) lasciando la massima, anche se non totale, libertà sul come raggiungerlo.
La prima cosa da comprendere è come si calcola la quota, espressa in tCO₂e (tonnellate di CO₂ equivalente). Quando il legislatore ha iniziato a studiare il sistema, il problema principale consisteva nel come gestire, all’interno di uno stesso schema, le diverse centinaia di sostanze che avrebbero dovuto essere regolamentate. Poiché l’obiettivo finale era limitare l’effetto il potenziale di riscaldamento complessivo, gli scienziati hanno proposto di classificarle sulla base dell’effetto di un gas “campione”, la CO2. Definito come “1” il potenziale di riscaldamento globale (GWP = Global Warming Potential) della CO₂, si è calcolato il valore relativo per tutti gli altri gas da regolamentare.
La formula attraverso la quale si mettono in relazione la quantità (kg) di gas (nel nostro caso refrigerante) con la CO₂e è la seguente:
kgCO₂e = kg x GWP
Dal punto di vista dell’industria il problema era chiaro: come produrre il numero di apparecchiature richieste dal mercato ogni anno, rispettando le quote assegnate. La soluzione individuata si può meglio comprendere applicando la formula a due gas refrigeranti ben noti nel settore della climatizzazione:
R410A 2088 = 1 x 2088
R32 675 = 1 x 675
Poiché il GWP del R32 è 1/3 di quello del R410A, con gli stessi kgCO2e si possono immettere sul mercato 3 kg di refrigerante invece di 1. Essendoci una relazione (quasi) diretta tra kg di refrigerante e numero di apparecchiature si può concludere, con buona approssimazione, come il cambio di refrigerante porti con sé la possibilità di moltiplicare fino a 3 volte il numero di apparecchiature.
L’industria HVAC e quella della chimica dei refrigeranti, hanno portato al mercato nuovi refrigeranti, prodotti e sistemi, non solo rispettosi dei limiti imposti dal regolamento ma anche più efficienti, performanti e in quantità tali da soddisfare una domanda annua nazionale di circa 1.4 milioni di pezzi, cresciuti a circa 2.0 milioni nel biennio 2021-2022 (figura 2).
Un trend analogo si è registrato in tutta Europa, sostenuto sia dall’effetto di riscaldamento globale che ha consolidato i mercati del sud Europa e aperto quelli del centro-nord, sia dalla crescente domanda di pompe di calore elettriche nel settore residenziale, generata dall’avvio del processo di elettrificazione dei consumi a scapito dei combustibili fossili attualmente imperanti.
Gli scenari al 2030
A questo proposito, due documenti strategici redatti dalla Commissione UE, il REPowerEU (marzo 2022) e il Net Zero Industry Act (NZIA – marzo 2023), delineano gli scenari attesi al 2030 per le pompe di calore. In estrema sintesi, si tratta di moltiplicare per 3 la quantità di pompe di calore installate ogni anno, in ambito residenziale, entro il 2030 e oltre.
In tabella 1 viene evidenziata l’evoluzione della produzione e installazione di pompe di calore elettriche in funzione degli scenari. Si tratta di una ipotesi semplificata di sola sostituzione diretta del parco caldaie installato.
Se riprendiamo la formula precedente possiamo calcolare, in prima approssimazione, il GWP che dovrebbe avere il “refrigerante ideale” (RI) per questa “transizione nella transizione”:
R32 675 = 1 x 675
RI 225 = 1 x 225
Poiché la realtà è molto più complessa, dal nuovo regolamento affiora un nuovo “numero magico” che è GWP 150. Infatti, per ottenere una media complessiva di circa 225, è necessario potere attingere anche a refrigeranti con un valore di GWP molto più basso. Questa è la ragione per la quale stanno arrivando sul mercato apparecchiature con nuovi refrigeranti (HFC e HFO), puri o in miscela tra loro (blend), con GWP compresi tra 148 e 1.
Dopo il 2030, come mostra la linea rossa del grafico relativo alle quote, bisognerà tenere presente che l’obiettivo a tendere dovrà essere “zero”. Questo risultato lo si potrà raggiungere solo utilizzando refrigeranti “non fluorurati”, esclusi dallo scopo del regolamento. Si tratta di gas “naturali” (poiché già presenti in natura) quali il propano (R290), CO2 (R744) o ammoniaca (R717).
L’industria HVAC ha di fronte a sé un impegno enorme ed una prospettiva di mercato altrettanto grande ma come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli. Molto bravi a non utilizzare tutte le quote disponibili in loro possesso in questo ultimo decennio, sono stati i produttori extra UE.
Secondo i calcoli della Commissione, hanno a disposizione quote per circa 55 MtCO2e: una quantità enorme se confrontata con i 42.8 disponibili nel 2024 per chi produce nella UE. Il dettaglio “diabolico” è che le quote già emesse non hanno scadenza. Questo pone le aziende extra UE in una posizione teorica di grande vantaggio.
Anche per questa ragione, il legislatore ha deciso di includere nel regolamento, a partire dal 2026, una serie articolata di divieti all’immissione sul mercato di prodotti caricati con refrigeranti aventi un GWP compreso tra 750 e 150. A giudicare dalla reazione molto critica del Governo cinese nell’ambito del WTO (World Trade Organization), può essere che la cosa funzioni.
Dal canto suo, l’industria EU deve puntare ad anticipare, in ogni gamma di prodotto nella quale sia possibile, l’introduzione di refrigeranti a bassissimo GWP, inclusi quelli naturali. Abbiamo di fronte a noi un decennio tanto complicato quanto entusiasmante grazie al Green Deal e la sua spinta al cambiamento. Averne paura è sbagliato oltre che dannoso per l’economia, le nuove generazioni e l’ambiente.