Il ruolo dell’idrogeno nella decarbonizzazione del settore residenziale

idrogeno residenzialeL’idrogeno verde è un’opzione tecnologica di fondamentale importanza nella strategia di decarbonizzazione europea e italiana: uno studio incentrato sui modelli di business individua benefici e criticità per il nostro Paese.

Il gas naturale svolge un ruolo centrale nel nostro sistema energetico, in particolare per il settore residenziale che, grazie a una rete di distribuzione capillare (circa 300.000 km di sviluppo complessivo), consuma ogni anno (dati 2022) quasi 11 miliardi di m3 (circa il 43% del totale nazionale).

L’elevata età media del parco immobiliare (composto per il 60% da edifici costruiti prima del 1977) e la sua contenuta efficien­za energetica (oltre il 75% degli edifici è nelle classi E, F e G) richiedono un approccio pragmatico alla decarbonizzazione, nell’ottica di una transizione multi-energetica che comprenda l’idrogeno per l’integrazione e, in prospettiva, la sostituzione dei combustibili fossili.

Lo studio “Modelli di business per l’utilizzo dell’H2 e lo sviluppo della Filiera in Italia”, curato da Confindustria e ANIMA, evidenzia la necessità di operare se­condo criteri di neutralità tecnologica e di orien­tamento alla sicurezza e alla resilienza, valutan­do le alternative in base ad analisi costi/benefici e coinvolgendo i consumatori nel processo di miglioramento.

Le condizioni di partenza

L’ipotesi di una progressiva immissione dei gas rinnovabili nelle reti di distribuzione, in miscela con il metano, impone di investire nell’innova­zione tecnologica dell’infrastruttura, anche per quanto attiene la digitalizzazione e la formazione professionale di tecnici e addetti ai lavori.

La digitalizzazione, in particolare, è considerata una pre-condi­zione per l’integrazione sempre più spinta tra il settore elettrico e quello del gas, ad esempio attraverso tecnologie come il power-to-gas (P2G) che abbinano un contenuto impatto ambientale al minor costo per l’utilizzatore.

Data l’estensione delle reti di distribuzione e di trasporto del me­tano, l’uso di miscele appare una soluzione efficace in una fase transitoria, per abilitare un percorso economicamente efficiente e sostenibile, capace di valorizzare l’impiego dell’idrogeno verde nel settore residenziale indipendentemente dagli impianti per la produzione in sito o in aree limitrofe (hydrogen valleys).

In questo scenario, gli interventi previsti dal PNRR costituiscono uno stimolo per definire strategie di lungo periodo, in grado di orientare le scelte industriali e regolatorie per quanto attiene, ad esempio, la definizione sia dei target di immissione in rete che facilitino lo sviluppo della domanda, sia della disciplina delle ga­ranzie d’origine dell’idrogeno verde e del biome­tano.

Caratteristiche del campione

Per il settore residenziale lo studio ha ipotizza­to l’introduzione dell’idrogeno verde (di seguito “idrogeno”) in miscela al 20% nel territorio della provincia di Asti (figura 1), scelta per:

  • l’ampia disponibilità di dati statistici relativi sia al patrimonio costruito (fonti: ISTAT, CRESME), sia ai consumi (Italgas);
  • la classificazione prevalente dei comuni in zona climatica E, rappresentativa di circa il 54% delle municipalità italiane.

È stata ipotizzata la riqualificazione del parco edilizio esistente, in larga misura alimentato da caldaie a metano, con caldaie di ultima generazione “hydrogen 20% ready”.

La definizione delle tipologie di utenze ha fatto riferimento allo studio “Prestazioni energetiche e ambientali dei generatori ter­mici, anche non convenzionali, in edifici residenziali di riferimen­to”, condotto nel 2022 dal Dipartimento DESTEC dell’Università di Pisa.

La simulazione ha interessato:

  • quattro tipologie edilizie di riferimento: appartamenti in con­dominio, con impianto di riscaldamento autonomo (~52%) e centralizzato (~23%), e residenze unifamiliari, con involucro edilizio a prestazioni basse (~20%) e migliorate con terminali a bassa temperatura (~5%);
  • differenti tipologie di impianti (caldaia tradizionale e a conden­sazione; pompe di calore aria/acqua elettriche, ad assorbi­mento ed endotermiche; apparecchio ibrido pompa di calore / caldaia a condensazione), con e senza accumulo sanitario e integrazione da solare termico. Per la valutazione dei fabbiso­gni energetici medi i profili d’utenza individuati distinguono fra “lavoratori” e “non lavoratori”.

A fronte di un consumo energetico annuo totale pari a 4.662.959 MWh, i consumi energetici unitari e totali sono risultati pari a:

  • 788 kWh negli appartamenti in condominio con impianto autonomo (totale 1.903.428 MWh, pari a ~41%);
  • 650 kWh nei condomini con impianto centralizzato (2.341.561 MWh, ~50%);
  • 310 kWh nelle residenze unifamiliari a basse presta­zioni (365.288 MWh, ~8%);
  • 178 kWh nelle residenze unifamiliari con involucro migliorato (52.682 MWh, ~1%).

Significativa riduzione di consumi ed emissioni

Lo studio ha indagato l’impie­go di metano, energia elettri­ca, miscela metano/biometa­no al 20%, miscela metano/idrogeno al 20% e solo idro­geno. In dettaglio, il rapporto tipico fra volume di solo metano e vo­lume della miscela (CH4+H2) è stato quantificato in 0,859, mentre, per le emissioni, il rapporto è relativo al solo metano ed è stato quantificato in 0,926.

Per ciascuna tipologia abitativa analizzata, l’analisi ha considera­to i consumi di idrogeno verde, i risparmi di metano e la riduzione di emissioni di CO2.

La simulazione dell’uso della miscela metano/idrogeno al 20% è stata effettuata nelle ipotesi che il parco impianti sia composto al 50% da caldaie tradizionali e da caldaie a condensazione (tabel­la 1) oppure al 100% da sole caldaie a condensazione (tabella 2).

In dettaglio, considerando tutte le tipologie abitative, i risultati evidenziano che:

  • al variare della tecnologia e a parità di combustibile utilizzato, si riducono i consumi di metano del 9,6% e le emissioni del 8,7%;
  • a parità di tecnologia e al variare del combustibile, si riducono i consumi di metano del 6,9% e le emissioni del 7,4%;
  • al variare della tecnologia e del combustibile, lo studio eviden­zia come l’effetto combinato restituisca risparmi significativi, pari al 16,5% per il consumo di metano, con conseguente ridu­zione anche della quantità di idrogeno neces­saria a realizzare la miscela, e al 16,1% delle emissioni di CO2.

La sostituzione di parte del metano con bio­metano comporterebbe ulteriori vantaggi in termini di riduzione del consumo di combusti­bile fossile.

Evidenze e confronti

La quantità totale di idrogeno nello scenario tec­nologicamente più sfavorevole (5.320.730 m3) equivale a 478 t/anno. Per stimare il profilo di consumo, il fabbisogno è stato distinto fra i con­sumi per il riscaldamento, pari al 87% del totale e concentrati nel semestre fra novembre e aprile, e per produzione dell’ACS e cot­tura dei cibi, pari al restante 13% per l’intero anno (figure 2 e 3).

Secondo lo studio, il dimensiona­mento di un elettrolizzatore in gra­do di fronteggiare il fabbisogno del mese con consumi più elevati (gen­naio: ~500 kg/h) è nell’ordine di 90 MW (figura 4).

Considerando invece l’ipotesi tecno­logicamente più favorevole e il valo­re medio di mercato della CO2 (100 euro/t) la riduzione delle emissioni di CO2 (70.794 t) porterebbe a una riduzione dei costi sociali connessi a ondate di calore, siccità, alluvioni, incendi ecc. non inferiore a 7 milioni di euro. Al riguardo, una recente ricerca stima questo costo sociale pari a ~170 euro/t.

La riduzione delle emissioni può es­sere conseguita anche con soluzioni differenti rispetto all’uso di miscela metano/idrogeno, ad esempio con l’installazione di pompe di calore aria/acqua elettriche alimentate esclusivamente da fonti rinnovabili, in abbinamento con campo fotovol­taico e accumulo a batteria.

È stato perciò effettuato un confron­to economico con questa soluzione, partendo dall’assunto di mantene­re invariata la riduzione totale delle emissioni risultante dall’uso della miscela e applicando la soluzione full electric preferibilmente alle re­sidenze unifamiliari a basse presta­zioni. Il confronto è stato effettuato su un orizzonte temporale di 20 anni. Allo scopo sono stati considerati fra l’altro:

  • costo medio per acquisto e installazione della caldaia a condensazione: 3.000 euro;
  • costo medio per acquisto e installazione di pompa di calore, campo fotovoltaico e accumu­lo: 30.000 euro;
  • costo dell’idrogeno: 15 euro/kg (prezzo co­stante per tutti i 20 anni);
  • consumo elettrico medio della pompa di calo­re: 1.650 kWh/anno;
  • costo sociale della CO2: 170 euro/t.

I risultati del confronto indicano che, a parità di beneficio ambientale, la soluzione con caldaia a condensazione alimentata con miscela risulte­rebbe notevolmente meno impattante dal punto di vista econo­mico e permetterebbe quindi l’accesso a una platea più ampia di consumatori (tabella 3).

idrogeno residenzialeConsiderazioni conclusive

Nelle pagine conclusive lo studio afferma che la transizione energetica non può essere unidirezionale, ma dev’essere per­seguita promuovendo un approccio multi-tecnologico e multi-e­nergetico, trovando il giusto compromesso che metta d’accor­do aspetti economici, con particolare riferimento all’inclusività nei confronti dei consumatori, e il contenimento delle emissioni climalteranti.

Il business model delineato risulta estremamente flessibile e aperto a ulteriori miglioramenti, ad esempio nel caso di installazione di generatori ibridi factory made che, a fronte di costi di acquisto e installazione più contenuti rispetto all’opzio­ne full electric, restituiscono comunque interessanti benefici dal punto di vista energetico e ambientale rispetto all’installazione di caldaie a condensazione.

idrogeno residenzialeL’idrogeno rappresenta perciò un elemento fondamentale per la transizione energetica ed ecologica anche nel settore resi­denziale, dove risulta economicamente più competitivo rispetto all’elettrificazione totale o parziale.

Le principali criticità del business mo­del consistono nei costi di investimen­to per la realizzazione dell’infrastrut­tura per la produzione dell’idrogeno e nell’assenza di un framework norma­tivo, tecnico e regolatorio abilitante. Altre criticità consistono:

  • nell’elevato costo di produzione at­tuale, compreso fra 8÷20 euro/kg, a sua volta influenzato dal prezzo dell’e­nergia elettrica e quindi dalla pene­trazione delle fonti rinnovabili nel mix nazionale;
  • nella sua valorizzazione, a prezzo di mercato o a costo di produzione indu­striale, che producono una differenza non trascurabile (quasi 2 euro/kg in più) per il costo di produzione;
  • nell’assenza di quadro normativo chiaro e definito anche per quanto riguarda i processi autorizzativi.

Tutti questi fattori penalizzano pesantemente l’idrogeno in ter­mini di competitività e rendono estremamente difficile la sua diffusione. È perciò necessario intervenire tempestivamente su questi fattori, per facilitare lo sviluppo della filiera e di un vero mercato dell’idrogeno.

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