Il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha recentemente presentato la quarta edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia. Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia”.
Un primo tema trattato dalla Relazione – rivela il Cnr – riguarda l’assegnazione competitiva di finanziamenti pubblici per lo svolgimento di progetti di ricerca e sviluppo presentati in risposta a bandi pubblici competitivi, analizzati nel periodo 2012-2021 e comparati con programmi analoghi in Austria, Germania, Svizzera e Regno Unito.
Dall’analisi emerge una bassa numerosità degli strumenti competitivi attivati in Italia, contrariamente a quanto avvenuto in altri Paesi europei, in cui negli ultimi decenni l’offerta di strumenti competitivi nazionali si è ampliata e diversificata. A ciò si aggiunge un ridotto orientamento degli strumenti di finanziamento verso obiettivi di ricerca collegati alle grandi “Societal Challenges” – o sfide sociali – e alle Tecnologie Abilitanti lanciate dai Programmi Quadro Europei e recentemente confermate anche nell’ambito del programma pluriennale dell’Unione Europea “Horizon Europe”.
Secondo il Cnr, una novità è, tuttavia, rappresentata dal PNRR, che sta fornendo risorse per una massiccia quantità di nuovi investimenti volti all’innovazione: una scommessa importante che darà i suoi frutti quanto più permetterà di generare opportunità a lungo termine, attivando un circolo virtuoso in grado di creare nuova innovazione da cui scaturirà un rifinanziamento per lo sviluppo di nuove conoscenze scientifiche.
La Relazione affronta poi l’impatto della mobilità dei dottorandi, che – sottolinea il Cnr – rappresentano le risorse umane cruciali per la futura società della conoscenza, offrendo una riflessione su quanto sia importante, nel mondo globalizzato, svolgere un’esperienza internazionale già durante il dottorato di ricerca. I dati, acquisiti attraverso il database “Mobility Survey of the Higher Education Sector” (More), prendono in esame ricercatori e dottorandi in oltre trenta Paesi europei, di cui il 35% italiani.
Emerge – sostiene il Cnr – come la mobilità favorisca le opportunità di formazione e di crescita personale, la conoscenza diretta di ambiti lavorativi diversi da quelli nazionali, la creazione e il consolidamento di una rete di contatti personali, di fatto ampliando le possibilità di trovare lavoro e accedere a salari più alti. I dati attestano, inoltre, che le esperienze internazionali non rallentano significativamente l’ingresso nel mondo professionale (accesso alla carriera accademica o a una posizione di ricercatore).
La Relazione affronta di seguito l’argomento delle tendenze brevettuali. L’analisi comparata dei profili di specializzazione tecnologica con i principali Paesi dell’area Ocse – fa notare il Cnr – mostra come l’Italia sia prevalentemente specializzata in industrie tradizionali, non avendo ancora sviluppato adeguate competenze in quei settori ad alto contenuto tecnologico che presentano maggiori opportunità economiche. Il profilo di specializzazione italiano è in linea con quelli degli altri Paesi europei, sebbene il numero complessivo dei brevetti italiani (nel 2020, 4.460 brevetti rilasciati dall’Ufficio europeo dei brevetti, e 3.238 rilasciati negli Stati Uniti) sia inferiore a quello dei nostri partner commerciali: meno della metà di quelli registrati dagli inventori francesi, e meno di un quinto di quelli registrati dagli inventori tedeschi. Anche l’attività brevettuale italiana – lamenta il Cnr – riflette il ristretto numero di grandi imprese moderne e, al contempo, la presenza di un numero elevato di imprese di piccole e medie dimensioni.
A livello regionale, la maggior parte della base industriale italiana rimane concentrata al Nord, anche se si identifica uno spostamento di capacità innovativa, tra il 1999 e il 2019, dal Nord-Ovest verso il Nord-Est, con aumenti in particolare in Emilia-Romagna e Veneto (rispettivamente, +3.2 e +2.9). L’Emilia-Romagna si attesta come regione con la più elevata intensità brevettuale (161 brevetti per milione di abitanti), superando la Lombardia (111 brevetti per milione), il Veneto (109 per milione) e il Piemonte (89 brevetti per milione).
Un ulteriore tema trattato dalla Relazione è quello del trasferimento tecnologico della ricerca pubblica, analizzato attraverso la lente delle strutture impegnate a gestirne l’attuazione e l’efficacia (Uffici di Trasferimento Tecnologico o “TTO”), il cui compito è appunto quello di mettere in connessione mondo accademico e imprese mediante una collaborazione proficua e duratura.
Complessivamente si evidenzia un progressivo miglioramento delle prestazioni dei TTO che operano a livello nazionale a sostegno di Università ed Enti Pubblici di Ricerca, anche se permane ancora un divario in termini di risorse destinate a sostenere l’interazione pubblico-privato in materia di processi di innovazione. Anche in questo caso – conclude il Cnr – un ruolo strategico può essere svolto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ha stanziato importanti risorse a favore del trasferimento tecnologico per incoraggiare e sostenere la collaborazione sia tra università e centri di ricerca, sia tra l’accademia e l’industria.