Il progetto YEAH dimostra la fattibilità tecnica ed economica di un insediamento residenziale collettivo off-grid, disconnesso dalle reti elettrica, idrica e fognaria, che utilizza anche cella a combustibile e stoccaggio dell’idrogeno.
La progressiva affermazione delle fonti energetiche rinnovabili e l’opportunità di accumularle sotto forma di idrogeno sono al centro delle ricerche per raggiungere l’obiettivo “emissioni zero” da parte degli edifici. YEAH (Yellon Environmental Aesthetic Housing) si spinge ancora più in avanti, prefigurando la costruzione di edifici condominiali completamente autonomi rispetto a qualsiasi rete, caratterizzati da un “impatto zero” ambientale e urbano.
Il concept originale di YEAH è stato sviluppato da Yellon – società di architettura, design e comunicazione focalizzata sull’eco-sostenibilità delle costruzioni, con sede principale in Svezia – che ha poi costituito e coordinato un team di enti e aziende scandinave operanti nel settore, per sviluppare il progetto edilizio e impiantistico e valutarne la fattibilità tecnica economica.
L’iniziativa si propone di testare le condizioni abilitanti di una nuova generazione di edifici ad altissime prestazioni energetiche, NZEB e off-grid, ovvero non dipendenti dal collegamento alle reti energetiche e idrico-sanitarie per il loro funzionamento, compresa le forniture di elettricità e acqua per i consumi individuali a carico degli abitanti, completamente affidata a soluzioni e tecnologie “circolari”.
L’assenza di connessione con le reti assume un importante significato in termini di sostenibilità globale di questo nuovo tipo di edifici che, senza pregiudizio per la qualità della vita degli abitanti, concorrono all’eliminazione delle principali fonti di inquinamento ambientale e all’incremento della resilienza degli insediamenti urbani, consentendo comunque una notevole concentrazione demografica.
Territorio, clima, costruzione, comfort
La prima proposta progettuale del concept YEAH interessa un intervento di edilizia abitativa di nuova costruzione, per un totale di 44 appartamenti 100% off-grid, da realizzare a Jönköping – cittadina della Svezia meridionale (latitudine 57°47’ N) – per conto della locale azienda immobiliare municipale Vätterhem. Il sito di progetto si trova in località Öxnehaga – un’area residenziale posta in collina, qualche km a est rispetto al centro urbano.
Caratterizzato da inverni freddi e lunghi, il clima locale è mitigato dalla vicinanza del lago Vättern: le temperature medie oscillano fra -2,7 °C (febbraio) e +15,5 °C (luglio), con temperatura media annua di +5,8 °C ed estremi nell’ordine di -25 °C e +28 °C. L’intervento prevede la costruzione di 4 edifici in linea con distribuzione a ballatoio.
Orientati secondo l’asse prevalente nordest/ sud-ovest, i volumi sono disposti a coppie attorno a corti-giardino dalla forma esagonale, articolate su 2 livelli e aperte su fronti contrapposti, verso la strada d’accesso e verso il parco che separa le residenze dalla viabilità principale. Ogni coppia di edifici presenta un’impronta a terra di circa 620 m2 e si sviluppa su 3 livelli fuori terra, più un semipiano seminterrato per spazi di servizio collettivi (deposito, lavanderia, ecc.), garages e dotazioni tecniche (centrali impiantistiche, accumulo geotermico, canalizzazioni aerauliche sotterranee), per una superficie calpestabile/ climatizzata totale di 3.850 m2.
Il riscaldamento invernale è affidato a pavimenti radianti, mentre la ventilazione è di tipo naturale, demandata a un impianto di temperamento geotermico che durante tutto l’anno, immette negli ambienti abitati aria a 14÷16 °C con U.r. 40÷60%. La temperatura d’esercizio invernale degli appartamenti è nell’ordine di 20÷22 °C.
Ogni appartamento è equipaggiato con un impianto ibrido per la ventilazione naturale continua, che utilizza il calore del terreno per il temperamento invernale ed estivo della temperatura dell’aria in ingresso e che non prevede il recupero del calore contenuto nell’aria espulsa. L’impianto è ispirato al funzionamento della ventilazione nei termitai: mediante un ventilatore assiale funzionante a ridotto numero di giri, l’aria esterna è immessa in un lungo condotto sotterraneo in cemento (lunghezza circa 150 m per coppia di edifici, diametro circa 2 m). Per effetto della bassa velocità di transito, l’aria stabilizza la propria temperatura fino a quella del terreno, mentre le particelle sospese si depositano sul fondo del condotto: la loro precipitazione elimina la gran parte degli inquinanti aerosospesi, compresi gli allergeni, senza filtrazione meccanica né umidificazione/deumidificazione. La pulizia del condotto è prevista ogni 6 mesi. Senza ulteriori trattamenti, l’aria è così immessa direttamente negli appartamenti, in corrispondenza di soggiorno e camere. L’espulsione avviene per auto-tiraggio, attraverso le estrazioni dell’aria esausta dalla cucina e dai bagni sfocianti direttamente all’esterno, in copertura. In caso di necessità si attivano i ventilatori per l’estrazione forzata, mentre in caso di incendio il ventilatore del condotto ipogeo può essere utilizzato per aspirare i fumi.
Fonti rinnovabili locali
Principale obiettivo del progetto è dimostrare la fattibilità di un complesso condominiale allineato agli standard costruttivi di Vätterhem e, contestualmente, stimare le opportunità economiche e gestionali derivanti dalle costruzioni completamente autosufficienti e dai relativi sottosistemi tecnici alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili locali, nel quadro di un approccio olistico.
Durante l’arco dell’anno a Jönköping si registrano in media 1.800 ore di soleggiamento, con estremi di 284 ore a giugno e di 45 ore a gennaio. In genere gli edifici residenziali non necessitano di climatizzazione estiva e, per garantire l’autosufficienza energetica, è necessario prevedere accumuli elettrici e termici.
La produzione di energia è affidata esclusivamente all’energia solare, mediante un involucro edilizio attivo composto da diverse tipologie di moduli fotovoltaici e ibridi fotovoltaici/termici. Lo stoccaggio dell’elettricità si basa su batterie elettrochimiche e su un elettrolizzatore abbinato a bombole per l’idrogeno, utili anche per la mobilità sostenibile. Lo stoccaggio del calore è invece demandato a un campo geotermico superficiale. Una cella a combustione produce elettricità utilizzando l’idrogeno e alimenta una pompa di calore che regola il funzionamento termico degli impianti meccanici.
Contestualmente sono state effettuate indagini per confermare la fattibilità di un approvvigionamento idrico esclusivamente basato sull’uso di acqua di pozzo e piovana, prevedendo opportuni sistemi di trattamento e riuso differenziati delle acque grigie e nere. Dalla riduzione degli sprechi e dalla raccolta differenziata dei rifiuti, a lungo termine è atteso un drastico abbattimento della componente umida (97%) e le altre frazioni (95%). Anche la sostenibilità sociale dell’intervento è al centro del progetto.
Gli edifici sono infatti composti da appartamenti in grado di assecondare l’evoluzione della vita familiare degli abitanti e sono dotati di spazi e strutture dedicate alle relazioni personali e alla vita della comunità (giardino, serra, officina per biciclette, lavanderia, ecc.). Sono inoltre previsti servizi di economia condivisa (carpooling, progetti di giardinaggio condiviso, ecc.).
Guscio climatico attivo
Il consumo annuo di elettricità del complesso residenziale è stato stimato in circa 120.000 kWh, interamente coperti dalla fonte solare che è alla base del sistema di produzione dell’energia elettrica e termica. Allo scopo l’involucro edilizio degli edifici è quasi interamente rivestito da superfici captanti fotovoltaiche e ibride, opportunamente esposte e orientate per ottimizzarne la resa in funzione del fabbisogno.
Si tratta complessivamente di:
- 628 moduli PV al silicio cristallino (ciascuno 318 kWp) distribuiti su coperture e ballatoi degli edifici abitativi, delle serre e delle tettoie con stalli per le biciclette;
- 120 moduli ibridi PVT al silicio cristallino (ciascuno 318 kWp, con ulteriore +15% di potenza elettrica riconducibile al raffreddamento dei moduli ed energia termica pari al totale della po tenza elettrica);
- 240 m2 di pannelli PV a film sottile CIGS (120 kWp/m2), sulle falde esposte a nord-ovest; • 500 m2 di pannelli PV per facciate rivestiti con film sottile e pellicola nanotecnologica (130 kWp/m2), sui prospetti opaci esposti a est, sud e ovest;
- 240 m2 di vetrate semitrasparenti (40%) con film sottile CdTe (77 kWp/m2), sui prospetti dei ballatoi.
L’involucro edilizio configura anche un “guscio climatico” idoneo al contenimento delle dispersioni termiche. A contatto con il suolo, i solai in calcestruzzo armato e le pareti controterra dei semipiani ipogei sono protetti con pannelli in eps (spessore 300 mm; U = 0,11 W/m2K), mentre i solai dei semipiani soprastanti l’accumulo geotermico non sono isolati, per consentire lo scambio di calore con l’edificio. Le pareti esterne dispongono di strati isolanti in lana minerale (70+220+30 mm; U = 0,145W/m2K).
Le falde delle coperture sono realizzate con strutture in legno sostenute da capriate, sempre con isolamento in lana di roccia (220+145 mm; U = 0,11W/m2K). Grazie alle facciate continue semitrasparenti, i ballatoi si configurano come volumi tampone, a temperatura intermedia fra l’esterno e l’interno. L’insieme delle prestazioni isolanti del guscio climatico mantiene le dispersioni termiche leggermente al di sotto di 20 kWh/m2 all’anno, con prestazioni equiparabili a quelle di un nZEB.
Energia: produzione e consumi
Su base annuale, la produzione complessiva di elettricità da parte del guscio climatico attivo è stimata da Nilsson Energy in poco più di 240.000 kWh (di cui circa 185.000 kWh appannaggio dei moduli fotovoltaici al silicio cristallino), mentre i consumi sono nell’ordine di 88.000 kWh per le utenze private e di 27.960 kWh per le utenze condominiali, di cui:
- 13.280 kWh per riscaldamento invernale;
- 559 kWh per la produzione dell’ACS;
- 6.121 kWh per ventilazione e circolatori;
- 8.000 kWh per altri consumi.
Il consumo elettrico è ripartito fra utenze AC a 230 V (forza motrice) e DC a 24 V (illuminazione, elettropompe, alcuni elettrodomestici, ecc.).
L’energia elettrica non autoconsumata è accumulata in batterie elettrochimiche all’idruro metallico (capacità complessiva 124 kWh), più pesanti e ingombranti rispetto alle batterie al litio ma dalla durata molto più lunga, per:
- la copertura degli assorbimenti degli edifici nei periodi in cui non c’è produzione da parte del guscio climatico attivo;
- la ricarica delle autovetture elettriche;
- il funzionamento dell’elettrolizzatore (923 ore previste ogni anno).
Quest’ultimo, nei periodi di maggiore soleggiamento (da marzo e settembre), può essere alimentato direttamente anche dall’involucro attivo.
L’idrogeno prodotto a partire dall’acqua del pozzo (27.704 30 Nm3/h, pari a 152.374 kWh) è compresso e stoccato in bombole (pressione 300 bar a 20 °C), per l’alimentazione della cella a combustibile e per il rifornimento delle autovetture a idrogeno. La cella a combustibile del tipo con membrana a scambio protonico (PEM) funziona nel periodo invernale (da ottobre a febbraio, per 15 ore al giorno). Produce direttamente 32.201 kWhe, distribuiti alle utenze elettriche, e consente un recupero del calore nell’ordine di 33.811 kWht a 65 °C.
Il corretto funzionamento degli impianti energetici, elettrici, di climatizzazione e idrico-sanitari è affidato a un sistema di supervisione concepito per stimolare gli abitanti nei confronti del consumo consapevole e del risparmio energetico. Gli impianti, in particolare quelli energetici ed elettrici, permettono l’esecuzione di interventi di manutenzione senza pregiudizio per la continuità del servizio.
L’energia termica recuperata dalla cella a combustibile, sommata a quella proveniente nel periodo estivo dal processo di elettrolisi (33.245 kWht a 55 °C) e, durante l’intero arco dell’anno, dal circuito di raffreddamento dei moduli ibridi (a 20÷40 °C), è messa a disposizione delle 2 pompe di calore acqua/acqua ad alta efficienza attraverso un accumulo termostatico. Il generatore termico alimenta l’impianto di riscaldamento a pavimenti radianti a bassa temperatura e, a partire dalle acque grigie (T = 30 °C), produce l’ACS (Tmax = 45 °C).
Per effetto delle elevate temperature dei recuperi termici, le pompe di calore presentano una potenza contenuta (ciascuna 23 kW) e prestazioni molto elevate (COP ≈ 9). Il calore in eccesso, recuperato prevalentemente nel periodo estivo, e stoccato nell’accumulo geotermico stagionale (ASES: Active Solar Energy Storage), costituito da:
- terreno sottostante l’edificio (in questo caso i semipiani senza spazi interrati);
- circuiti di sonde geotermiche superficiali, interrate a 1,5 m di profondità.
Lo strato di terreno che costituisce l’ASES può essere realizzato utilizzando il terreno di scavo delle fondazioni, se presenta caratteristiche idonee (alto contenuto di limo); in caso contrario l’accumulo e realizzato con polvere di roccia. Lo stoccaggio termico avviene a circa 20 °C: la capacità energetica e nell’ordine di 15÷20 kWh/m2 all’anno, mentre la potenza massima di uscita e di poco inferiore a 10 W/m2, erogata da fine settembre a meta aprile.
Acqua: qualità per il riuso
La riduzione del consumo di acqua (fino al 90% rispetto al fabbisogno standard) e del relativo fabbisogno termico (fino al 75% di energia per la produzione dell’acqua calda sanitaria) sono fra i principali obiettivi del progetto. Per ottenere questo risultato sono state sviluppate soluzioni ad hoc per l’approvvigionamento, la distribuzione, lo scarico, i trattamenti e il riuso, differenziati a seconda delle diverse tipologie di acqua.
L’acqua potabile (circa il 5% del totale) è attinta da un pozzo situato nell’area d’intervento (le normative locali per l’uso alimentare prevedono il monitoraggio continuo della qualità e il campionamento con cadenza settimanale) ed è distribuita esclusivamente agli apparecchi erogatori del lavello, in cucina, e del lavabo, nel bagno.
Gli scarichi sono differenziati per permettere la separazione delle acque. Per quelle provenienti dalle cucine, contaminate da oli, grassi e residui alimentari, se ne misura la conducibilità che, se troppo elevata, comporta l’invio al trattamento delle acque nere. In caso contrario le acque provenienti dalle cucine sono inviate al trattamento delle acque grigie, assieme a quelle di scarico provenienti dagli altri apparecchi dei bagni (vasi esclusi) e dagli elettrodomestici.
Per gli usi non potabili si utilizzano altre fonti disponibili nell’insediamento:
- l’acqua piovana e le acque grigie trattate, per l’igiene personale (escluso il lavaggio dei denti), il lavaggio di indumenti, stoviglie, ecc. e la pulizia dei locali, ecc.;
- le acque nere trattate, solo per alimentare le cassette di risciacquo e l’impianto di irrigazione del giardino L’acqua piovana proviene dalle coperture e dalle aree all’aperto e può coprire fino al 90% del fabbisogno.
L’acqua confluisce in uno stagno che funge da riserva, la cui capacità massima di 410 m3 permette fronteggiare le necessità di 120÷150 persone per un periodo di 3 mesi senza precipitazioni. In caso di necessità la riserva è rabboccata con l’acqua del pozzo.
Previo passaggio in un filtro a sabbia, l’acqua piovana è miscelata con le acque grigie trattate, ovvero già sottoposte a:
- filtrazione meccanica (per la rimozione delle particelle fino a 0,01 my, secondo i dati rilevati dal monitoraggio continuo della conducibilità elettrica; in caso di necessità, l’acqua è inviata al trattamento delle acque nere);
- ossidazione avanzata e irraggiamento con lampada UV.
A valle del processo si ottiene acqua con un elevato livello di purezza, compatibile con le norme sanitarie locali, a circa 30 °C, erogata da apparecchi distinti rispetto a quelli per l’acqua potabile (rubinetti dell’acqua calda di cucine e bagni, docce, lavanderia). La temperatura può essere aumentata a richiesta fino a 45 °C, con l’intervento della stessa pompa di calore che alimenta l’impianto di climatizzazione invernale.
Le acque nere, gli scarichi della cucina e le eventuali acque grigie non rispondenti ai parametri di purezza (3÷4 m3 al giorno) sono avviate al trattamento di depurazione biologico, basato sull’impiego dei processi naturali e senza uso di sostanze chimiche.
Dopo la separazione da eventuali oggetti solidi, l’acqua attraversa:
- una vasca anaerobica, popolata da microorganismi che ne degradano i composti organici complessi;
- una vasca aerobica in cui gli apparati radicali delle piante e altri microorganismi e insetti operano la depurazione finale dagli inquinanti. Rispetto ai tempi necessari in natura per ottenere lo stesso risultato, il processo è estremamente efficiente (può rimuovere fino al 90% dei residui di medicinali), rapido (un ciclo si conclude in 12 ore) e non comporta la formazione di fanghi. L’acqua così ottenuta presenta anch’essa un elevato grado di purezza.
Edifici off-grid per fare la differenza
Abbiamo chiesto a Pär Löfstedt, brand strategist di YeIIon e responsabile del progetto YEAH, come è nata l’idea di progettare un edificio off-grid in un’area urbanizzata:
«Yellon è un’azienda che vuole “fare la differenza”. Assieme a Patrik Svensson (progettista architettonico) abbiamo individuato gli edifici off-grid – si tratta normalmente di piccole residenze unifamiliari che sorgono in luoghi remoti – quale campo di ricerca d’interesse comune. Abbiamo trascorso un paio d’anni alla ricerca di soluzioni e tecniche per costruire un edificio off-grid al 100%, concentrandoci in particolare sulle soluzioni per risolvere i problemi legati all’approvvigionamento, consumo e riuso dell’acqua. Conclusa la ricerca, ci siamo resi conto che avremmo potuto veramente fare la differenza solo affrontando il tema della costruzione off-grid nel contesto della città contemporanea, ovvero progettando edifici condominiali e quartieri off-grid al 100%».
Quali sono stati i passi successivi?
«L’idea è stata proposta a Vätterhem che ha cofinanziato i costi di sviluppo assieme a Yellon. Abbiamo così iniziato a formare il team YEAH, coinvolgendo i fornitori di tecnologia quali partner tecnici, con l’obiettivo di definire uno scenario tecnico d’intervento, che è stato convalidato da un docente del KTH Royal Institute of Technology.
Oltre a me (coordinamento, integrazione dei sistemi) e a Patrik (architettura, sostenibilità), il team è stato completato da:
- Anders Lundbladh (RISE Research Institutes of Sweden), specialista in celle a combustibile, che si è occupato anche dei seminari per i partner tecnici mirati all’integrazione di soluzioni e tecnologie;ù
- Bengt Stridh e Pietro Campana (Mälardalens Universitet), che hanno sviluppato un modello digitale completo dei flussi di energia e acqua;
- Henrik Möller (Vätterhem), responsabile per gli aspetti costruttivi In questo modo il team ha ottenuto un finanziamento governativo a parziale copertura dei costi da sostenere per lo sviluppo del progetto».
Quali obiettivi hanno guidato la progettazione?
«Abbiamo voluto garantire agli abitanti di YEAH la stessa qualità della vita di una qualsiasi altra abitazione contemporanea, senza compromessi. Non è stato facile: dal punto di vista tecnico, infatti, rendere autosufficiente una casa unifamiliare è decisamente semplice, per quanto costoso. Con un condominio è tutto molto più complesso: ad esempio, per massimizzare la raccolta dell’acqua piovana gli spazi esterni sono stati modellati ad hoc. Abbiamo anche profondamente modificato il metodo progettuale, lavorando al contrario rispetto al metodo tradizionale.
In generale siamo partiti dalle specifiche tecniche. Ad esempio, la modellazione digitale mostrava che, ai fini dell’autosufficienza energetica, potevamo costruire solo tre piani fuori terra. Ogni ulteriore piano avrebbe richiesto ulteriore superficie captante per i moduli fotovoltaici rispetto a quella disponibile. Allo stesso modo, per ridurre al minimo l’“impronta carbonio” abbiamo dapprima selezionato tecniche costruttive e materiali in base agli obiettivi di sostenibilità, utilizzando il più possibile materiali da costruzione a basso impatto ambientale e di provenienza locale, e poi progettato gli edifici senza ricorrere a soluzioni precostituite».
Per soddisfare tutti i fabbisogni, nel progetto sono stati inserite componenti inusuali per l’edilizia corrente (elettrolizzatore, cella a combustibile, depurazione delle acque, ecc.): avete stimato il loro impatto economico sui costi di costruzione, gestione e manutenzione?
«I costi di costruzione sono inizialmente molto più alti rispetto a un edificio standard, ma abbiamo scoperto che le spese di manutenzione riconducibili ai componenti “extra” sono pari al risparmio derivante dall’assenza di costi per la connessione alle reti e per i relativi consumi di elettricità, acqua e fognatura.
Secondo i nostri calcoli iniziali (effettuati nel 2020 per la realtà di Jönköping), addebitando ai residenti le spese per i consumi a un tasso leggermente inferiore rispetto al normale, Vätterhem raggiungerebbe il break-even in circa 15÷20 anni. Attualmente lo scenario è più favorevole: il tempo di rientro degli extracosti è stimato in 5÷8 anni, perciò l’operazione garantirebbe a Vätterhem profitti notevoli nell’arco dei 50 anni di vita utile prevista dell’intervento».
Quali sono le attuali opportunità di costruzione di edifici con il concetto YEAH?
«Considerando l’aumento delle tariffe energetiche e la progressiva diminuzione dei costi delle tecnologie – conclude Pär Löfstedt – le opportunità non sono mai state migliori. Inoltre, la guerra in Ucraina ha evidenziato la vulnerabilità delle infrastrutture di rete e, di conseguenza, la necessità di incrementare la resilienza delle città attraverso edifici off-grid».