Il rapporto “La sorveglianza della radioattività ambientale in Italia”, pubblicato dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), dedica un capitolo al radon indoor che rappresenta la principale fonte di esposizione a radiazioni ionizzanti per la popolazione italiana, con particolare riferimento alla presenza di questo gas radioattivo nelle abitazioni oltre che al numero delle misure effettuate nei luoghi di lavoro e nelle scuole.
Sono presentati i dati attualmente disponibili sul territorio italiano, raccolti principalmente nell’ambito di una campagna di monitoraggio nazionale e delle successive indagini condotte dalle Agenzie Regionali e delle Province Autonome per la Protezione dell’Ambiente e dall’Isin.
Il radon – ricorda l’Istituto – è un gas naturale generato dal decadimento radioattivo del radio che si trova naturalmente nelle rocce, nei suoli e nei materiali da costruzione che ne derivano. Entra e si diffonde negli edifici (radon indoor), raggiungendo concentrazioni, variabili da ambiente ad ambiente, che possono rappresentare un rischio per gli occupanti a causa della cancerogenicità accertata.
A seconda dei livelli riscontrati, è possibile limitare l’esposizione grazie ad azioni di risanamento e accorgimenti tecnici, tra i quali garantire la ventilazione o la miscelazione con aria esterna e sigillare le vie di ingresso del gas all’interno degli edifici.
Dal punto di vista legislativo, il rapporto ricorda inoltre che il riferimento è il decreto 101/2020 (recentemente integrato dal Decreto Legislativo n. 203 del 25 novembre 2022) che prevede per il radon indoor un livello di riferimento, ovvero un valore di dose o di concentrazione di attività, al di sopra del quale non è opportuno consentire l’esposizione e al di sotto del quale la protezione dovrebbe comunque essere attuata in funzione del principio di ottimizzazione.
I livelli massimi di riferimento, in termini di valore medio annuo della concentrazione di attività di radon in aria, sono fissati a 300 Bq m-3 per i luoghi di lavoro e per le abitazioni esistenti, e a 200 Bq m-3 per le abitazioni che verranno costruiti dopo il 31 dicembre 2024. Per i luoghi di lavoro è inoltre fissato un livello di riferimento in termini di dose efficace annua pari a 6 mSv. Le disposizioni relative all’esposizione al radon nei luoghi di lavoro si applicano nei luoghi di lavoro sotterranei, in specifiche tipologie di luoghi di lavoro identificati dal Piano nazionale d’azione per il radon, negli stabilimenti termali, e all’interno delle aree prioritarie nei luoghi di lavoro semi sotterranei o situati al piano terra.
Nei sopracitati luoghi di lavoro l’esercente è tenuto ad effettuare la misurazione del radon (e ripeterla ogni 8 anni o in caso di particolari lavori strutturali a livello dell’attacco a terra nonché di interventi volti a migliorare l’isolamento termico) avvalendosi di servizi di dosimetria riconosciuti. E, nel caso si verifichi un superamento del suddetto livello di riferimento, a porre in essere delle misure correttive per ridurre la concentrazione al livello più basso ragionevolmente ottenibile (ripetendo le misurazioni del radon ogni 4 anni per verificarne il mantenimento nel tempo dell’efficacia).
In tale ambito, il decreto identifica la figura professionale dell’esperto in interventi di risanamento radon, il quale deve essere in possesso dell’abilitazione all’esercizio della professione di geometra, ingegnere o architetto nonché di una formazione attestata attraverso corsi specifici di almeno 60 ore su progettazione, attuazione, gestione e controllo degli interventi correttivi per la riduzione del radon negli edifici.
Qualora, nonostante l’applicazione delle misure correttive la concentrazione di radon rimanga superiore al livello di riferimento, l’esercente deve effettuare la valutazione delle dosi efficaci annue avvalendosi dell’esperto di radioprotezione. Se il valore di dose efficace è minore di 6 mSv/anno, i lavoratori vengono identificati come “lavoratori non esposti”. Se il valore di dose efficace per i lavoratori è superiore a 6 mSv/anno, i lavoratori vengono identificati come “lavoratori esposti”. I luoghi di lavoro saranno classificati come “luoghi controllati” ossia accessibili solo in base a specifiche procedure dettate dall’esperto di radioprotezione.
Tornando ai dati del monitoraggio, il rapporto stima che in Italia, su 31.000.000 di abitazioni censite sul territorio nazionale, più di 500.000 (pari a circa l’1,7%) presenterebbero livelli di radon superiori al limite di massimo riferimento di 300 Bq m-3. Sarebbero circa 200.000 (pari al 4,1% del totale), le abitazioni in Lombardia in cui i valori di radon superano tale valore di riferimento nazionale; a seguire il Lazio (circa 170.000 abitazioni, pari al 6,2%), il Friuli Venezia Giulia (circa 39.000, pari al 5,7%), la Campania (34.000 e una percentuale dell’1,4%) e l’Abruzzo (circa 22.000 abitazioni, pari al 2,9% del totale). La concentrazione media stimata per l’Italia è risultata pari a circa 70 Bq m-3, valore superiore alla media europea pari a circa 55 Bq m-3, e a quella mondiale pari a circa 40 Bq m-3.