Cambridge vs Oxford: sfida sulla ventilazione naturale

Vista esterna del David Attenborough Building in stile brutalista

La rivalità tra le due più prestigiose università inglesi si sposta dalla celebre gara di canottaggio sul tamigi alla costruzione di edifici sostenibili: due recenti progetti dimostrano come applicare la ventilazione naturale per ridurre i consumi energetici per il controllo delle condizioni ambientali.

I sistemi di ventilazione naturale rappresentano una delle so­luzioni più interessanti per migliorare le prestazioni energe­tiche degli edifici e, al tempo stesso, garantire un’adeguata diluizione dei contaminanti ambientali grazie al flussaggio con aria esterna. Ciò risulta fattibile, ovviamente, quando questa presenta idonee condizioni di temperatura e umidità nonché bas­se concentrazioni di inquinanti (PM, polveri, polline), che devono essere rilevati mediante appositi sensori.

Inoltre, per attivare la ventilazione naturale non basta semplice­mente prevedere l’apertura automatica dei serramenti, bensì è necessario creare un regime di pressioni tale da indurre i flussi d’a­ria ad attraversare tutti gli ambienti. A tale scopo risulta indispen­sabile sviluppare soluzioni specifiche per il progetto architettonico e il lay-out interno ed effettuare una verifica preventiva mediante simulazioni CFD.

Tutte queste condizioni sono state implementate in due progetti molto diversi realizzati dalle due maggiori istituzio­ni accademiche inglesi, rispettivamente per la ristrutturazione di una struttura esistente e per la costruzione di un nuovo edificio.

David Attenborough building – Cambridge

Come si trasforma una struttura energivora in stile brutalista dell’Università di Cambridge in una vetrina della sostenibilità ambientale che incoraggia la collaborazione tra i gruppi di ricerca nel campo della protezione della biodiversità?

Nel 1971 lo storico dell’architettura Sir Nikolaus Pevsner definì l’edificio “di una violenza drammatica”. Ora, 50 anni dopo, il progetto di Sir Philip Dowson è riconosciuto come una delle icone della corrente architettonica più controversa del XX secolo. Più recentemente, un altro storico dell’architettura, Barnabas Calder, lo ha descritto come “uno dei capolavori brutalisti più esaltanti di Cambridge” (figura 1). Il progetto di Dowson celebrava il calcestruzzo come materiale da costruzione per eccellenza.

L’edificio di 16.000 m2 presenta una massiccia struttura in cemento armato a piramide rovesciata che si sviluppa su tre livelli che si estendono ciascuno sopra quello sottostante e che poggiano sopra un basamento di due piani rivestito in mattoni. Anche le facciate dell’edificio sono in cemento, intervallate da finestre a nastro con profilo in acciaio.

Se gli storici dell’architettura possono trovare attraente l’aspetto dell’edificio, l’esperienza per gli occupanti è stata sempre tutt’altro che piacevole. Costruito in un’epoca in cui l’energia era a buon mercato e non vi erano preoccupazioni nei confronti dell’ambiente, la struttura era caratterizzato da assenza di isolamento termico, presenza di importanti ponti termici e ampie superfici trasparenti con vetro singolo. Ciò comportava temperature molto alte d’estate e molto basse d’inverno, e un elevato spreco di energia, con un rendimento tra i peggiori tra gli immobili dell’università.

Nel 2012 la società di ingegneria Buro Happold è stata incaricata, insieme allo studio Nicholas Hare Architects, di sviluppare una soluzione per la ristrutturazione dell’edificio, che era sede dei laboratori dei dipartimenti di scienza dei materiali, metallurgia e zoologia ai piani superiori, mentre il podio ospitava una sala conferenze da 450 posti e il museo di zoologia (figura 2).

Fig. 2 – Il museo di zoologia si trova al piano terra

La proposta prevedeva il mantenimento della sala conferenze e del museo mentre i piani superiori sarebbero diventati la nuova sede della Cambridge Conservation Initiative (CCI), un ente dedicato alla collaborazione tra l’università e un gruppo di organizzazioni che operano nel campo della biodiversità.

Il CCI stava cercando un edificio in grado di ospitare circa 500 persone e di incoraggiare attivamente la collaborazione tra i membri. Fin dall’inizio, il nuovo tenant ha espresso in modo chiaro di voler realizzare un campus che fosse il più green possibile, e ha chiesto che le sue credenziali di sostenibilità andassero ben oltre gli standard di settore, in modo da diventare un esempio e rafforzare il messaggio verso corpo accademico, specialisti in protezione ambientale, responsabili politici e leader delle aziende.

Sebbene l’edificio non fosse vincolato, il compito del team di progettazione è stato quello di trasformare questa energivora icona brutalista in una vetrina delle migliori pratiche di sostenibilità, preservando l’integrità architettonica del progetto originale. Per stabilire gli obiettivi del progetto sono stati tenuti workshop tra i vari stakeholder, coinvolgendo i futuri inquilini, i responsabili della gestione dell’università, e il team di progettazione.

Piuttosto che mirare a una certificazione BREEAM specifica per la ristrutturazione, è stato proposto di implementare un progetto sostenibile concepito su misura. Questa soluzione è stata sviluppata a causa della mancanza di metodi di valutazione ambientale specifici per un edificio di questa natura, con i suoi molteplici usi, il particolare livello di ambizione del tenant e l’attenzione dedicata ai diversi aspetti della sostenibilità.

Nell’ambito di questo quadro di riferimento, sono stati fissati requisiti specifici per il progetto relativi a 10 temi principali e a 50 sottotemi, con obiettivi di sostenibilità sia per il team di progettazione sia per gli utenti dell’edificio, una volta occupato, in modo da garantire che il potenziale di sostenibilità dell’edificio fosse effettivamente realizzato. Gli obiettivi principali includevano una riduzione del 40% delle emissioni di CO2 in uso e del 30% dei consumi dell’acqua pro capite, con il 60% della copertura destinata a tetto verde per la biodiversità.

Lo scenario comprendeva anche obiettivi quali salute e benessere degli occupanti e un’attività continua di formazione e informazione rivolta ai fruitori dell’edificio. Prima di iniziare a sviluppare la soluzione di progetto per la ristrutturazione, Buro Happold ha deciso di acquisire una conoscenza approfondita delle prestazioni dell’edificio esistente. Ciò ha richiesto l’esecuzione di una termografia a raggi infrarossi dell’involucro, che ha confermato come gli aspetti peggiori della facciata fossero le finestre a vetro singolo con telaio in acciaio e le lastre in cemento sopra e sotto la vetrata.

I progettisti hanno inoltre eseguito un audit energetico completo, utilizzando i dati delle bollette degli ultimi tre anni per sviluppare il modello di consumo energetico. È stata inoltre intrapresa un’indagine sulla soddisfazione degli occupanti nella fruizione degli ambienti, in particolare in relazione alle condizioni di comfort, che ha confermato come l’edificio fosse percepito come troppo caldo in estate e troppo freddo in inverno.

Dalle indagini sono emersi anche alcuni aspetti peculiari. Ad esempio, si è scoperto che le caldaie erano sottodimensionate rispetto al fabbisogno termico, il che significava che il consumo di gas non era realistico e che nessuno se ne era reso conto dato che gli occupanti avevano compensato la mancanza di calore disponibile utilizzando riscaldatori elettrici.

Oltre ai rilievi energetici, è stato sviluppato un modello 3D dell’edificio mediante una nuvola di punti in modo da ottenere dati dimensionali accurati di tutte le parti interne. Trattandosi di una ristrutturazione, è stato necessario considerare i vincoli imposti dall’edificio sulle soluzioni progettuali proposte.

Il cuore dell’edificio è costituito dall’atrio che è stato modificato estendendo il pozzo di luce esistente fino ai piani inferiori, per portare la luce nel cuore dell’edificio, con un lucernario integrato da celle fotovoltaiche (figura 3). L’atrio si sviluppa su 4 livelli ed è caratterizzato da una parete verde a tutt’altezza con una ricca vegetazione, simbolo della biodiversità (figura 4).

La strategia per il controllo climatico

Quando si è trattato di sviluppare la strategia per il controllo delle condizioni microclimatiche, l’approccio è stato quello di lavorare in primo luogo sull’edificio esistente con l’obiettivo di migliorare le prestazioni dell’involucro per ridurre i carichi di raffreddamento e riscaldamento e utilizzare il minore numero possibile di impianti.

L’edificio originale era già stato progettato con alcune aree ventilate in modo naturale, ma era riscaldato e raffreddato prevalentemente mediante un sistema HVAC a tutt’aria. L’approccio è stato quello di eliminare i canali e di perseguire la strategia della ventilazione naturale per tutti gli uffici perimetrali.

Inoltre, sono stati rimossi i controsoffitti in modo da esporre a vista i solai in calcestruzzo e di sfruttare così la massa termica ad elevata inerzia della struttura (figura 5).

Fig. 5 – I nuovi interni sono caratterizzati da solai a vista che sfruttano l’inerzia della massa termica

La chiave per il successo della ventilazione naturale è stata quella di aggiornare le prestazioni dell’involucro agli attuali standard. I progettisti si erano proposti di ottenere una prestazione migliore di almeno il 25% rispetto alle normative esistenti. In base a quanto calcolato in fase di progettazione il miglioramento complessivo ottenuto è stato del 30,8% rispetto a un edificio di riferimento conforme ai requisiti minimi. Ciò ha quindi fornito un surplus di circa il 5%, consentendo un eventuale modesta e riduzione delle prestazioni dell’edificio as built, che avrebbe potuto derivare dalla scelta finale di materiali e apparecchiature e dalla loro installazione.

Per preservare l’integrità dell’edificio sono state apportate modifiche dell’involucro diverse a seconda delle caratteristiche architettoniche di ogni parte della facciata. Alcune pareti opache del piano inferiore e del podio, ad esempio, non potevano essere modificate. Di conseguenza, le prestazioni in altre aree dell’involucro sono state migliorate oltre il livello minimo richiesto per legge.

L’utilizzo dell’approccio basato sulle emissioni di CO2 per la verifica di conformità ha assicurato che l’azione più importante in termini di efficienza energetica è stata la sostituzione di tutte le finestre utilizzando doppi vetri. I nuovi serramenti corrispondono agli originali per quanto riguarda le dimensioni delle finestre e i profili dei montanti e prevedono luci superiori apribili azionate da attuatori, per facilitare la ventilazione notturna, e moduli inferiori apribili manualmente. La possibilità di realizzare finestre apribili nella parte alta e basso ha consentito di aumentare l’efficienza della ventilazione.

Per migliorare le prestazioni termiche delle pareti opache in calcestruzzo è stato invece aggiunto un rivestimento interno coibentato. L’unica area in cui era presente una ridotta superficie di cemento a vista era l’ultimo piano dell’edificio, perché il tetto originale era costituito da una costruzione leggera basata su una sottile lastra di lana e di legno montata su travi di cemento. Nella ristrutturazione essa è stata sostituita da un impalcato metallico strutturale che sostiene una copertura isolata. Per aggiungere massa termica, l’intradosso metallico è stato rivestito con pannelli PCM a cambiamento di fase, installati tra le travi secondarie in calcestruzzo. L’aggiunta del PCM garantisce che l’intradosso si comporti in modo simile agli intradossi dei piani inferiori riducendo il surriscaldamento in fase estiva (figura 6).

Fig. 6 – Sezione bioclimatica con le soluzioni adottate per la sostenibilità

Ventilazione naturale e meccanica

Il progetto del sistema di ventilazione naturale dell’edificio si è basato sullo standard CIBSE che prescrive che la temperatura interna superi il valore di 28 °C per meno dell’1% del periodo occupato. La ventilazione naturale viene utilizzata per circa il 70% della superficie dell’edificio, in particolare per tutti gli uffici open space che sono stati strategicamente posizionati lungo il perimetro dell’edificio per trarre vantaggio dall’apertura delle finestre.

Sistemi HVAC sono stati invece impiegati per gli ambienti caratterizzati da un elevato affollamento, come le sale riunioni o la sala convegni, e per quelli che richiedono un accurato controllo della temperatura, come il museo e i locali rack.

Tutti questi spazi sono trattati da un sistema a portata d’aria variabile VAV con UTA che sono progettate con una bassa potenza specifica del ventilatore e sono dotate di recupero di calore. La portata totale di 32.400 m3/h di aria esterna è fornita da cinque UTA installate sulla copertura e da altre due UTA, una al piano terra e una nell’interrato, sulla base di 10 L/s a persona per garantire una temperatura di 24 °C (+/- 2 K). Anche i depositi per gli archivi al piano interrato sono trattati con un sistema di ventilazione meccanica, con aria immessa a 18 °C (+/- 2 K) e un’umidità relativa del 55% (+/- 10%) tutto l’anno.

L’acqua calda viene prodotta da nuove caldaie e gas e da un sistema di cogenerazione che provvede anche alla copertura parziale del fabbisogno elettrico.

Per supportare l’impiego della ventilazione naturale, è stato valutato l’impatto del possibile futuro surriscaldamento degli edifici, sulla base dei dati probabilistici relativi al clima di Cambridge nel 2030 e nel 2050, utilizzando uno scenario ad alte emissioni. Ciò ha dimostrato che lo spazio interno potrebbe diventare non confortevole, quindi sono state adottate una serie di misure precauzionali, come quella che prevede la regolazione dell’attuatore delle finestre per consentire la ventilazione in modalità mista in un secondo momento.

La copertura verde e fotovoltaica

Fig. 7 – Il tetto verde è ispirato alla biodiversità e migliora le prestazioni ambientali dell’edificio

Più del 60% della superficie del tetto è ricoperta da vegetazione, con piante autoctone per assicurare la presenza della fauna selvatica locale (figura 7). Sulla copertura sono stati collocati un Bee Hotel (ovvero un rifugio per api che riproduce il luogo di nidificazione e svernamento) e contenitori per pipistrelli e uccelli, con collegamenti TVCC in tempo reale ai display ubicati nell’atrio.

Le piante contribuiscono a migliorare l’isolamento termico e ad attenuare le portate di scarico dell’acqua piovana nell’ambito della strategia sostenibile della gestione idrica.

Il resto della copertura accoglie 86 m2 di pannelli fotovoltaici, mentre sul lucernario posto nella parte superiore del nuovo atrio sono stati collocati 73 m2 di cellule fotovoltaiche. Complessivamente la potenza elettrica prodotto con sistemi FV è di 16,5 kW (figura 8).

Fig. 8 – Modello 3D dell’edificio con il tetto verde e i sistemi fotovoltaici in copertura

Monitoraggio e comunicazione

L’edificio è sottoposto ad accurate misurazioni e a un continuo monitoraggio dei parametri ambientali e i dati sono visualizzati nell’atrio per stimolare gli occupanti verso un uso responsabile dell’energia e dell’acqua e per dimostrare le prestazioni esemplari dell’edificio. Il progetto ha incluso un’attività di soft landing per garantire una presa in consegna ottimale da parte del tenant e quindi elevate prestazioni e soddisfazione in fase di occupazione.

Un ultimo dettaglio molto significativo è costituito dal fatto che, alla luce delle nuove credenziali di sostenibilità, all’edificio è stato dato il nome di David Attenborough Building, in onore del famoso divulgatore scientifico e naturalista, da sempre impegnato in attività di protezione dell’ambiente.

Blavatnik School of Government – Oxford

La sede della Blavatnik School of Government dell’Università di Oxford è un edificio di grande impatto visivo, situato in una zona importante dello storico Radcliffe Observatory Quarter. La scuola è stata istituita nel 2010 per sviluppare e insegnare le migliori pratiche di politica pubblica e di governo. Progettato dallo studio di architettura Herzog & De Meuron e costato 55 milioni di sterline, l’edificio di 9.800 m2 è caratterizzato da una facciata vetrata continua a tutta altezza (figura 9), come metafora della trasparenza nella vita pubblica, e da un grande spazio centrale, denominato Forum, destinato all’incontro e dotato di ampie scale per promuovere la comunicazione.

Fig.9 – L’involucro della Blavatnik School of Government dell’Università di Oxford è caratterizzato da facciate vetrate continue a tutt’altezza

Lo stile elegante e minimale del progetto architettonico ha richiesto l’impiego di impianti HVAC poco invasivi, oltre che efficienti e funzionali. La soluzione ingegneristica doveva inoltre integrarsi non solo con finiture di alta qualità ma anche con il concept architettonico, soddisfacendo al contempo il requisito del committente di ottenere elevate prestazioni energetiche e di garantire condizioni ambientali di benessere considerando sia gli scenari climatici attuali sia quelli prevedibili nei prossimi anni a causa dell’effetto serra.

Per raggiungere tali obiettivi sono state adottate diverse soluzioni: una facciata a doppia pelle integrata con un sistema di ventilazione naturale, un sistema di diffusione aria a dislocamento, un campo geotermico, un impianto fotovoltaico per la autoproduzione di energia elettrica in situ e un tetto verde di 500 m2.

Per rendere la sfida ancora più impegnativa, il progetto ha dovuto superare il vincolo che ha impedito l’installazione di un sistema di smaltimento del calore sulla copertura, vista l’importanza dell’edificio nel contesto storico del paesaggio urbano.

Un progetto integrato

Le soluzioni per il controllo delle condizioni ambientali sono state sviluppate in stretto rapporto con il concept architettonico. Il grande atrio centrale, sormontato da una copertura vetrata, si estende dal piano terra fino al quinto livello (figura 10). La sua altezza favorisce l’effetto camino necessario per innescare la ventilazione naturale, mentre il lucernario porta la luce naturale fino al centro dell’edificio (figura 11).

L’aria ambiente riscaldandosi sale per effetto di galleggiamento e si accumula a livello del soffitto. I sensori del sistema BMS rilevano le temperature dell’aria interna ed esterna in modo da determinare la strategia ottimale per gestire l’estrazione. In inverno l’aria calda viene utilizzata dalle unità di trattamento per il recupero del calore, mentre in estate essa viene espulsa tramite lamelle motorizzate, utilizzate anche per l’estrazione dei fumi. La strategia per il comfort termico sfrutta inoltre il raffreddamento notturno, utilizzando la massa termica delle grandi superfici di solai e pareti in calcestruzzo a vista.

L’assenza di controsoffitti e le finiture di alto pregio hanno fortemente limitato la possibilità di disporre di canali di estrazione posti a soffitto. Lavorando a stretto contatto con l’architetto, i progettisti HVAC e gli esperti di acustica hanno dovuto quindi sviluppare particolari soluzioni per l’estrazione dell’aria costituite da tagli e fessure progettate su misura con elevate prestazioni di attenuazione acustica. Queste soluzioni consentono di garantire il passaggio dei flussi d’aria dalle singole stanze agli spazi di circolazione, mantenendo la privacy acustica.

Ventilazione ibrida e dislocamento

L’involucro dell’edificio è costituito da una facciata vetrata a doppia pelle con tende motorizzate integrate e pannelli dedicati alla ventilazione naturale. La facciata accumula l’energia solare in inverno riscaldando l’aria nell’intercapedine, riducendo così il fabbisogno termico dell’edificio.

Il surriscaldamento è invece mitigato grazie all’impiego di vetri con basso fattore solare e di tende esterne a controllo solare che si attivano automaticamente quando l’apporto solare in una particolare area della facciata supera una soglia impostata. La strategia per il controllo climatico dei locali perimetrali è di tipo ibrido, essendo la combinazione di sistemi di ventilazione naturale e meccanico.

Nella mezza stagione apposite feritoie, predisposte sui moduli della facciata a doppia pelle destinati alla ventilazione naturale, si aprono automaticamente per garantire il passaggio dell’aria esterna (figura 12). I moduli sono stati progettati con grande attenzione all’aspetto acustico, prevedendo un isolamento interno fonoassorbente e una faccia interna perforata, per attenuare la trasmissione del rumore. Durante il periodo estivo le feritoie si chiudono e per il raffreddamento viene utilizzato il sistema di ventilazione meccanica con diffusione a pavimento a dislocamento (figura 13).

Diffusori a dislocamento sono stati utilizzati anche nelle sale riunioni (figura 14) e nelle sale conferenze (figura 15).

Fig. 14 – Sala riunioni con diffusione aria a dislocamento
Fig. 15 – Sala conferenze con diffusori a pavimento

L’aria di ventilazione è fornita da un sistema centralizzato VAV a portata variabile alimentato da quattro UTA disposte in parallelo poste al piano interrato, che si collegano a condotti collettori comuni. In condizioni di basse temperature dell’aria esterna il sistema sfrutta il free cooling.

Le UTA sono comandate in sequenza dal sistema BMS per distribuire il carico su quante più unità possibili, in modo da ridurre la perdita di carico interna ai carichi parziali e quindi il consumo energetico dei ventilatori. Per ottenere ulteriori risparmi energetici, grazie agli inverter le velocità dei ventilatori delle UTA sono controllate con una strategia a portata e pressione variabile. Questo sistema utilizza il segnale di feedback relativo alla posizione dell’attuatore dell’unità terminale VAV e determina quando i set point della pressione dell’aria nei condotti di mandata e ripresa possono essere ridotti e quando devono essere aumentati per soddisfare le richieste dell’impianto.

Il monitoraggio in fase di utilizzo ha dimostrato che questa strategia a pressione variabile è in grado di dimezzare i valori operativi delle UTA in rapporto alle pressioni massime di progetto, con il risultato di un dimezzamento della potenza elettrica assorbita dal ventilatore.

Il sistema geotermico

L’intero fabbisogno frigorifero dell’edificio e una parte significativa di quello termico sono soddisfatti da un sistema geotermico a circuito chiuso costituito da 72 sonde e da un anello collegato a pompe di calore (figura 16). Fin dalle prime riunioni con il committente, è stato concordato che l’edificio avrebbe dovuto presentare caratteristiche di resilienza in relazione alla capacità di rispondere all’aumento della temperatura dell’aria esterna a causa dei cambiamenti climatiche, con riferimento alle condizioni estive di progetto a Oxford nel 2040.

Fig. 16 – Schema funzionale del sistema geotermico

I progettisti hanno quindi eseguito un’ampia modellazione termica del consumo di energia mentre il fornitore del sistema geotermico ha sviluppato la modellazione delle prestazioni del campo di sonde. Da tali analisi è risultato che in prospettiva futura il carico frigorifero durante un’estate molto calda avrebbe superato la capacità di smaltimento del calore del terreno. Il confine del sito e le fondazioni hanno precluso l’impiego di un’impronta più ampia per i pozzi mentre la presenza della falda acquifera ha impedito di aumentare la loro profondità. I vincoli progettuali relativi al posizionamento degli impianti sulla copertura hanno inoltre precluso l’utilizzo di chiller ad aria posti all’esterno.

Per integrare la capacità frigorifera del sistema geotermico, il primo concetto ipotizzato dai progettisti si è basato sull’impiego di gruppi refrigeratori ad aria di tipo canalizzato per installazione interna, con convogliamento del calore smaltito dai condensatori nel condotto di scarico dell’aria espulsa del sistema di ventilazione principale. Tuttavia, l’analisi del profilo di carico frigorifero previsto ha mostrato che questa soluzione non sarebbe stata in grado di fornire l’intero fabbisogno frigorifero nel futuro scenario climatico.

Dopo aver valutato altre opzioni, i progettisti sono arrivati a concepire una nuova originale soluzione, basata sull’impiego di una UTA come dry-cooler per raffreddare il circuito delle sonde geotermiche. Questa soluzione ha permesso di disaccoppiare lo smaltimento del calore supplementare dal funzionamento del sistema di ventilazione principale, in modo tale che non risulta necessario che funzionino contemporaneamente. Ciò ha esteso la disponibilità dello smaltimento del calore a 24 ore al giorno e ha eliminato la necessità di un flusso d’aria costante.

Consentendo al circuito geotermico di assorbire il calore durante il giorno (quando il sistema di ventilazione principale richiede il raffreddamento) e di smaltire il calore nell’aria relativamente fresca durante la notte, la capacità di raffreddamento e l’efficienza energetica sono state migliorate drasticamente.

L’UTA presenta connessioni canalizzate ai condotti di espulsione e dell’aria esterna del sistema di ventilazione meccanica, controllate mediante serrande di intercettazione motorizzate. Un algoritmo integrato nel sistema di supervisione dell’impianto geotermico effettua un calcolo comparativo della capacità di espulsione del calore nei condotti dell’aria esterna e dell’aria espulsa, utilizzando sofisticati sensori a dispersione termica della portata d’aria e della temperatura del condotto. L’algoritmo determina quindi se collegare l’UTA alla presa d’aria esterna o al condotto dell’aria espulsa.

Il sistema geotermico dispone anche di uno scambiatore di calore a piastre per il raffreddamento passivo del circuito ad acqua refrigerata quando il circuito geotermico è freddo. Ciò si verifica in inverno, quando l’equilibrio del flusso di energia è dominato dal calore, quando c’è un flusso netto di calore fuori dal terreno, per produrre un effetto di raffreddamento sull’acqua del circuito geotermico.

Una piccola pompa di calore è stata prevista per fornire il carico frigorifero di base per gli apparati IT per tutto l’anno, smaltendo il calore nel circuito di riscaldamento, in modo da aumentare l’efficienza energetica globale di riscaldamento/raffreddamento del sistema geotermico.

Il riscaldamento degli ambienti è fornito da un circuito di acqua calda con regolazione climatica che alimenta radiatori e un impianto di riscaldamento radiante a pavimento nell’atrio, mentre il riscaldamento dell’aria esterna e il preriscaldamento dell’acqua calda sanitaria (ACS) è fornito da un circuito a temperatura costante con temperature di mandata 45 °C e ritorno 35 °C. I circuiti secondari di riscaldamento sono collegati sia alle caldaie che ai collettori del circuito geotermico, con valvole di commutazione a 3 vie per selezionare la fonte di calore più conveniente.

Durante le condizioni di clima mite, il circuito dei radiatori presenta una richiesta di temperatura di mandata inferiore e passa alla fonte geotermica, mentre le caldaie diventano una fonte di calore di riserva. In condizioni esterne molto fredde, il circuito dei radiatori richiede invece una temperatura di mandata più alta e quindi si collega sul collettore delle caldaie.

I circuiti a temperatura costante rimangono sempre collegati al collettore della sorgente geotermica e utilizzano le caldaie solo per il backup o per un rapido aumento della temperatura all’avvio dell’UTA oppure per effettuare lo shock termico dell’acqua calda sanitaria per la prevenzione della legionella.

Soft landing

I progettisti hanno prestato una particolare attenzione al processo di messa in servizio e di consegna, con presentazioni che hanno visto il coinvolgimento degli utenti, lo sviluppo di una guida elettronica interattiva basata su animazioni CGI, la formazione del personale e test estesi e approfonditi degli impianti. Il progetto è ora considerato dal servizio tecnico dell’università come il punto di riferimento per tutti i futuri processi di soft landing di edifici di nuova costruzione.

I progettisti degli impianti meccanici ed elettrici hanno stabilito un hot-desk all’interno dell’edificio, dal quale forniscono un servizio di post-vendita per aiutare gli occupanti e il personale di gestione della struttura a sfruttare al meglio le caratteristiche di sostenibilità. Dall’hot desk l’edificio viene vissuto dal punto di vista di un utente. Questa soluzione fornisce informazioni più approfondite su come gli occupanti percepiscono l’ambiente e su come ciò può influire sulla progettazione e sul commissioning degli impianti. Sono state anche previste sessioni di aggiornamento con gli utenti per esaminare il funzionamento degli edifici nelle diverse stagioni.

I progettisti, in collaborazione con specialisti di visualizzazione grafica e con il supporto di occupanti e facilities manager, hanno inoltre creato una guida interattiva dell’edificio disponibile sulla rete intranet. Ciò consente agli utenti di navigare in un modello virtuale 3D dell’edificio cliccando sui punti di interesse e di familiarizzare con i sistemi di regolazione grazie a video animati.

Il team ha svolto un servizio di ottimizzazione delle prestazioni durato 18 mesi dopo la piena occupazione che ha aiutato gli utenti a ottenere il massimo dai sistemi di controllo ambientale dell’edificio e a ottimizzare l’efficienza energetica in uso. Durante questo periodo sono stati anche raccolti dati dal sistema di gestione dell’edificio e dai contatori di elettricità, calore, gas e acqua che sono stati analizzati e confrontati con il modello energetico sviluppato in fase di progetto. Questa analisi dei dati è stata utilizzata per identificare le opportunità di ulteriori risparmi energetici e quantificare l’impatto dopo l’implementazione di eventuali modifiche.