La Commissione europea ha pubblicato la seconda relazione sulle prospettive per la qualità dell’aria, che presenta le previsioni di riduzione dell’inquinamento atmosferico nell’Unione europea fino al 2030 e oltre
Al 1° dicembre 2020 – lamenta la Commissione – si registravano 31 casi di infrazione in corso nei confronti di 18 Stati membri per casi di superamento dei livelli di concentrazione o di monitoraggio errato di PM10, PM2.5, biossido di azoto o biossido di zolfo, per dieci dei quali è stata adita la Corte di giustizia dell’Unione europea; per cinque di questi ultimi è stata emessa una sentenza.
Secondo le prospettiva tracciata dalla Commissione europea, se tutta la legislazione adottata in materia di aria pulita e clima fosse pienamente attuata, la percentuale della popolazione UE che vive in aree che soddisfano le attuali Linee guida dell’OMS per il particolato fine potrebbe più che raddoppiare tra il 2015 e il 2030. Tuttavia, ci sarebbe ancora un 12% di popolazione esposto a livelli superiori. Con una politica più ambiziosa possibile, questa quota potrebbe ridursi al 4%, residuo dovuto all’inquinamento proveniente dall’esterno dell’UE e da cause naturali. Da sottolineare come le tendenze positive si riferiscono solo alla concentrazione di fondo e non includono i possibili punti critici di inquinamento, compresi quelli dove si superano i valori raccomandati dall’OMS.
Sul piano delle emissioni – continua la relazione – quasi tutti gli Stati membri devono ridurre immediatamente e in modo sostanziale le emissioni per adempiere totalmente ai propri obblighi in merito all’attuazione della direttiva sui limiti nazionali di emissione (NEC) e questo vale in particolare per l’ammoniaca.
Attuando pienamente tutta la legislazione esistente, la maggior parte degli Stati sarebbe infatti in grado di rispettare gli impegni di riduzione previsti per il 2030 per 4 dei 5 inquinanti disciplinati dalla direttiva NEC: ossidi di azoto, anidride solforosa, composti organici volatili non metanici e PM2,5. Le misure supplementari di risanamento dell’aria annunciate nei programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico (che contengono le misure messe in atto per adempiere agli obblighi ai sensi della direttiva stessa), accelererebbero ulteriormente i miglioramenti previsti.
Tali misure non sarebbero però sufficienti a ridurre ai livelli massimi consentiti le emissioni di ammoniaca, provenienti al 90% dal settore agricolo, poiché 15 Stati membri dovrebbero ancora intraprendere con urgenza azioni oltre a quelle annunciate nei loro programmi nazionali (Bulgaria, Danimarca, Germania, Estonia, Irlanda, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Austria, Polonia, Portogallo, Romania, Finlandia e Svezia).
Per quanto riguarda l’impatto dell’inquinamento atmosferico sugli ecosistemi – rileva la Commissione – nonostante i miglioramenti previsti, quasi la metà delle aree Natura 2000 dell’UE sarebbe ancora minacciata dall’eutrofizzazione a causa dell’inquinamento atmosferico: i livelli di depositi di azoto sono ancora notevolmente superiori ai carichi critici e minacciano la biodiversità. L’inquinamento atmosferico incide su tutti gli ecosistemi, compresi i raccolti agricoli e le foreste, che trarrebbero invece grandi benefici dalla sua diminuzione e dalla conseguente riduzione dell’eutrofizzazione, dell’acidificazione e del flusso di ozono in eccesso.
La Commissione sottolinea poi come le misure di risanamento dell’aria apportino benefici alla società superiori ai costi e il fatto che i benefici aumentino con azioni più ambiziose in materia di aria pulita e clima sottolinei l’esistenza di sinergie tra queste due politiche.
Le misure annunciate dagli Stati membri nei propri programmi nazionali costano circa 1,4 miliardi di euro all’anno nell’UE ma l’aumento dei benefici sul piano sanitario, in termini di mortalità e morbilità ridotte, supera quello dei costi, comportando un guadagno complessivo per l’intera società. Ricordiamo tra i costi economici dell’inquinamento atmosferico l’aumento delle spese mediche, la riduzione della produttività (per esempio a causa delle giornate lavorative perse) e la diminuzione dei rendimenti agricoli.
Come anche annunciato dal Green Deal europeo, la Commissione proporrà di:
– rivedere le norme in materia di qualità dell’aria per allinearle maggiormente alle raccomandazioni dell’OMS, soprattutto per il PM2,5;
– rafforzare le disposizioni in materia di monitoraggio, modellizzazione e piani per la qualità dell’aria, per aiutare le autorità locali a conseguire l’obiettivo di un’aria più pulita.
Inoltre, c’è l’esigenza di continuare a lavorare per ridurre le emissioni dei precursori degli inquinanti atmosferici, in particolar modo il metano, un importante precursore dell’ozono troposferico; a tal proposito il riesame della direttiva NEC previsto entro il 2025 valuterà la possibilità di includere il metano tra gli inquinanti da essa regolamentati.
Dal canto loro gli Stati membri dovranno perseguire, intensificare, ampliare e attuare le misure per ridurre l’inquinamento atmosferico e i gas a effetto serra.
Oltre a rafforzare le misure interne – conclude la Commissione – è però necessaria anche una cooperazione internazionale e interregionale più forte, perché come dimostrato, nella maggioranza degli Stati membri, un contributo significativo alla concentrazione di fondo del PM2,5, ad esempio, proviene da altri Stati membri, in aggiunta ai già significativi contributi interni.