SARS-CoV-2: la trasmissione via aerea e il ruolo degli impianti HVAC

È ormai stato appurato, e riconosciuto anche dall’OMS, che la trasmissione del coronavirus all’interno degli ambienti confinati può avvenire anche per via aerea. Risulta quindi fondamentale approfondire le soluzioni atte a garantire la prevenzione mediante un corretto impiego degli impianti HVAC.

di Luca Stefanutti

Alcuni mesi fa avevamo pubblicato le linee guida emesse da alcuni importanti enti e associazioni (ISS. ASHRAE, REHVA e AICARR) per fronteggiare l’emergenza COVID-19 in relazione all’utilizzo degli impianti HVAC. I documenti erano basati sulle informazioni allora disponibili in merito alle modalità di trasmissione del virus e quindi al ruolo degli impianti.

Che cosa è cambiato rispetto ad allora? In tutte le linee guida si ipotizzava già che la trasmissione del virus potesse avvenire non solo in modo diretto e indiretto a causa dalle goccioline a corto raggio (droplets), di dimensioni più grandi e più pesanti, ma anche per via aerea mediante aerosol, le goccioline di piccole dimensioni che rimangono sospese nell’aria.

All’epoca, tuttavia, la trasmissione per via aerea veniva ancora ritenuta secondaria rispetto a quella a corto raggio. Le ricerche condotte negli ultimi mesi su scala globale su una serie di focolai di COVID-19 hanno invece dimostrato il ruolo svolto degli aerosol ovvero che il SARS-CoV-2 possa essere trasmesso attraverso le particelle infette che restano sospese nell’aria a lungo viaggiando a una distanza ben maggiore dei quasi due metri raccomandati dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità (figura 1).

Fig. 1 – La trasmissione del virus avviene anche per via aerea, dato che gli aerosol infetti possono restare sospesi nell’aria e viaggiare per lunghe distanze (Fonte: Moravska)

A luglio è stata pubblicata una lettera firmata da 239 scienziati di 32 paesi che esortava l’OMS e gli altri enti per la salute pubblica a prendere atto di questa situazione e ad aggiornare di conseguenze le raccomandazioni. A seguito di questa iniziativa l’OMS ha finalmente riconosciuto il rischio della trasmissione aerea all’interno degli spazi chiusi affollati.

A parte questo importante fatto, le linee guida sono rimaste immutate, nonostante le conoscenze siano sicuramente migliorate sia dal punto di vista medico che tecnico. Nel frattempo, però il settore HVAC ha cominciato a essere sempre più consapevole di quello che finora è stato l’aspetto meno considerato ma forse decisivo ai fini del controllo della trasmissione negli ambienti confinati: le modalità di diffusione dell’aria.

Il ruolo degli impianti HVAC

I sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria vengono utilizzati per garantire condizioni ambientali di benessere termoigrometrico (temperatura e umidità) e di qualità dell’aria indoor (IAQ) negli edifici, svolgendo funzioni di raffreddamento o riscaldamento e di umidificazione o deumidificazione

A seconda della loro applicazione e delle funzioni dell’edificio servito, i sistemi HVAC possono essere di varie tipologie, ma essenzialmente si possono dividere in due grandi categorie: gli impianti a tutt’aria e gli impianti di tipo misto, con terminali ambiente alimentati ad acqua calda e fredda (fan-coil) oppure ad espansione diretta (VRF) abbinati alla distribuzione di aria primaria trattata da UTA con recupero di calore sull’aria estratta dall’ambiente ed espulsa all’esterno.

Gli impianti di tipo misto (figura 2) sono la tipologia più diffusa nel nostro paese, anche se negli uffici si stanno diffondendo sempre di più anche altre tipologie di terminali ambiente di tipo idronico, quali travi fredde e soffitti radianti.

Fig. 2 – Gli impianti di tipo misto, idronici o a espansione diretta, prevedono l’impiego di terminali ambiente che ricircolano l’aria ambiente

Gli impianti a tutt’aria con parziale ricircolo dell’aria di ripresa vengono invece utilizzati per ambienti di grande superficie, volumetria ed elevato affollamento, come teatri, cinema, ristoranti, centri commerciali.

Per applicazioni quali piccoli negozi o ristoranti oppure abitazioni sono molto diffusi gli impianti di tipo autonomo (split o multisplit), spesso privi di impianti di ventilazione meccanica per il ricambio d’aria, che è affidato all’apertura di porte e finestre.

Finora le linee guida hanno soltanto evidenziato i benefici legati all’utilizzo degli impianti HVAC se dotati di apporto di aria esterna opportunamente trattata. In realtà il ruolo della diluzione dei contaminanti ambientali nella prevenzione della diffusione della COVID-19 non è stato ancora chiaramente definito per quanto riguarda l’effettiva dispersione delle particelle infettive. Inoltre, gli scienziati del microclima devono ancora stabilire con precisione il livello di rischio di trasmissione del virus legato al trasferimento di una dose infettiva verso individui suscettibili causato dai flussi d’aria (figura 3).

Fig. 3 – La diffusione dell’aria all’interno degli ambienti può rivestire un ruolo cruciale nella trasmissione dei contaminanti ambientali
I casi di COVID-19 legati agli impianti

La scarsa ventilazione di spazi chiusi affollati è da sempre associata a una maggiore trasmissione di malattie e di infezioni respiratorie, come dimostrano i numerosi eventi di sviluppo della COVID-19 in ambienti confinati provocati da soggetti asintomatici. Alcuni fenomeni epidemici nei quali è stato ipotizzato un ruolo decisivo svolto dagli impianti HVAC sono riportati in due importanti documenti di recente pubblicazione, di seguito esaminati nel dettaglio, le linee guida ECDC e un articolo pubblicato sull’ASHRAE Journal.

In un focolaio avvenuto in un ristorante a Guangzhou, in Cina, sono stati registrati 10 casi (su un totale di 73 clienti) che hanno sviluppato i sintomi tra il 26 gennaio e il 10 febbraio 2020, dopo aver pranzato il 23 gennaio nello stesso ristorante. I 10 soggetti erano seduti in 3 tavoli adiacenti ubicati su un lato della sala, a una distanza da 1 a 5 metri da un soggetto infetto asintomatico. I casi infetti secondari erano seduti lungo la linea del flusso d’aria generato da un’unità split a parete, mentre non sono risultati infetti i clienti seduti altrove nel ristorante. Gli autori della ricerca hanno attribuito la trasmissione alla diffusione di goccioline respiratorie che possono avere trasportato il SARS-CoV-2 nel flusso d’aria generato dal sistema di aria condizionata, che non era dotato di ricambio d’aria.

Il ruolo svolto da sistemi di condizionamento d’aria in modalità di ricircolo è stato ipotizzato anche in altri due studi che descrivono i focolai avvenuti in Cina nel gennaio 2020.

Il primo focolaio è stato associato a un evento durato 2 ore e 30 minuti in un tempio. Il soggetto infetto, che aveva precedentemente visitato Wuhan, è risultato asintomatico fino alla sera dopo l’evento. I tassi di infezione dell’epidemia sono stati più alti tra coloro che hanno condiviso un viaggio in autobus di 1 ora e 40 minuti con il soggetto infetto (23 passeggeri su 67 pari al 34%). Non è stato rilevato tra i passeggeri seduti più vicini un rischio statisticamente più elevato di COVID-19 rispetto a quelli seduti più lontano. Tuttavia, tutti i passeggeri seduti vicino a un finestrino sono rimasti in buona salute, ad eccezione del passeggero seduto accanto al soggetto infetto. Ciò supporta l’ipotesi che il flusso d’aria condizionata distribuita lungo il bus abbia facilitato la diffusione del virus. Al contrario, ci sono stati soltanto sette casi di COVID-19 tra le altre 172 persone che hanno frequentato il tempio e che hanno tutti descritto di aver avuto stretti contatti con il soggetto infetto.

La seconda epidemia ha colpito 15 su 30 partecipanti a un corso di formazione che si è svolto dal 12 al 14 gennaio nella città di Hangzhou, nella provincia di Zhejiang. I partecipanti hanno prenotato gli hotel individualmente e non hanno pranzato insieme nella struttura del workshop. Il workshop si è articolato in quattro sessioni di gruppo di 4 ore, che si sono svolte in due stanze chiuse, rispettivamente di 49 e di 75 metri quadrati, dotate di un impianto di climatizzazione centralizzato a tutto ricircolo. Nessun partecipante al corso era noto per essere sintomatico durante il seminario.

Le linee guida ECDC

Una nuova linea guida è stata pubblicata il 22 giugno 2020 dall’ECDC (European Center for Disease Control), ovvero il centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Il documento è intitolato Heating, ventilation and air-conditioning systems in the context of COVID-19 ed è ufficialmente rivolto alle strutture sanitarie dei paesi della UE, tuttavia il suo contenuto lo rende utile all’applicazione in tutte le tipologie di edifici. Lo scopo del documento è di fare chiarezza sulle modalità di trasmissione negli ambienti confinati e quindi sul ruolo degli impianti HVAC.

Nel documento si afferma che alcuni studi indicano che le particelle di SARS-CoV-2 possono rimanere infettive su vari materiali, così come negli aerosol in ambienti interni, con una durata dell’infettività che dipende dalla temperatura e dall’umidità dell’aria, e che diversi rapporti di indagine sull’epidemia hanno dimostrato che la trasmissione può essere particolarmente rilevante all’interno di spazi chiusi molto affollati, come i luoghi di lavoro (uffici, fabbriche), chiese, ristoranti, centri commerciali, discoteche, navi da crociera e veicoli. Ci sono inoltre indicazioni che la trasmissione possa essere collegata ad attività specifiche, come il canto in un coro o durante le funzioni religiose, che possono essere caratterizzate da una maggiore produzione di goccioline respiratorie.

L’ECDC segnala che, secondo uno studio effettuato su 318 focolai in Cina, la trasmissione si è verificata in spazi interni in tutti i casi tranne uno. L’unico caso di trasmissione avvenuta all’aperto identificato da questa ricerca  ha coinvolto soltanto due persone. Tuttavia, anche gli eventi all’aperto sono stati associati alla diffusione della COVID-19, tipicamente quelli in presenza di folla, come le partite di calcio, evidenziando il rischio legato all’affollamento anche in occasione di eventi all’aperto.

Il tasso di infezione sembra essere associato al periodo di tempo in cui le persone rimangono in ambienti chiusi. Ad esempio, durante le prove di un coro durate 2 ore e mezza a Washington, tra i 61 partecipanti vi sono stati 32 casi confermati e 20 casi probabili secondari (pari al 85,2%).

Un altro caso di trasmissione al chiuso in un ambiente di lavoro affollato è quello registrato in un call center in Corea del Sud, con un tasso di infezione del 43,5% tra i 216 dipendenti che si trovavano al nono piano. Quasi tutti i soggetti che sono risultati infetti erano seduti sullo stesso lato, mentre non è stata notata alcuna correlazione evidente tra il rischio di trasmissione e la distanza dal soggetto infetto. Gli autori della ricerca hanno concluso che il periodo di tempo in cui le persone sono state in contatto ha giocato il ruolo più importante nella diffusione del virus, poiché i casi erano limitati quasi esclusivamente al nono piano, nonostante l’interazione con colleghi in altri contesti (come ascensori e hall).

Il documento dell’ECDC afferma che sulla base delle ricerche finora pubblicate non è ancora possibile chiarire il ruolo della prossimità fisica e del contatto diretto, e neppure la possibilità di trasmissione indiretta attraverso oggetti e superfici contaminati, né la trasmissione a più lunga distanza tramite aerosol. Tuttavia, l’attuale mole di prove dimostra il rischio di trasmissione in ambienti interni affollati e l’importanza di combinare diverse misure di prevenzione.

In conclusione, i risultati delle ricerche finora disponibili indicano che:

  • la trasmissione del SARS-CoV-2 avviene comunemente in spazi chiusi;
  • attualmente non vi sono prove di infezione da SARS-CoV-2 causata da aerosol infettivi distribuiti attraverso i condotti dei sistemi HVAC e tale rischio è valutato come molto basso;
  • i sistemi HVAC sottoposti a una corretta manutenzione, comprese le unità di condizionamento dell’aria, filtrano in modo sicuro le goccioline di grandi dimensioni contenenti SARS-CoV-2. È possibile che gli aerosol infetti si diffondano attraverso i sistemi HVAC all’interno di un edificio o di un veicolo e di unità di condizionamento d’aria di tipo autonome se l’aria viene ricircolata;
  • il flusso d’aria generato dalle unità di climatizzazione può facilitare la diffusione di goccioline emesse da persone infette su distanze maggiori all’interno di spazi interni;
  • i sistemi HVAC possono avere un ruolo complementare nel diminuire la trasmissione negli spazi interni aumentando il tasso di ricambio d’aria, diminuendo il ricircolo dell’aria e aumentando l’uso dell’aria esterna.

Le linee guida dell’ECDC si concludono con una serie di raccomandazioni relative alle misure di controllo delle infezioni di evidenza comprovata per ridurre il rischio di trasmissione della SARS-CoV-2. Oltre all’applicazione delle misure preventive ormai ben note, quali distanziamento fisico, igiene delle mani e uso appropriato di maschere facciali, risulta fondamentale garantire la corretta conduzione e manutenzione dei sistemi HVAC, in particolare in relazione alla pulizia e alla sostituzione dei filtri. Secondo l’ECDC non vi è peraltro alcun vantaggio o necessità di aumentare i cicli di manutenzione dei filtri in ​​relazione a COVID-19, mentre dovrebbero essere evitate le impostazioni di risparmio energetico, come la regolazione delle portate di ventilazione mediante timer o rilevatori di CO2, e si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di estendere i tempi di funzionamento degli impianti HVAC.

Si raccomanda inoltre di evitare la presenza di flussi d’aria diretti verso gruppi di individui per evitare la dispersione di agenti patogeni da soggetti infetti e la loro trasmissione, nonché di evitare il più possibile l’uso del ricircolo dell’aria.

Il numero minimo di ricambi d’aria dovrebbe essere garantito in ogni momento. L’aumento del numero di ricambi riduce il rischio di trasmissione in spazi chiusi e ciò può essere ottenuto mediante sistemi di ventilazione naturale o meccanica.

Le ultime linee guida REHVA

Il 3 agosto la REHVA ha emanato la versione aggiornata delle linee guida, pubblicate in precedenza in marzo e aprile. Il documento non contiene grosse novità dal punto di vista sostanziale, fatta eccezione per il fatto di fare un esplicito riferimento alle linee guida dell’ECDC prima descritte e quindi alle relative raccomandazioni.

Come citato in precedenza, tra le varie considerazioni è doveroso sottolineare un aspetto che finora nessuna delle linee guida aveva considerato, ovvero che il flusso d’aria generato dai sistemi HVAC d’aria può facilitare la diffusione di goccioline emesse da persone infette all’interno di spazi interni.

Ciò ha portato l’ECDC a raccomandare che il flusso dell’aria immessa non dovrebbe essere immesso in direzione di gruppi di individui per evitare la dispersione di agenti patogeni da soggetti infetti e quindi facilitare la trasmissione del virus. Ebbene, la REHVA non ha ritenuto di dover inserire alcuna raccomandazione da questo punto di vista e nelle linee guida continua ad affermare che i fan-coil dovrebbero essere mantenuti sempre accesi, situazione che sottopone gli occupanti al rischio di essere investiti da un flusso d’aria infetto.

L’ASHRAE Journal

L’ASHRAE non ha emesso alcuna nuova linea guida, tuttavia è da segnalare come la sezione dedicata al COVID-19 sul sito web sia sempre più ricca di documentazione. Inoltre, risulta di grande interesse il contenuto di un articolo apparso sul numero di settembre dell’ASHRAE Journal dal titolo “Filling the Knowledge Gaps – HVAC and COVID-19”.

L’articolo ricorda in primo luogo che una serie di fattori correlati agli impianti HVAC potrebbero essere significativi rispetto alla diffusione della COVID-19. Ventilazione, filtrazione, umidificazione e igiene sono tutti aspetti inclusi nelle misure volte a ridurne la diffusione. ASHRAE ha pubblicato una guida generale per il funzionamento HVAC durante la pandemia sulla base delle informazioni molto limitate finora disponibili, ma nell’articolo si riconosce il fatto che vi è ancora una notevole incertezza se queste misure siano davvero efficaci.

L’articolo si pone l’obiettivo di riassumere ciò che si sa sul virus responsabile del COVID-19 e su virus simili e sul ruolo degli impianti ‘HVAC sia nella diffusione che nel controllo dell’infezione. Vengono anche segnalate le lacune più critiche in termini di informazioni e sono raccomandate le priorità di ricerca.

Gli autori hanno analizzato una grande mole di pubblicazioni scientifiche e i documenti precedentemente pubblicati su virus simili come la SARS, e hanno valutato queste informazioni sulla base della loro esperienza in qualità sia di progettisti e gestori di impianti HVAC, sia di igienisti specializzati nella qualità dell’aria interna.

Le conclusioni preliminari di questa ricerca portano ad affermare che sono necessari ulteriori studi per determinare se i sistemi HVAC trasmettono effettivamente l’infezione da COVID-19 e se la modifica dei criteri di progettazione può contribuire a controllarne la diffusione.

Per quanto riguarda la trasmissione aerea, un campionamento limitato ha stabilito che il virus viene disperso nell’aria e può colpire (ma non necessariamente infettare) gli occupanti a una distanza ben oltre i 2 metri. Recenti scoperte hanno permesso di stabilire inoltre che il virus può circolare attraverso alcuni sistemi HVAC. Sebbene diversi focolai di infezione suggeriscano la trasmissione per via aerea, essi si sono verificati generalmente in aree con scarsa ventilazione, e ciò ha portato a ipotizzare che la diluizione mediante la ventilazione con le portate di ricambio richieste dalle normative possa inibire la trasmissione della malattia.

L’aumento della portata d’aria esterna diluisce la concentrazione del virus, tuttavia non sono stati ancora stabiliti i valori minimi accettabili per edifici in cui possono essere presenti occupanti infetti. Non è noto se l’aumento delle portate di ventilazione al di sopra dei valori minimi riduca effettivamente la trasmissione della malattia.

Di grande rilevanza è quanto si afferma a proposito delle modalità di diffusione dell’aria, che risulta in linea con quanto contenuto nelle linee guida dell’ECDC. Sebbene non siano ancora disponibili dati sul campo che mostrino l’effettivo impatto della distribuzione dell’aria sull’esposizione a SARS-CoV-2, gli studi suggeriscono che il modo in cui l’aria viene immessa e circola all’interno di uno spazio potrebbe essere un fattore importante per determinare se l’esposizione al virus è sufficiente a causare malattie. Ad esempio, le unità fan-coil montate a parete possono trasportare aria infetta nella zona di respirazione, dirigendo potenzialmente il virus da un individuo infetto ad altri occupanti. Inoltre, l’aria immessa che arriva direttamente sulle superfici può anche rimettere in sospensione gli aerosol sedimentati contenenti virus. La distribuzione dell’aria determina anche se le goccioline infettive si disperdono o si concentrano localmente.

In relazione alla filtrazione, non sono ancora disponibili dati sul campo sufficienti a guidare la scelta dei filtri impiegati nelle UTA. Sebbene le misure raccomandate da ASHRAE ora includono l’installazione di filtri ad alta efficienza, non sono ancora stati condotti studi per determinare se essi possono effettivamente ridurre il rischio di infezione. L’esperienza suggerisce tuttavia che, con un design e un posizionamento appropriati, l’impiego di unità dotate di filtri HEPA poste all’interno di spazi confinati potrebbe potenzialmente ridurre l’esposizione a SARS-CoV-2 grazie all’aspirazione dell’aria direttamente nelle vicinanze di pazienti infetti o rimuovendo il virus presente nell’aria vicino a individui sensibili. Tuttavia, è anche necessario considerare che l’aria emessa da queste unità potrebbe anche trasportare il virus tra gli occupanti e risospendere il virus depositato dalle superfici, esattamente come avviene con i sistemi di diffusione dell’aria o i fan-coil.

Anche per i sistemi di disinfezione basati su raggi UV, che presentano un potenziale effetto di ridurre l’esposizione ai virus in alcune situazioni, non ci sono ancora dati sufficienti per supportare un’applicazione diffusa.

Interessanti sono anche le considerazioni relative al controllo dell’umidità. Da una parte è stato dimostrato che in condizioni di aria secca i coronavirus sopravvivono più a lungo e gli occupanti sono più suscettibili alle infezioni respiratorie. Tuttavia, è anche da considerare il fatto che, sebbene la COVID-19 si sia inizialmente diffusa durante l’inverno in aree con condizioni più asciutte, è stata successivamente registrata una notevole diffusione in aree con clima umido. Gli alti tassi di COVID-19 che hanno colpito gli Stati Uniti durante l’estate suggeriscono che l’umidità non è un fattore rilevante e le informazioni disponibili non supportano la necessità dell’umidificazione come misura di prevenzione quando l’umidità relativa è inferiore al 40%.

L’articolo si conclude con alcune importanti considerazioni in materia di epidemiologia ambientale.

Le ricerche in tale ambito sono fondamentali per determinare il ruolo svolto dalle varie modalità di trasmissione della malattia e per valutare l’efficacia delle misure di controllo. A tale scopo ingegneri e igienisti collaborano per analizzare i fattori di esposizione (ad esempio, ventilazione, direzione dei flussi d’aria, filtrazione, densità e distanza degli occupanti) in modo da determinare la loro correlazione con la posizione e la tempistica del caso. Se le indagini sui focolai, la ricerca sui contatti e la valutazione di test su larga scala potessero includere la raccolta di informazioni ambientali, i risultati potrebbero aiutare nella scelta delle misure di prevenzione basate sui sistemi HVAC.

Gli studi epidemiologici potrebbero consentire di rispondere a questioni ancora aperte:

– il ruolo della trasmissione per via aerea come causa dell’infezione;

– come la ventilazione, la distribuzione dell’aria e l’umidità influenzano i tassi di infezione;

– quanto sono davvero efficaci i vari sistemi di filtrazione e disinfezione dell’aria.

L’importanza della diffusione dell’aria

Un aspetto fondamentale ai fini della possibile trasmissione del virus, esaminato dal documento dell’ECDC e dall’articolo ASHRAE prima citato, ma che finora non è stato affrontato da nessuna linea guida, è quello relativo al ruolo dei sistemi di diffusione dell’aria. Le particelle infette presenti nell’aria ambiente possono essere mosse nelle varie direzioni dai flussi d’aria immessi da bocchette e diffusori e quindi colpire gli occupanti anche a una certa distanza dalla fonte dell’infezione. Per evitare questo rischio è fondamentale che il sistema di diffusione dell’aria sia progettato, per quanto possibile, in modo da garantire flussi dell’aria caratterizzati da direzione e velocità dell’aria tali da evitare la trasmissione.

Per analizzare questo aspetto sono state avviate a livello internazionale una serie di ricerche da parte di scienziati del microclima, molti dei quali avevano in precedenza già studiato il ruolo degli impianti HVAC in relazione alla diffusione della SARS, una malattia causata da un virus appartenete anch’esso alla famiglia Coronavirus, quindi per molti aspetti simile al SARS-CoV-2.

Da anni, Arsen Melikov, della Technical University of Denmark, studia ad esempio le complesse modalità di diffusione dei virus che avvengono all’interno degli ambienti confinati, con particolare riferimento all’effetto delle diverse modalità di diffusione dell’aria (figura 4). La figura 5 illustra l’effetto della direzione del flusso d’aria immesso sulla trasmissione per via aerea in base alla posizione del soggetto infetto e di quello esposto. Come descritto chiaramente da Melikov nel documento citato nella bibliografia, le modalità di diffusione dell’aria sono così importanti da rendere in molti casi del tutto inutile un aumento delle portate d’aria di ricambio. Il controllo della direzione dei flussi d’aria è infatti molto più importante della diluizione dei contaminanti.

Fig. 4 – Studio della trasmissione di virus da soggetto infetti a soggetto esposto in funzione dei flussi d’aria (Fonte: Melikov)

Fig. 5 – Effetto della direzione del flusso d’aria sulla trasmissione per via aerea (Fonte: Melikov)

Un’altra ricercatrice molto impegnata in questo campo è Lidia Marawska dell’University of Technology di Brisbane (Australia) che nel lavoro “Airborne trasmission of SARS-CoV-2: the world should face the reality“ scrive quanto segue: “Devono essere prese tutte le precauzioni possibili contro la trasmissione per via aerea in ambienti interni. Le precauzioni includono un aumento del tasso di ventilazione, l’utilizzo della ventilazione naturale, evitare il ricircolo dell’aria, evitare di trovarsi nel flusso d’aria proveniente da un’altra persona e ridurre al minimo il numero di persone che condividono lo stesso ambiente. Negozi, uffici, scuole, ristoranti, navi da crociera e i trasporti pubblici, sono i luoghi dove i sistemi di ventilazione dovrebbero essere attentamente valutati e il ricambio d’aria incrementato al massimo. È difficile spiegare per quale motivo le autorità sanitarie pubbliche considerino ancora marginale l’importanza della trasmissione aerea dell’influenza o dei coronavirus, ma una possibile ragione è che non è semplice rilevare direttamente i virus che viaggiano nell’aria. Il fatto che non esistano metodi semplici per rilevare i virus nell’aria non significa tuttavia che essi non siano presenti in essa.”

Il team di specialisti di IAQ del Lawrence Berkeley National Laboratory ha invece avviato un programma di ricerca mirato proprio ad analizzare la trasmissione aerea del virus all’interno degli edifici, per il quale si prevede di utilizzare modelli computerizzati che consentano di studiare le modalità di trasporto e la vita degli aerosol emessi da una persona infetta per diverse tipologie di sistemi di diffusione dell’aria. Una priorità dell’attività di modellazione sarà quella di identificare scenari in cui potrebbero potenzialmente verificarsi dosi infettive in vari tipi di edifici, come residenze, aule, case di cura, ristoranti e uffici. A tale scopo verranno condotti esperimenti fisici e impiegati modelli avanzati del flusso d’aria per esaminare gli impatti della ventilazione e della filtrazione sulla dispersione e sulle concentrazioni del fluido respiratorio simulato.

Il lavoro sperimentale sarà condotto nel Flexlab, un simulatore e banco di prova tra i più avanzati al mondo, utilizzato per testare i sistemi di ventilazione e simulare le diverse configurazioni dei sistemi HVAC. Il team di ricerca studierà anche l’uso delle tecnologie di depurazione dell’aria, inclusi i filtri dell’aria.

Infine, in un paper pubblicato dai ricercatori finlandesi della Aalto University si può leggere che “l’aria esterna emessa con sistemi a miscelazione ha diluito le concentrazioni nella zona di respirazione, ma ha anche provocato flussi di ritorno riportando gli aerosol dal soffitto alla zona di respirazione. I flussi d’aria sono fenomeni complessi e spesso non intuitivi. L’unico modo per essere sicuri che una ventilazione funzioni come previsto è simulare il sistema tramite CFD o tramite esperimenti”.

Gli impianti HVAC per i futuri progetti

L’emergenza COVID-19 pone tutti gli addetti del settore delle costruzioni di fronte a una precisa responsabilità: realizzare impianti HVAC che siano in grado di garantire davvero un’elevata qualità dell’aria indoor e quindi un effetto positivo sulla salute. Per raggiungere questo obiettivo è necessario progettare gli edifici per uffici intorno agli impianti, che devono avere un ruolo centrale nel garantire la salubrità degli ambienti.

Per fare ciò devono essere ben chiari due concetti basilari per una corretta progettazione.

In primo luogo, un impianto di ventilazione e climatizzazione deve immettere negli ambienti aria esterna non solo adeguatamente filtrata ma anche con una portata molto più elevata di quella attualmente adottata. Per diluire tutti i contaminanti indoor, è infatti ormai appurato che non bastano i classici 40 m3/h a persona, che dovrebbero essere almeno il doppio.

È inoltre fondamentale che l’aria venga immessa in modo tale da garantire un corretto “lavaggio” dell’aria ambiente mediante un posizionamento dei punti di immissione e di estrazione che consenta di asportare in modo efficace particelle e virus, invece di lasciarli sospesi nell’aria.

Tutto ciò non è novità per chi si occupa di progettazione di edifici ospedalieri, dove la salute delle persone è la priorità. Basti pensare ai sistemi di diffusione adottati per ambienti come sale operatorie, terapie intensive o reparti per infettivi o immunodepressi, concepiti per realizzare flussi laminari che garantiscono un elevato livello di sterilità.

Si tratta peraltro di un concetto già adottato all’estero anche negli edifici commerciali mediante la diffusione dell’aria a dislocamento, con mandata dal basso (a parete o a pavimento) e ripresa dall’alto, eventualmente abbinata a sistemi radianti posti a soffitto. Questa soluzione viene applicata da anni non solo negli edifici per uffici (figura 6) ma anche in scuole, ristoranti e biblioteche (figura 7).

Fig. 6 – Diffusori circolari per la diffusione dell’aria a pavimento

Che cosa ha limitato l’adozione di questa soluzione nel nostro paese? Il più elevato costo di investimento e il maggiore spazio richiesto per apparecchiature e canali di distribuzione, che viene considerato una penalizzazione economica per l’investitore. E’ arrivato il momento di cambiare questa mentalità che finora ha anteposto i ricavi economici alla salute delle persone.

Fig.7 – Sala di una biblioteca trattata con diffusione dell’aria dal basso e ripresa dall’alto

Per stimolare questa evoluzione si potrebbe pensare di introdurre, in analogia con la certificazione energetica, un sistema di certificazione della Indoor Air Quality. Oppure prevedere, nell’ambito del Recovery Fund, degli incentivi destinati non solo agli interventi di risparmio energetico (Superbonus) ma anche per quelli rivolti alla IAQ. Sotto questo aspetto un ambito di applicazione di primaria importanza dovrebbero essere gli impianti HVAC per gli edifici scolastici che risultano per la maggior parte dotati soltanto di impianti di riscaldamento, per lo più obsoleti e energivori, con il ricambio dell’aria affidato all’apertura delle finestre. E’ necessario affrontare seriamente e urgentemente questa problematica dotando le scuole di impianti di ventilazione che garantiscano una buona qualità dell’aria interna che favorisca la salute, l’apprendimento e l’insegnamento.

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IL RETROCOMMISSIONING DEGLI IMPIANTI

La misura della portata d’aria immessa in ambiente deve essere effettuata almeno una volta all’anno (Testo)

Con il progressivo ritorno delle persone all’interno degli spazi confinati (uffici, cinema, teatri, ristoranti), quali sono le soluzioni per rendere più sicuri gli ambienti dal rischio di infezioni dovute alla presenza di soggetti asintomatici?

Finora una delle misure di prevenzione più diffuse è consistita nella sanificazione, non solo degli ambienti ma anche degli impianti e in particolare dei terminali, filtri compresi. Purtroppo, per essere davvero efficaci su un eventuale virus presente nell’aria ambiente e che si sia depositato su filtri o canali, le operazioni di pulizia e disinfezione dovrebbero essere effettuate in continuo, con costi insostenibili.

La soluzione non è neppure costituita dall’utilizzo di apparecchiature di depurazione dell’aria, come filtri elettronici, ionizzatori, ozonizzatori, lampade UV, ecc., dato nessun costruttore è stato finora in grado di dimostrare che siano efficaci sul COVID-19 se applicati su UTA e su terminali ambiente.

Tutte le linee guida raccomandano di puntare sul regolare e frequente ricambio dell’aria negli ambienti interni, immettendo più aria esterna possibile, adeguatamente filtrata, ed eliminando il ricircolo (quando presente). Principio giusto, che però si basa sulle effettive “condizioni di salute” dell’impianto HVAC dalle quali dipende la qualità dell’aria indoor e quindi la salute degli occupanti.

Come ben sappiamo, molto spesso infatti l’impianto non immette nemmeno la portata di progetto.

Per prevenire il rischio di infezione da COVID-19, il migliore risultato, in termini di rapporto costo-benefici, si ottiene quindi eseguendo l’attività chiamata “retrocommissioning”, ovvero  una campagna di verifiche e controlli delle effettive prestazioni e condizioni degli impianti, da effettuarsi prima della nuova occupazione degli spazi.

Le verifiche principali devono riguardare:

  • portata d’aria immessa ed estratta in ambiente;
  • velocità dell’aria nella zona occupata;
  • stato dei filtri su fan-coil e UTA;
  • stato delle griglie di aspirazione dell’aria esterna;
  • alloggiamenti dei filtri UTA, che spesso presentano fughe d’aria;
  • stato delle bacinelle di raccolta della condensa di fan-coil e UTA;
  • posizione delle serrande di taratura sui canali;
  • posizione di serrande e alette sulle bocchette di immissione;
  • apparecchiature di regolazione.

Di tutte queste verifiche la più importante e la più trascurata è la misurazione delle portate dell’aria, un’attività che dovrebbe essere eseguita almeno una volta all’anno e che invece spesso non viene effettuata nemmeno in fase di collaudo.

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Bibliografia

  • Ai, Z.T., Melikov A. K. – Airborne spread of expiratory droplet nuclei between the occupants of indoor environments: a review – DTU Library 2018.
  • ECDC – Heating, ventilation and air-conditioning systems in the context of COVID-19 – 22 June 2020.
  • Light E. et al., Filling the Knowledge Gaps – HVAC and COVID-19 – ASHRAE Journal – September 2020.
  • Marawska L., Cao J. – Airborne trasmission of SARS-CoV-2: the world should face the reality – Science Direct 2020.
  • REHVA – COVID-19 Guidance document, How to operate HVAC and other building service systems to prevent the spread of the coronavirus (SARS-CoV-2) disease (COVID-19) in workplaces – August 3, 2020.
  • Vuorinen V. et al., Modelling aerosol transport and virus exposure with numerical simulations in relation to SARS-CoV-2 transmission by inhalation indoors. Science Direct 2020.