Geotermia per il nuovo museo del design scozzese

Nel nuovo V&A Museum di Dundee, dedicato alla storia del design scozzese, un audace e complesso progetto architettonico si coniuga con un impianto geotermico a circuito chiuso che consente di ridurre al minimo l’impatto ambientale ed estetico. 

Fig.1 – Le piramidi rovesciate dei due corpi si uniscono al livello superiore dove si trovano le sale espositive.

Quando si progetta una nuova struttura museale di respiro internazionale, il cosiddetto brief prevede sempre due requisiti fondamentali: realizzare un edificio iconico che richiami il massimo numero di visitatori e garantire le più elevate prestazioni in termini di funzionalità e di conservazione.

Situato a Dundee sulle rive del fiume Tay, il nuovo V&A sembra rispondere pienamente a questi obiettivi e rappresenta il punto di riferimento per il progetto di rigenerazione del lungomare della città scozzese, un tempo occupato dai magazzini portuali, per il quale è stato stanziato un investimento di 1 miliardo di sterline.

Progettato dall’architetto giapponese Kengo Kuma e costruito tra il 2014 e il 2018 con un costo di 80 milioni di sterline, l’edificio si sviluppa su 3 livelli e copre una superficie totale di 8.445 m2, dei quali 1.650 m2 sono dedicati a spazio espositivo.

SCHEDA DI PROGETTO

Committente: Dundee City Council

Lead architect: Kengo Kuma and Associates

Project and delivery architect: Maurizio Mucciola (PiM Studio)

General Contractor: BAM Construct UK

Servizi di ingegneria: Arup

Superficie costruita: 8.445 m2

Superficie espositiva: 1.650 m2

Costi di costruzione: 80 milioni di sterline

Certificazione di sostenibilità: BREEAM

Il V&A Dundee rappresenta la nuova sede della più prestigiosa istituzione al mondo dedicata al design, fondata nel 1852 a South Kensington da Henry Cole, designer e impresario che ne divenne direttore sotto la benedizione della regina Vittoria e del suo consorte principe Alberto, che danno il nome al museo. Quella di Dundee è la prima “filiale” del museo realizzata al di fuori della storica sede di Londra e ospita le collezioni permanenti dedicate al design scozzese, oltre ad un programma di mostre temporanee con eventi dedicati ai talenti emergenti.

La Oak Room di Mackintosh

Le Scottish Design Galleries espongono 300 oggetti provenienti dal V&A di Londra e da collezioni private. Nelle sale si possono non solo ammirare le opere di maestri del design come Christopher Dresser, ma anche apprendere la storia del tartan o degli stivali Hunter, senza dimenticare la carpenteria dell’industria navale e il mondo del fumetto della DC Thomson.

Il fiore all’occhiello della collezione di design scozzese è in ogni caso costituito dalla Oak Room del grande maestro scozzese Charles Rennie Mackintosh, realizzata a Glasgow per Miss Cranston nel 1909. Smantellata in 600 pezzi nel 1970 e conservata in un deposito per oltre 50 anni, l’originale sala da tè in legno di rovere è stata minuziosamente restaurata e ricostruita grazie alla collaborazione con i musei di Glasgow e il Dundee City Council.

Per l’illuminazione della Oak Room è stata riprodotta la qualità della luce degli spazi originali utilizzando finte finestre in vetro retroilluminate e sorgenti luminose a LED nascoste alla vista.

Il team che ha sviluppato il progetto architettonico è stato coordinato da Maurizio Mucciola, aquilano di origine e londinese di adozione. Mucciola ha lavorato con Kengo Kuma per 8 anni, tre dei quali passati a Tokyo e i cinque successivi a Londra per seguire il progetto del V&A, per poi fondare nel 2016 PiM.studio con il quale ha continuando la partnership con l’architetto giapponese fino al termine dei lavori di costruzione.

Il design del volume rappresenta un’audace dichiarazione architettonica, basata su una complessa geometria formata da due piramidi rovesciate separate al piano terra che, ruotando a spirale su se stesse, si ricongiungono al livello superiore (figura 1).

Il museo si affaccia sull’acqua e la accoglie al suo interno, gettando le fondamenta dentro il fiume. Visto dal prospetto rivolto verso il Tay, il profilo dell’edificio ricorda la prua di una nave ormeggiata alla banchina, omaggio alla tradizione portuale della città (figura 2). Di fianco al museo è peraltro ormeggiato il RSS Discovery, lo storico veliero costruito nei cantieri navali della Dundee Shipbuilders Company per intraprendere le prime spedizioni scientifiche guidate da Scott e Shackleton nelle regioni antartiche.

Fig. 2 – Il profilo del V&A ricorda la prua di una nave ormeggiata alla banchina.

La superficie in pianta dell’edificio aumenta salendo verso l’alto in modo da ridurre l’impronta a terra e massimizzare gli spazi interni ai piani superiori destinati alle funzioni museali.

Il piano terra è diviso in due corpi distinti che comprendono da una parte l’ingresso per il pubblico, la grande hall con il guardaroba, la caffetteria e il bookshop, dall’altra gli uffici amministrativi, i laboratori, la zona di scarico, i servizi di back-of-house, il deposito e alcuni locali tecnici (figura 3).

Fig.3 – Pianta del piano terra con i due corpi destinati rispettivamente alla hall di ingresso del pubblico e ai servizi.

La grande hall a doppia altezza costituisce una sorta di piazza pubblica coperta ed è illuminata da una luce delicata che entra dalle lunghe e strette finestre a fessura realizzate sulle pareti a gradoni rivestite in legno di quercia. Essa costituisce uno spazio accogliente dove socializzare e divertirsi, un “salotto per la città” progettato per incoraggiare il pubblico a interagire con l’edificio e ospitare eventi legati al design, alla moda e alla musica. Per il pavimento e le scale è stata utilizzata una finitura con lastre in pietra calcarea di colore scuro caratterizzata dalla presenza dei fossili di animali e piante marine, scelta per sottolineare lo stretto rapporto tra l’edificio e l’acqua. Questo legame tra l’architettura e il fiume è enfatizzato anche dal cemento bianco che riveste le pareti della caffetteria, del ristorante e del bookshop, realizzato mescolando nell’impasto i gusci delle cozze perlifere.

Per il bookshop e la caffetteria è stato previsto un accesso diretto, indipendente rispetto alla hall e alla reception. Il nucleo di ingresso e l’ascensore dedicato sono stati posizionati in modo che il ristorante e il centro di formazione, situati al piano superiore, siano accessibili indipendentemente dal resto dell’edificio anche al di fuori dagli orari di apertura del museo.

Una scalinata addossata alla parete perimetrale porta i visitatori al livello superiore dal quale si può ammirare dall’alto il foyer di ingresso. La scala può essere utilizzata anche come spazio di sosta grazie alle sedute previste sui tre pianerottoli che interrompono la salita.

Al primo rialzato si trovano una zona pic-nic per le scuole e le famiglie, gli uffici, locali tecnici e depositi. I due corpi a piramide si uniscono al piano superiore in modo da ricavare una grande superficie espositiva suddivisa in quattro sale, due dedicate alle mostre temporanee e due alla collezione permanente.

Gli altri spazi del secondo livello sono invece destinati al Learning Centre, all’auditorium, alla biblioteca e al ristorante. Il percorso museale si conclude con due terrazze che offrono una splendida vista sul Firth of Tay.

Architettura e impianti

La superficie esterna dell’edificio evoca le aspre scogliere della costa nord-orientale della Scozia. Questo effetto è stato ottenuto grazie a un rivestimento realizzato con circa 2.500 lastre prefabbricate in calcestruzzo, ognuna lunga fino a 4 metri e pesante fino a 3 tonnellate, che corrono longitudinalmente lungo le pareti e che sono fissate alla struttura grazie a staffe in acciaio annegate nella fase di getto.

Il progetto architettonico ha fortemente influenzato la scelta delle strategie di sostenibilità ambientale e delle fonti di energia rinnovabile. Un design così spinto dal punto di vista estetico e strutturale ha infatti richiesto che gli impianti fossero completamente nascosti alla vista, ma ciò ha rappresentato una vera sfida per l’ingegneria. La struttura dell’edificio è realizzata in cemento armato e questo ha comportato limiti sia per la realizzazione di cavedi e forometrie sia per quanto riguarda la superficie disponibile in pianta. In particolare, la realizzazione delle reti di distribuzione dei fluidi è risultata molto complessa in quanto le pareti inclinate della struttura in calcestruzzo sono sostenute da travi strutturali o da pareti di cemento armato poste all’interno dell’edificio, quindi erano limitate le posizioni in cui è stato possibile realizzare le forometrie.

In considerazione del particolare profilo dell’edificio, anche l’impatto estetico degli impianti all’esterno ha dovuto essere ridotto al minimo, in particolare per quanto riguarda le apparecchiature installate sulla copertura.

Geotermia a circuito chiuso

Il progetto degli impianti di climatizzazione risulta a basso impatto non solo dal punto di vista degli ingombri e dell’estetica ma soprattutto ambientale. Inoltre, tutte le tecnologie adottate per il benessere ambientale sono state selezionate sulla base di tre criteri: conformità con i regolamenti edilizi, contributo ai crediti BREEAM e tempi di recupero dell’investimento.

Per contenere il consumo energetico si è valutato in primo luogo come potesse essere ridotto al minimo il fabbisogno di raffreddamento e di riscaldamento. A tale scopo, prima di effettuare la scelta della tipologia di impianto, sono stati modellati in modo molto accurato i carichi termici e frigoriferi, con punte che sono risultate contenute grazie all’elevata massa in calcestruzzo e alle soluzioni adottate per il controllo della radiazione solare e delle dispersioni termiche.

Secondo il concept originario il V&A avrebbe dovuto emergere dal fiume ed era stato considerato l’impiego di un sistema geotermico a circuito aperto con pompe di calore alimentate con l’acqua del fiume. In seguito alla rivisitazione del progetto, l’edificio è stato collocato sulla terraferma, come ormeggiato alla banchina, anche se la “prua” della copertura sporge di quasi 20 metri al di sopra l’acqua, oltre l’impronta del museo.

Una volta deciso di trasferire l’edificio sulla riva del fiume è risultato tecnicamente più facile, e più conveniente, adottare un sistema geotermico a circuito chiuso. Dopo un’accurata valutazione delle diverse tecnologie a basse o a zero emissioni di carbonio, il team di progetto ha infatti deciso di confermare l’utilizzo di pompe di calore ad acqua e, sulla base dei risultati di un Ground Response Test, è stato possibile verificare che il terreno presentava un’ottima conduttività termica con una limitata presenza di acqua.

Per dimensionare correttamente l’impianto i progettisti hanno effettuato un’analisi dettagliata di 5 possibili profili di carico termico e frigorifero corrispondenti a diversi scenari di utilizzo, in modo da verificare in particolare che non vi fosse uno sbilanciamento tra i profili di carico di raffreddamento e di riscaldamento nell’arco della vita utile dell’edificio. Sulla base di questa analisi è stato sviluppato un capitolato di progetto per la realizzazione di un sistema in grado di soddisfare i requisiti di riscaldamento e raffreddamento dell’edificio e nel contempo di mantenere costante la temperatura del terreno nel tempo.

Il campo geotermico è costituito da trenta sonde profonde 200 metri ed è stato realizzato sotto l’area pavimentata del museo fuori dall’impronta dell’edificio (figura 4).

Fig. 4 – Il campo geotermico è stato realizzato sotto l’area pavimentata del museo fuori dall’impronta dell’edificio.

Il circuito alimenta due pompe di calore ad acqua con una potenza termica e frigorifera di 225 kW e viene utilizzato anche per il free-cooling nella stagione estiva.

Ad integrazione del sistema geotermico sono state previste due pompe di calore ad aria con potenza termica e frigorifera di 50 kW installate sulla copertura in modo da soddisfare un’eventuale futura richiesta di aumento della potenza di riscaldamento e raffreddamento. Le pompe di calore sono state installate dietro pannelli fonoassorbenti in modo da ridurre al minimo l’impatto estetico ed acustico.

Una pompa di calore con una potenza termica di 20 kW è invece dedicata alla produzione di acqua calda sanitaria a 60 °C.

Nel complesso la centrale termofrigorifera garantisce una produzione annua di energia pari a 800.000 kWh in riscaldamento e 500.000 kWh in raffreddamento. Secondo le stime, il sistema geotermico consente una riduzione delle emissioni di CO2 del 43% rispetto ad un tradizionale sistema di riscaldamento con generatori di calore a gas.

Il controllo del microclima

La hall principale è dotata di un sistema di ventilazione naturale, mentre il pavimento radiante fornisce la maggior parte del fabbisogno di riscaldamento (figura 5).

Fig. 5 – La hall d’ingresso è dotata di un sistema di ventilazione naturale ed è riscaldata mediante un pavimento radiante.

In prossimità della facciata rivolta verso il fiume al piano terra e delle vetrate a tutta altezza del ristorante al livello superiore sono invece impiegati termoconvettori incassati a filo pavimento (figura 6). L’architetto voleva evitare l’impiego di schermature solari sulle vetrate del ristorante orientate verso ovest e affacciate sul fiume. Per evitare il rischio di surriscaldamento a causa della radiazione solare, è stata sviluppata un’analisi termica che ha portato all’impiego di vetri selettivi con un valore del fattore solare di 0,42 e di un sistema di raffreddamento radiante a pavimento.

Fig. 6 – Per il riscaldamento della zona ristorante sono stati previsti fan-coil incassati a pavimento lungo la facciata a tutta altezza.

Le gallerie espositive del museo sono state dotate di impianti dedicati in quanto richiedono il controllo indipendente della temperatura e dell’umidità dell’aria. Entrambi gli impianti sono dotati di unità di trattamento aria con ricircolo. Le unità sono dotate di batterie di riscaldamento e raffreddamento, sezione di deumidificazione con ruote essiccanti e sezione di umidificazione a vapore.

Gli impianti sono del tipo a tutt’aria a volume d’aria variabile, con cassette VAV per la regolazione della portata. In condizioni di carico parziale ogni cassetta VAV provvede ad arrestare la portata che normalmente alimenta un gruppo di diffusori, invece di ridurre la portata di ogni singolo diffusore. La portata immessa da ogni diffusore risulta quindi sempre costante, garantendo in questo modo una buona miscelazione dell’aria. Ciò significa che è possibile mantenere una portata fissa dell’aria immessa da ogni diffusore e creare una corretta miscelazione per garantire valori di temperatura e umidità costanti ed omogenei in tutti gli spazi.

I sensori di CO2 assicurano che sia immessa un’adeguata portata di aria esterna per la ventilazione in funzione dell’affollamento. Durante la notte l’impianto entra in modalità di ricircolo.

Il sistema di regolazione è dotato di ridondanza integrata. Ogni galleria è dotata di tre sensori di temperatura e umidità in modo da confrontare in continuo i dati misurati. Se uno dei sensori risulta non correttamente tarato viene attivato un allarme e il sistema continua a funzionare in base alla lettura degli altri due sensori. Ciò consente all’operatore di sostituire o ricalibrare il sensore difettoso senza arrestare il funzionamento dell’impianto.

Gli spazi multifunzionali dell’edificio destinati a conferenze e aule sono serviti da un’unità di trattamento dell’aria comune. Anche in questo caso il sistema di regolazione provvede ad effettuare la misura della CO2 in modo da aumentare o ridurre la portata dell’aria esterna in funzione del numero di persone presenti negli ambienti.

La diffusione dell’aria

Gli architetti hanno posto dei vincoli stringenti per quanto riguarda l’interior design e per questo motivo non sono visibili le classiche bocchette e griglie a parete o a pavimento.

A differenza di quanto solitamente avviene negli ambienti museali, in questo caso per le sale di esposizione non sono stati realizzati controsoffitti continui, bensì sono state adottate lastre in cartongesso e pannelli metallici appesi a soffitto e tra loro distanziati in modo da creare uno spazio per alloggiare faretti di illuminazione e diffusori acustici (figura 7).  I pannelli metallici sono dotati di un’ampia foratura che consente di celare alla vista i diffusori per l’immissione dell’aria (figura 8).

Fig. 7 – Nelle sale espositive i soffitti sono realizzate con lastre in cartongesso alternate a pannelli metallici.

 

Fig.8 – I pannelli metallici montati a soffitto nascondono il sistema di diffusione dell’aria.

L’immissione dell’aria è realizzata mediante diffusori a getto elicoidale regolabile in grado di realizzare un effetto di elevata induzione che garantisce l’assenza di correnti d’aria fredda. In funzione della temperatura dell’aria immessa il getto può essere regolato con una direzione che passa da orizzontale a verticale in modo da garantire un’efficace diffusione dell’aria anche da elevate altezze fino al pavimento. La regolazione è di tipo termostatico essendo basata su un dispositivo integrato nel diffusore che rileva la temperatura dell’aria immessa e che di conseguenza comanda il movimento delle pale del diffusore in modo da modificare il profilo del getto.

BIM per il progetto coordinato

La strategia alla base del progetto degli impianti è stata sviluppata fin all’inizio del processo progettuale. I workshop organizzati con gli architetti hanno permesso di rendere comunque accessibili gli impianti al personale di manutenzione, anche se nascosti alla vista per ragioni estetiche (figura 9).

Fig. 9 – Sezione dell’edificio.

L’ardito e ambizioso design del V&A ha potuto vedere la luce solo grazie a un metodo di progettazione integrata basato sulla digitalizzazione dell’opera. Il progetto strutturale del V&A è infatti molto complesso, essendo basato su pareti curvate in cemento armato collegate ai solai per garantire stabilità e resistenza all’edificio. Di conseguenza erano limitati gli spazi ove collocare gli impianti, pertanto è stato fondamentale l’utilizzo di strumenti di modellazione e analisi BIM per coordinare la progettazione e l’installazione.

I software di modellazione tridimensionale sono stati utilizzati fin dalle prime fasi del concorso. In fase di progettazione è stato necessario creare un protocollo di coordinamento tra le diverse discipline che ha permesso di coordinare i passaggi del modello tridimensionale tra i differenti software utilizzati per il progetto architettonico, strutturale e impiantistico.

Tutti i passaggi degli impianti sono stati pienamente integrati nel modello 3D sviluppato da architetti e strutturisti e messo a disposizione dell’installatore per realizzare i disegni costruttivi anche grazie al supporto di un progettista con un background in ingegneria strutturale per integrare gli impianti nel modello.

Quando l’appaltatore degli impianti ha iniziato a sviluppare l’installazione, sono stati organizzati incontri in cui i progettisti hanno illustrato il modello e risposto a tutte le richieste di chiarimenti. Successivamente l’installatore ha sviluppato il proprio modello provvedendo ad informare i progettisti sulle modifiche effettuate in modo da verificare che queste non provocassero problematiche di coordinamento.

Di fondamentale importanza sono stati anche gli incontri con lo staff responsabile della gestione dell’edificio, a seguito dei quali sono state apportate piccole modifiche al progetto, ad esempio per quanto riguarda i sistemi di rilevazione incendi. Incontri simili si sono tenuti in una fase successiva del progetto per aggiornare la configurazione e i requisiti del sistema di gestione degli edifici.

Trattandosi di un progetto sviluppato in BIM fin dalle fasi iniziali, il V&A ha potuto fornire al team di progettazione un grande contributo in termini di dati e di esperienza, consentendo di sviluppare le potenziali capacità del modello BIM. Grazie alla visualizzazione 3D e alla realtà virtuale è stato possibile coinvolgere nel progetto i responsabili V&A e comprendere quali sono fossero i requisiti da perseguire.

Il sistema di illuminazione

I progettisti degli impianti hanno lavorato direttamente con gli architetti per sfruttare al massimo la luce naturale e per sviluppare il sistema di illuminazione architettonica a servizio delle gallerie espositive, delle aree front-of-house e delle facciate esterne.

L’obiettivo è stato quello di enfatizzare la luce naturale, l’integrazione architettonica e la sostenibilità. Il progetto ha utilizzato la modellazione computazionale CFD per analizzare i dati meteorologici e il percorso del sole in modo da sviluppare con gli architetti una strategia dell’uso della luce naturale.

L’ingresso di luce solare diretta nelle gallerie espositive non è consentito, mentre le finestre previste in facciata garantiscono la luce naturale e la vista del Tay e della città (figura 10). Negli ambienti lontani dalle facciate l’impiego di solar tubes sopra i pannelli forellati a soffitto consente di illuminare le zone del ristorante e della hall principale.

Fig. 10 – La Michelin Design Gallery è dotata di solar tubes e di vetrate a tutta altezza per sfruttare al massimo la luce naturale.

Le gallerie per le mostre temporanee sono illuminate con luce naturale grazie ai lucernari rivolti a nord integrati nel sistema della copertura. Un sistema di schermatura regolabile consente la modulazione della luce naturale entrante per soddisfare i requisiti di conservazione delle esposizioni.

Nelle Scottish Design Galleries una serie di piccole finestre e una grande vetrata, dotata di oscuranti automatici, offrono ai visitatori la vista verso l’esterno.

I proiettori montati su binari, dotati di LED ad alta resa cromatica, sono stati oggetto di un’accurata scelta per valorizzare gli oggetti esposti nelle gallerie (figura 11).

Fig. 11 – L’illuminazione artificiale è realizzata con faretti montati su binari con lampade LED.

Tutti gli apparecchi sono controllati mediante un sistema DALI in base all’intensità luminosa rilevata in ambiente.

Di notte la serie di piccole finestre che si apre sulla facciata lineare consente all’illuminazione interna di risplendere all’esterno. Le luci verso l’alto montate negli specchi d’acqua riflettenti che circondano il V&A illuminano l’esterno per rivelare le forme complesse e la trama della facciata in pietra.

Risultati prestazionali

Il V&A Dundee ha catturato l’attenzione del pubblico e rappresenta ormai una delle principali attrazioni della città, essendo stato visitato da più di 300.000 persone nei primi tre mesi di apertura. Dato l’ancora limitato periodo di funzionamento, non sono ancora disponibili dati dettagliati e significativi sulle prestazioni energetiche e ambientali dell’edificio. E’ da considerare che il numero di visitatori è risultato molto più alto rispetto alle previsioni e sarà quindi interessante verificare se ciò andrà a modificare sostanzialmente gli indicatori prestazionali iniziali.

Immagini di Hufton & Crow

Disegni di Kengo Kuma and Associates

Autore: Ing. Luca Stefanutti