Il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha realizzato l’indagine “L’efficienza energetica dei Comuni”, allo scopo di fare il punto sul processo di attuazione della normativa sul tema energetico da parte degli Enti locali. Lo studio è stato effettuato tra tutti i Comuni capoluogo di provincia e quelli non capoluogo con più di 50mila abitanti.
Le nuove normative europee in tema di efficienza energetica – ricorda il CNI – comportano maggiori responsabilità da parte dei Comuni che sono chiamati ad attivarsi e organizzarsi, non solo provvedendo all’adozione di specifici modelli organizzativi o costituendo apposite strutture tecniche, importantissime a livello operativo, per l’attuazione delle misure nel territorio, ma anche dotandosi di figure professionali specialistiche in grado di gestire progetti di efficienza energetica e, allo stesso tempo, di trovare le relative fonti di finanziamento. Uno dei primi passi è l’individuazione di un ufficio specifico e nel 54% dei casi – rivela l’indagine – i Comuni hanno agito su questa direttrice. Tale prassi risulta particolarmente diffusa nelle regioni meridionali (in tre quarti dei casi), meno nel Nord-Ovest (un terzo). Tale risultato – auspica il CNI – andrebbe migliorato in tempi brevi, poiché è un buon indicatore di come la grande maggioranza dei Comuni non stia effettuando il controllo della qualità energetica delle costruzioni edilizie e degli altri interventi.
Dal 2008, la Commissione europea ha promosso il cosiddetto Patto dei Sindaci al fine di promuovere un coinvolgimento attivo degli enti locali nella strategia europea per la sostenibilità energetica. L’84,8% dei Comuni vi ha aderito. Il tasso di adesione – si legge inoltre nell’indagine – risulta ancora più elevato nel Meridione (96,3%) e nelle regioni del Nord-Est (94,4%). I Comuni che aderiscono al Patto dei Sindaci sono chiamati a realizzare il Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES) e anche su questo terreno le notizie sono positive: nel 90% dei casi i Comuni che hanno aderito al Patto dei Sindaci hanno predisposto il PAES. Tuttavia, solo il 47,5% dei Comuni che hanno predisposto il PAES è stato poi in grado di effettuare il monitoraggio biennale previsto. Il dato medio, poi, nasconde un’Italia spaccata in due: se nel Nord Italia, infatti, i comuni in regola col monitoraggio biennale si aggirano intorno ai due terzi, nel Meridione e nel Centro Italia si riducono a meno di un terzo. Lo strumento operativo del PAES è costituito dal Piano Energetico Comunale (PEC), ma solo il 39,2% dei Comuni l’ha approvato (nel Meridione appena il 14,8%).
La normativa, oltre a delineare gli obiettivi e indicare gli strumenti per il miglioramento dell’efficienza energetica, individua alcune figure professionali concretamente operanti nel settore dell’analisi e della certificazione dell’efficienza energetica degli edifici. In particolare i Comuni devono procedere alla nomina di un Responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia (Energy Manager). Ora, se è vero che in genere il ruolo è affidato a un laureato in ingegneria, nel79,3% dei casi si tratta di figure in carico all’Ente, mentre solo uno su 5 è un consulente esterno. Questo risultato – conclude il Consiglio – contribuisce ad avvalorare l’ipotesi che la nomina di un Energy manager sia interpretata dai Comuni più come un adempimento formale che una risorsa per il territorio.