A volte sottovalutato, il controllo accurato dell’umidità nei data center diventa indispensabile per assicurare condizioni operative esenti da criticità.
Certamente anche il successo del fenomeno “cloud”, ma non solo, ha contribuito ad ampliare maggiormente la richiesta di nuove e sempre più performanti strutture dedicate all’archiviazione e al trattamento delle informazioni digitali (data center).
Di pari passo la richiesta di un monitoraggio efficace del funzionamento e della manutenzione delle delicate apparecchiature informatiche sottolinea la necessità di un accurato e affidabile controllo della temperatura e dell’umidità ambiente.
Ma se il controllo della temperatura è sempre stato oggetto di estrema attenzione da parte dei progettisti e dei produttori delle macchine e dei sistemi HVAC per data center, il valore dell’umidità relativa, e in particolare il valore minimo, viene viceversa poco considerato e a volte addirittura scaduto come parametro secondario.
Vale cosi la pena ricordare che i livelli di umidità all’interno dei data center sono particolarmente importanti in quanto un valore eccessivo determina il rischio di condense e di condizioni di aria umida, situazione questa che può favorire la comparsa di scariche elettrostatiche (e probabili corto circuiti) nelle delicate apparecchiature elettroniche, di contro valori troppo bassi portano anch’essi alla possibile origine dei sgraditi fenomeni di elettrizzazione.
Si dovrebbe inoltre considerare che la selezione dell’unità umidificante comporta anche una ricaduta sul calcolo dei carichi termici di raffreddamento e sul consumo totale di energia del data center.
Allo stesso modo in cui vi sono diverse possibilità per realizzare il raffreddamento dei data center, numerose sono le tecnologie oggi disponibili per procedere con l’umidificazione dei medesimi ambienti.
Comprendere i vantaggi e gli svantaggi di ogni soluzione consente al processo decisionale di operare la scelta più idonea e permette in ultima analisi di concepire un ambiente operativo migliore.
Perché umidificare un data center
La sorveglianza puntuale della temperatura è probabilmente il primo argomento che viene in mente ad un progettista quando si parla di controllo climatico dei data center. Tuttavia, il valore di umidità risulta essere un parametro altrettanto importante per ottenere un funzionamento efficiente delle apparecchiature elettroniche.
I livelli di umidità relativa raccomandati all’interno di un data center sono vincolati all’interno di un intervallo circoscritto da un limite superiore e inferiore, come descritto nelle linee guida Ashrae TC9.9 “Thermal Guidelines for Data Processing Environments”, terza revisione del 2011.
Fin dalla prima versione elaborata nel 2004, l’Ashrae aveva suddiviso in classi di temperatura e umidità i vari ambienti destinati ad ospitare le centrali di elaborazione dei dati. Ognuna di queste classi porta delle raccomandazioni specifiche per il controllo dell’umidità, in special modo verso il valore limite inferiore.
In questa terza edizione, le linee guida oltre a definire delle nuove classi ambientali, A3 e A4, hanno ridotto (per queste) il limite consentito di umidità relativa dal 20% all’8%.
Questo significa che oggi sia possibile operare nei data center specificati fino al limite di umidità relativa dell’8%? Non necessariamente.
Esaminando più in dettaglio la revisione, ciò che in realtà è stato modificato è quello di rendere ammissibile il valore limite inferiore di umidità relativa e non viceversa la raccomandazione di tale valore limite (tabella 1).
Tab 1 classi data center e condizioni termoigrometriche.
Classi | Prescrizione | Temperatura (°C) | Intervallo umidità, senza condensazione |
Temperatura di rugiada max (°C) |
A1 – A4 | Raccomandato | 18 – 27 | 5,5 °C DP – 60% e 15°C DP | 15 |
A1 | Consentito | 15 – 32 | 20 – 80 % | 17 |
A2 | 10 – 35 | 20 – 80 % | 21 | |
A3 | 5 – 40 | -12 °C DP e 8% – 85% | 24 | |
A4 | 5 – 45 | -12 °C DP e 8% – 85% | 24 | |
B | 5 – 35 | 8 – 80 % | 28 | |
C | 5 – 40 | 8 – 80 % | 28 |
Fonte: Ashrae TC9.9 “Thermal Guidelines for Data Processing Environments” – 2012
Difatti per tutte le classi ambientali, il limite inferiore di umidità consigliato risulta ancora pari alla condizioni di aria con una temperatura di rugiada di 5,5 °C, invariato rispetto alla seconda edizione pubblicata nel 2008, ed è a questo valore che si dovrebbe indirizzare la propria attenzione.
Allo stesso tempo però, per alcuni degli operatori di data center che già agiscono nei limiti consentiti, viene concessa la possibilità di scendere a valori di umidità relativa prossimi al 8%, potendo così usufruire per un maggior periodo di tempo delle proprietà di raffreddamento dell’aria esterna (free cooling) e quindi in sostanza di ottenere un maggiore risparmio energetico dall’impianto.
Va comunque ricordato che il monitoraggio dei bassi livelli di umidità dell’aria all’interno dei data center resta comunque indispensabile per contribuire a limitare gli effetti dell’accumulo delle cariche elettrostatiche e il loro possibile scarico sui componenti elettronici sensibili. Come del resto si rimane consapevoli che la minaccia principale di scariche elettrostatiche proviene dagli addetti in movimento nel data center, con l’accumulo di cariche, ed è principalmente dovuto al contatto con attrezzature prive di messa a terra. Un tale evento può portare a guasti permanenti alle apparecchiature, oltre a tempi di prolungata inattività.
Negli ultimi 15 anni, i produttori di apparecchiature elettroniche hanno condotto prove e studi per capire meglio la relazione tra i diversi livelli di umidità e come questi influenzano l’accumulo di elettricità statica. C’è quindi oggi unanime consenso nell’affermare che l’aumento di umidità relativa all’interno degli ambienti diminuisce il potenziale di rischio di scariche elettrostatiche indesiderate.
Come umidificare
L’umidificazione degli ambienti può essere realizzata attraverso le numerose tecnologie presenti sul mercato. Va da se che ogni situazione abbia esigenze diverse di umidificazione e vincoli progettuali, in modo che il tecnico deve comunque procedere con una valutazione approfondita caso per caso; questo garantisce che ogni progetto possa implementare il metodo di umidificazione ideale.
Quando si seleziona un sistema di umidificazione, si dovrebbe considerare alcune scelte progettuali, quali: la necessità di umidificare o l’intera struttura o semplicemente il locale dedicato ai data center; l’introduzione di fonti di rumore e di acqua all’interno, o in prossimità, di sistemi e apparecchiature sensibili; il numero di umidificatori necessari; le procedure manutentive
L’umidificazione adiabatica o isotermica
Le tecniche di umidificazione si possono essenzialmente distinguere a seconda delle due principali trasformazioni termodinamiche compiute: adiabatica o isotermica.
Questi due processi variano significativamente e devono dunque essere pienamente compresi per poter selezionare il metodo di umidificazione più opportuno.
Nel processo di umificazione adiabatico, il calore necessario per far evaporare l’acqua viene sottratto direttamente alla massa d’aria da umidificare, risultato per cui si ottiene una diminuzione della temperatura a bulbo asciutto della miscela, mentre la temperatura a bulbo umido si mantiene costante. Nessuna fonte esterna di calore è prevista per il funzionamento dell’umidificatore.
Il calore di vaporizzazione necessario per far evaporare a 20 °C un kg di acqua allo stato liquido è di 2245 kJ. Questo valore rimane costante, sia che l’acqua da evaporare si trovi contenuta in un serbatoio-bacinella, sia che venga finemente nebulizzata nella corrente d’aria.
Viceversa, con un processo di umidificazione isotermico, la fonte di energia richiesta per l’umidificazione viene fornita esternamente al flusso d’aria e provoca un leggero aumento della temperatura dell’aria alla fine del processo di umidificazione.
L’umidificazione si ottiene attraverso l’immissione di vapore saturo secco prodotto da una generatore di calore separato. Il vapore d’acqua viene aggiunto alla massa d’aria senza alcuna sottrazione di calore.
A differenza del processo adiabatico, anziché ottenere il raffreddamento della massa d’aria umidificata, l’iniezione di vapore aumenta contemporaneamente l’umidità assoluta e la temperatura a bulbo asciutto dell’aria.
Va da se che questo sistema, comportando un costo impegnativo per la produzione di vapore e una non trascurabile addizione di calore alla massa d’aria umidificata, risulti più oneroso nei costi di esercizio rispetto al primo metodo che richiede invece per funzionare, una minor quantità di energia.
Allo stesso modo il processo adiabatico risulta più complesso nella sua architettura e nella realizzazione, indi per cui diviene conveniente il suo impiego per produzioni orarie elevate (oltre i 100 kg/h).
Se progettata e gestita correttamente, l’umidificazione adiabatica può portare ad una diminuzione significativa della potenzialità del compressore e quindi dell’unità frigorifera richiesta. Addirittura in alcune aree geografiche, il raffreddamento adiabatico e la conseguente umidificazione possono essere utilizzati in esclusiva per soddisfare le esigenze complessive di raffreddamento del data center.
Sono oggi disponibili sul mercato della climatizzazione una varietà di metodi in grado di procedere all’umificazione dell’aria e si distinguono essenzialmente nel metodo specifico di introdurre le goccioline di acqua nel flusso d’aria (o in ambiente).
Umidificatori isotermici
In molti impianti, gli umidificatori isotermici rappresentano la scelta più comune per ottenere l’umidificazione degli ambienti. Di principio, questi umidificatori generano vapore riscaldando l’acqua fino alla temperatura di ebollizione (per produrre 1 kg/h di vapore occorrono 750 W) e convogliando nel flusso d’aria di distribuzione, o direttamente in ambiente, il vapore prodotto. Come fonte primaria di energia vengono utilizzati l’energia elettrica, il vapore, i generatori di calore a combustibile, le radiazioni elettromagnetiche nel campo dell’infrarosso, ecc.
Una volta prodotto, il vapore viene poi immesso nel flusso d’aria a da questo assorbito.
Prelevando il vapore da un generatore centralizzato, questi sistemi utilizzano un distributore a tubo (lancia) o degli appositi pannelli distributori per immetterlo direttamente nella canalizzazione assicurandone un eccellente assorbimento nella portata d’aria trattata ed un accurato controllo dell’umidità relativa. A causa dei possibili rischi della salute causati dagli additivi chimici utilizzati per il trattamento della caldaia, l’uso di questo metodo di umidificazione sta declinando. Una alternativa per superare questo inconveniente viene data dall’utilizzo di un apposito e separato generatore di vapore.
Questo consiste in un piccolo serbatoio automatico non pressurizzato contenente una apparecchiatura idonea a produrre il riscaldamento e la vaporizzazione dell’acqua, quale può essere:
– una resistenza elettrica;
– una coppia di elettrodi immersi nell’acqua attraversati dalla corrente elettrica;
– una serpentina di tubi percorsa da vapore riscaldato, acqua ad alta temperatura;
– un bruciatore a fiamma indiretta.
Gli umidificatori isotermici vengono spesso scelti per la loro facilità di installazione, di manutenzione e affidabilità, e perché possono essere facilmente adattabili a molteplici impianti. La diffusione del vapore attraverso tubi con ugelli generalmente non richiede la sostituzione o una pulizia frequente in quanto i minerali vengono rimossi dall’acqua nel recipiente di ebollizione.
Un altro vantaggio della generazione del vapore isotermico è dato dallo possibilità di poter facilitare la disinfezione della corrente d’aria.
Come affermato in precedenza, il termine “isotermico” è un termine improprio in quanto iniettare del vapore nel sistema può aumentare la temperatura dell’aria. Questo aumento della temperatura dovrebbe essere considerato nella scelta di questi sistemi, e di norma queste apparecchiature vengono di rado utilizzate nei data center, anche perché possono avere un impatto negativo sull’efficienza legata al consumo (elevato) di energia.
Umidificatori adiabatici
Gli umidificatori adiabatici, umidificano l’aria attraverso un processo di atomizzazione adiabatico che genera minuscole goccioline d’acqua attraverso la nebulizzazione. Queste piccole goccioline, immesse direttamente nell’aria trattata, ne aumentano l’umidità relativa attraverso la propria evaporazione. In generale, l’effetto di qualsiasi sistema di umidificazione ad acqua atomizzata dipende dall’area superficiale delle goccioline d’acqua esposte al flusso d’aria e dal loro tempo di permanenza. L’acqua nebulizzata in goccioline di 10 micron di diametro, per esempio, espone/presenta una superficie 10 volte più grande dello stesso volume di acqua atomizzata in goccioline di 100 micron.
Con questi sistemi di umidificazione, una fitta nebbia di piccole particelle di acqua viene spruzzata direttamente nel flusso dell’aria, trasformandosi successivamente in vapore d’acqua per evaporazione.
L’energia necessaria per la vaporizzazione è fornita dalla corrente d’aria; di conseguenza, la velocità di attraversamento dell’aria attraverso la sezione di umidificazione/atomizzazione deve restare in un intervallo di velocità prefissato dal produttore. Se la velocità aumenta oltre il valore massimo consigliato, l’efficienza di assorbimento diminuisce significativamente e questo si traduce in un ulteriore aumento della richiesta di potenzialità dell’umidificatore.
Un’altra variabile che determina l’efficienza di queste apparecchiature è data dalla distanza di assorbimento all’interno della sezione di umidificazione nell’UTA o nei condotti che trasportano l’aria.
Questa distanza di assorbimento è di norma misurata dal gruppo di umidificazione al componente successivo, che se montato all’interno una UTA, è tipicamente un separatore di condensa. La dimensione media delle gocce prodotte influisce anche sull’efficienza di assorbimento del sistema; in ultimo il sistema è altamente dipendente dalla tecnologia utilizzata e dal design del produttore.
Umidificatori ad alta pressione
I sistemi di umidificazione ad alta pressione sono tipicamente montati su telai modulari provvisti di collettori disposti su più file all’interno di un’unità di trattamento dell’aria. Un sistema di nebulizzazione ad alta pressione inserito in un’unità di
trattamento dell’aria (UTA) è composto generalmente da quattro elementi principali: un impianto di alimentazione dell’acqua; un insieme di apparecchiature dedite alla nebulizzazione (pompe, ugelli e collettori); un componente di recupero dell’acqua in eccesso e/o non assorbita dal flusso d’aria (separatore di gocce, vaschetta di raccolta del condensato); un sistema di controllo.
L’acqua ad alta pressione alimentata da una serie di pompe e di collettori viene nebulizzata da speciali ugelli realizzati in acciaio inox. Questi ugelli generalmente hanno un diametro dell’orifizio di 0.2 mm, leggermente più largo di un filo di capelli. Quando l’acqua di alimentazione, pressurizzata, viene sospinta fuori dall’orifizio ad alta velocità colpisce uno speciale perno di impatto polverizzandosi in miliardi di goccioline. Questi ugelli producono più di 5 miliardi di goccioline per secondo.
Gli ugelli nebulizzatori dotati dell’apposito perno d’impatto provvedono ad una efficace umidificazione mantenendo al minimo lo spreco di acqua e di energia.
Entro certi limiti, il formato della gocciolina è inversamente proporzionale alla radice quadrata del salto di pressione imposto. Perciò, raddoppiando la pressione di esercizio, ne consegue che una gocciolina risulti minore del 30 per cento. Altri parametri che influenzano la grandezza delle goccioline sono il diametro dell’orifizio di uscita e il valore della viscosità e della tensione superficiale dell’acqua. Per ottenere la nebulizzazione, le pompe normalmente devono pressurizzare l’acqua tra i 7000 kPa e i 14000 kPa. E’ meglio dunque prevedere l’impiego di pompe ad alta pressione con un basso numero di giri onde ridurre la vibrazioni trasmesse, il rumore propagato e permettere una durata di esercizio maggiore.
Il collettore di umidificazione ha generalmente un diametro esterno di 1 cm ed è costituito da numerosi ugelli in grado di fornire una nebbia d’acqua al flusso d’aria, con dimensioni medie delle goccioline di circa 10 micron.
Dato che il processo di nebulizzazione dell’acqua non permette una evaporazione rapida quanto quella del vapore saturo secco, è conveniente installare un separatore di gocce collocato a valle degli ugelli. Il separatore di gocce rimuove ogni gocciolina che non è evaporata nell’aria in modo da evitare di bagnare le altre sezioni dell’UTA.
Alcuni impianti di condizionamento richiedono un controllo non solo dell’umidità relativa dell’ambiente, ma anche del processo stesso di nebulizzazione attraverso l’utilizzo di una pompa a velocità di rotazione variabile. Le elettrovalvole a solenoide ad alta pressione permettono, d’altra parte, un immissione dell’acqua nebulizzata localizzata nel flusso d’aria e consentono l’utilizzo di diverse unità di trattamento con una sola pompa.
Potenziali problemi nella manutenzione possono scaturire dall’ostruzione del separatore di gocce e degli ugelli. I minerali disciolti nell’acqua infatti possono causare la calcificazione nei punti più delicati dell’impianto, così come insieme alle polveri fini possono essere diffusi durante la nebulizzazione nel flusso dell’aria, con conseguente scadimento della qualità dell’aria dell’ambiente umidificato.
In ogni caso, un’alta frequenza di questo tipo di problemi indica che il sistema è stato installato in modo improprio. Un accurata analisi dell’acqua di alimentazione da parte del fornitore del sistema servirà per eliminare il pericolo di future ostruzioni ed assicurare una più agevole manutenzione.
In genere è preferibile utilizzare l’acqua ottenuta attraverso il procedimento dell’osmosi inversa onde evitare i problemi derivati dalle polveri minerali che spesso sono presenti nella rete idrica.
In condizioni normali di esercizio, un adeguato sistema di filtrazione unito all’uso del processo dell’osmosi inversa sull’acqua di alimentazione riducono notevolmente le procedure di manutenzione.
Umidificatori con ugelli ad aria compressa
L’umidificazione ottenuta attraverso gli ugelli alimentati con aria compressa è simile all’umidificazione ad alta pressione, fuorché invece che utilizzare una pompa idraulica ad alta pressione viene utilizzata dell’aria compressa per nebulizzare l’acqua nella corrente d’aria. Le dimensioni delle gocce d’acqua prodotte da questa tecnologia sono in media di 7,5 micron.
Gli umidificatori ugelli ad aria compressa destinati alla climatizzazione dei data center sono di norma montati all’interno di un’unità di trattamento dell’aria e utilizzano acqua trattata e purificata; buona regola è quella di verificarne tutti i requisiti chimico-fisici con il produttore prima della messa in opera del sistema.
Questo sistema di umidificazione elimina la necessità di una pompa idraulica ad alta pressione, ma richiede l’installazione di un apposito sistema ad aria compressa. Va da se che se la struttura dovesse essere già provvista di un circuito ad aria compressa viene in automatico la possibilità di avvalersi di questo tipo di umidificazione.
Umidificatori ad ultrasuoni
Gli umidificatori ad ultrasuoni utilizzano una serie di trasduttori piezoelettrici per creare cavitazione all’interno di un serbatoio contenente dell’acqua (figura 5). Questo processo di cavitazione genera una foschia fine formata da
gocce di vapore acqueo dalle dimensioni medie (diametro) di un micron. Gli umidificatori ad ultrasuoni sono in genere montati anch’essi all’interno dell’unità di trattamento dell’aria, a valle nei canali di distribuzione dell’aria o direttamente negli ambienti da climatizzare. L’acqua che viene fornita al serbatoio deve essere di norma purificata attraverso un processo di filtrazione ad osmosi inversa e deionizzazata. In questo modo il sistema ad ultrasuoni risulta più efficace e soprattutto è in grado di produrre il vapore privo della presenza di minerali.
Gli umidificatori ad ultrasuoni richiedono pressioni di alimentazione dell’acqua comprese tra i 200 kPa e i 600 kPa a seconda del modello e del produttore; questo consente di operare con valori modesti di pressione ed elimina la necessità di utilizzare circuiti idraulici e macchine operatrici ad alta pressione. Inoltre i motori piezoelettrici hanno una richiesta di bassa potenza e quindi di consumo elettrico. Consentono pertanto un ulteriore vantaggio energetico, fino al 90% in meno (circa 80 W per litro di acqua nebulizzata) rispetto ad un equivalente umidificatore a vapore ad elettrodi immersi.
Le unita degli umidificatori a ultrasuoni possono essere sovrapposte tipo “rack” all’interno dell’unità di trattamento dell’aria per soddisfare grandi esigenze di umidificazione. Queste unità multiple possono essere controllate per funzionare in modo autonomo, contemporaneamente o in cascata.
Umidificatori a pacco evaporante
Un scelta conveniente per operare l’umidificazione di una massa d’aria è anche possibile attraverso gli umidificatori a pacco evaporante.
Gli umidificatori adiabatici a pacco evaporante impiegano un insieme di fogli impregnati di resine. I pacchi vengono realizzati con materiali diversi (legno, cellulosa, fibra di vetro, ecc.), e sono caratterizzati da pieghe con inclinazione differente al fine di ottenere una elevata superficie e un intenso scambio acqua-aria, favorendo così un’evaporazione ottimale.
L’acqua, fornita dalla pompa, viene distribuita uniformemente nella parte superiore del pacco evaporante, e recuperata (quella non evaporata) da una bacinella posta nella parte inferiore. In alcuni sistemi l’acqua residua non viene ricircolata, ma evacuata “a perdere” nello scarico.
Un vantaggio sostanziale dell’utilizzo del pacco evaporante è dato dalla minore potenza consumata dovuta alla distribuzione di acqua a bassa pressione, e da un non trascurabile effetto free cooling sulla massa d’aria trattata.
Diversi produttori di apparecchiature elencano i benefici di questo raffreddamento gratuito nell’ordine di una diminuzione della temperatura dell’aria in uscita di circa 6 °C; tuttavia, il vantaggio reale dipende fortemente dalle condizioni di progetto previste e dal modo in cui viene utilizzato un sistema.
Le pressioni minori di funzionamento della pompa idraulica oltre a far risparmiare sulle dimensioni della macchina, riducono anche al minimo il pericolo di fughe incontrollate di quantità d’acqua, situazione questa di una certa criticità quando si parla di data center.
A differenza delle soluzioni di umidificazione in precedenza elencate, l’efficienza del pacco evaporante non si misura direttamente nella quantità d’acqua assorbita (o ceduta) rispetto a quella fornita, ma piuttosto dalla differenza, in termini percentuali, tra le temperature a bulbo secco e a bulbo umido dell’aria in corrispondenza del uscita dall’umidificatore. Teoricamente, un efficienza del 100% dovrebbe portare ad una condizione dell’aria trattata corrispondente alla linea di saturazione del diagramma psicrometrico.
Il valore dell’efficienza di umificazione è importante da considerare per il dimensionamento del circuito lato acqua di alimentazione o di ricircolo.
Una criticità del sistema è invece data dalla velocità di attraversamento dell’aria (portata) in quanto di norma sono indicati dal produttore un intervallo di valori di velocità e portata d’aria entro i quali rimanere per ottenere un umidificazione efficace. Questo comporta in taluni casi di predisporre una sezione di bvpass dell’aria in modo da assicurare sempre la medesima portata d’aria sul pacco evaporante. Un errata previsione della portata in transito porterebbe ad un incompleto assorbimento, a stagnazione d’acqua e a spruzzi incontrollati.
Negli umidificatori adiabatici a pacco evaporante l’acqua di alimentazione dovrebbe essere sottoposta a dissalazione mediante impianti ad osmosi inversa.
Anche in questo sistemi infatti il deposito sui fogli che costituiscono il pacco evaporante dei minerali presenti nell’acqua rappresentano un ostacolo al processo di assorbimento e quindi deve essere prevista una manutenzione con spurgo periodico.
Allo stesso modo anche i possibili detriti non filtrati e trasportati dal flusso d’aria nel pacco evaporante ne diminuiscono le capacità di scambio.
Queste considerazioni portano a valutare che il pacco evaporante vada sostituito regolarmente.
Conclusioni
La richiesta di data center è in continua crescita ormai in ogni parte del pianeta, e dunque le reali esigenze di ogni struttura devono essere analizzate di volta in volta tenendo conto della differente area climatica.
La scelta quindi può sensibilmente variare da una struttura all’altra, privilegiando di volta in volta soluzioni di umidificazione isotermiche ad altre di tipo adiabatico.
Quest’ultime, in virtù del basso consumo energetico, e dell’effetto di raffreddamento indotto dalla umidificazione dell’aria, sembrano oggi favorite dall’evolversi delle sempre più stringenti normative sul risparmio energetico.
Bibliografia
The why, what, and how of data center humidification – Jeffrey Colby, Justin Herzing, Engineered System – Febbraio 2016, USA
di Luca Ferrari