La situazione della rete idrica nazionale

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L’Istat informa della pubblicazione di un report che presenta una sintesi dei principali e più recenti risultati delle diverse indagini, elaborazioni e analisi realizzate dall’Istituto, per offrire una lettura integrata delle statistiche sulla rete idrica italiana.

Nel 2022 – si legge nel report – il volume di acqua prelevata per uso potabile in Italia è pari a 9,14 miliardi di metri cubi, con un prelievo giornaliero di 25 milioni di metri cubi, pari a 424 litri per abitante. Sul territorio ci sono circa 37.400 fonti di approvvigionamento attive per gli usi idropotabili, mediamente 12 ogni 100 km2. Nel 2022, prosegue la lenta e modesta contrazione dei volumi prelevati registrata a partire dal 2018.

Nonostante il volume prelevato si sia ridotto dello 0,5% rispetto al 2020 (-4% rispetto al 2015), l’Italia si riconferma – da oltre un ventennio – al primo posto nell’Unione europea per la quantità, in valore assoluto, di acqua dolce prelevata per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei (escludendo quindi i prelievi da acque marine). Tra i Paesi Ue27 dell’area mediterranea, l’Italia è tra quelli che utilizzano maggiormente acque sotterranee, prelevate da pozzi e sorgenti, per soddisfare le richieste idropotabili della popolazione.

In termini pro capite, il divario tra i Paesi Ue27 è ampio e l’Italia – con 155 metri cubi annui per abitante – si colloca in terza posizione, preceduta solo da Irlanda (200) e Grecia (159), e seguita a netta distanza da Bulgaria (118) e Croazia (111). La maggior parte degli Stati membri (20 su 27) ha prelevato tra 45 e 90 metri cubi di acqua dolce per persona per l’approvvigionamento pubblico. Nella parte bassa della graduatoria si colloca la maggioranza dei Paesi dell’Europa dell’est. Malta chiude la classifica con 27 metri cubi annui a persona.

Nel 2022 in Italia – continua il report – l’84,7% del prelievo deriva da acque sotterranee (48,5% da pozzo e 36,2% da sorgente) e il 15,2% da acque superficiali (bacino artificiale, corso d’acqua superficiale e lago naturale). A integrazione delle fonti di acqua dolce, per sopperire alle carenze idriche, una piccola parte del prelievo è derivata da acque marine o salmastre (lo 0,1% del totale).

Il volume di acqua prelevato per uso potabile si riduce all’ingresso del sistema di distribuzione per le perdite di processo nel trattamento di potabilizzazione, per le dispersioni nella rete di adduzione e per i volumi addotti all’ingrosso per usi non civili (agricoltura e industria). Nel 2022, sono immessi nelle reti comunali 8,0 miliardi di metri cubi di acqua per uso potabile (371 litri per abitante al giorno).

I volumi immessi giornalieri pro capite variano molto a livello regionale: dai 262 litri giornalieri per abitante in Puglia ai 596 della Valle d’Aosta. Il volume immesso in rete si riduce dell’1,4% rispetto al 2020. A causa delle dispersioni in distribuzione, agli utenti finali sono erogati complessivamente 4,6 miliardi di metri cubi di acqua per usi autorizzati (214 litri per abitante al giorno). Il volume erogato si riduce dell’1,6% rispetto al 2020, prosegue così la lenta contrazione dei consumi di acqua che si osserva ormai da oltre vent’anni. Rispetto al 1999 il volume erogato registra una diminuzione del 13% in volume e di 36 litri del pro capite giornaliero.

Nel 2022, il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua è pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,4% dell’acqua immessa in rete. L’indicatore è in leggerissima risalita rispetto al 2020 (quando era al 42,2%), a conferma del persistente stato d’inefficienza di molte reti di distribuzione, lamenta l’Istat. La quantità di acqua dispersa in distribuzione continua a rappresentare un volume considerevole, quantificabile in 157 litri al giorno per abitante. Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2022 soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno (che corrisponde a circa il 75% della popolazione italiana).

Nel 2022, sul territorio nazionale – rileva poi il report – risultano in esercizio 18.042 impianti di depurazione delle acque reflue urbane: il 56,3% è costituito da vasche Imhoff e impianti di tipo primario, il 32,5% da impianti con trattamento di tipo secondario e l’11,1% di tipo avanzato. Questi impianti sono stati progettati per trattare complessivamente un carico massimo di inquinanti organici biodegradabili pari a 107 milioni di abitanti equivalenti. Il relativo carico inquinante medio effettivo confluito negli impianti corrisponde a circa 67 milioni di abitanti equivalenti totali, del quale il 29,2% è depurato con trattamento di tipo secondario e il 65,2% di tipo avanzato.

Il volume totale di acqua reflua confluito in tutti gli impianti di depurazione in esercizio è pari a 6,7 miliardi di metri cubi; tale valore è nettamente superiore (il 43% in più) a quello dell’acqua potabile erogata agli utenti finali (4,7 miliardi di metri cubi) e scaricato, nella maggior parte dei casi, nella rete fognaria pubblica. Ciò è dovuto al fatto che nella fognatura comunale confluiscono anche una parte degli scarichi industriali, diversi corsi d’acqua tombati nelle aree urbane e le acque parassite.