Attualmente i sistemi di generazione del calore per gli usi civili riconosciuti di maggiore efficienza, sono essenzialmente le caldaie a condensazione e le pompe di calore.
Caldaie a condensazione
Le caldaie a condensazione rappresentano una delle tecnologie più avanzate sul mercato, in grado di conseguire marcati aumenti del rendimento termico utile rispetto ai generatori di calore tradizionali. Negli apparecchi a condensazione lo scambiatore di calore primario ha superfici particolarmente elevate, oppure viene collegato in serie ad un secondo scambiatore, in modo da spingere il raffreddamento dei prodotti di combustione fin sotto alla cosiddetta temperatura di rugiada dei fumi.
Oltre ad aumentare il calore sensibile disponibile dai fumi, questa tecnica consente di recuperare anche parte del calore latente contenuto nel vapor acqueo che si forma durante la combustione tramite la sua condensazione, vapore che nei generatori tradizionali viene viceversa espulso tal quale con i prodotti di combustione.
L’incremento di rendimento è quindi conseguente essenzialmente a due meccanismi: il recupero del calore latente di condensazione dal vapor acqueo contenuto nei fumi ed il maggior recupero di calore sensibile dagli stessi.
È fondamentale sottolineare che, affinché una caldaia a condensazione possa esprimere pienamente le proprie peculiarità, deve essere messa nelle condizioni di poterlo fare. In linea di principio gli apparecchi a condensazione sono compatibili con qualsiasi impianto di riscaldamento ad acqua calda. Il regime di condensazione dipende fondamentalmente dalle temperature di mandata e di ritorno dell’impianto. Quanto più basse sono queste temperature, tanto maggiore è il periodo di funzionamento annuale in stato di condensazione, per cui maggiore è il rendimento del generatore e quindi l’economicità di esercizio dell’impianto.
Nei sistemi radianti, dove le temperature di ritorno sono costantemente inferiori a 40 °C, si conseguono i migliori valori di rendimento stagionale in quanto a questi livelli termici, l’impianto termico fruisce dei vantaggi della condensazione per l’intero periodo di utilizzo del servizio di riscaldamento ambientale. Anche negli impianti esistenti, progettati per temperature del fluido vettore ben più elevate (80 – 60 °C), si può lavorare per un buon periodo (30 – 50% della stagione) in regime di condensazione.
La sostituzione di un vecchio generatore di calore con una caldaia a condensazione comporta sempre vantaggi energetici, ma è opportuno evidenziare che il concreto risparmio si misura su base stagionale e non sulle mere prestazioni nominali: un impianto mal gestito e regolato, consumerà sempre più del necessario anche con una caldaia a condensazione.
Nell’ambito degli edifici esistenti il miglioramento delle prestazioni sarà tanto maggiore quanto più si interverrà sull’intero sistema edificio-impianto, con opere di coibentazione termica e una corretta gestione dei terminali finalizzata alla condensazione nella maggior parte delle condizioni di carico. Per quest’ultima evenienza, è indispensabile abbandonare i sistemi di regolazione basati sugli ordinari termostati on/off, a favore di termoregolatori a temperatura scorrevole. Affinché una caldaia a condensazione operi correttamente nelle suddette circostanze di estrema variabilità del carico termico, devono sussistere quindi alcune specifiche condizioni:
- il gruppo termico deve poter funzionare maggiormente a carichi ridotti, ovvero deve essere in grado di seguire il carico termico;
- il bruciatore deve poter modulare la potenza variando sia la portata di gas che quella dell’aria, al fine di mantenere costante il rapporto aria/combustibile;
- la temperatura di ritorno dell’acqua deve essere la più bassa possibile in tutte le condizioni di carico;
- la superficie di scambio della caldaia deve essere tale da garantire la più bassa differenza di temperatura possibile tra i fumi in uscita dall’apparecchio e l’acqua di ritorno dell’impianto.
Pompe di calore
La pompa di calore è un sistema che sfrutta le caratteristiche di un ciclo termodinamico (ciclo di Carnot), per trasferire il calore da una “sorgente” a temperatura inferiore a un utilizzatore a temperatura superiore, realizzando una trasformazione in senso inverso a quanto avviene in natura, ove il flusso termico passa spontaneamente solo dalla temperatura superiore a quella inferiore. Il circuito base comprende compressori, scambiatori di calore, tubazioni ed un fluido frigorigeno che compie una serie di trasformazioni di stato (essenzialmente evaporazioni e condensazioni), che consentono di prelevare calore da un ambiente freddo e trasferirlo ad un altro caldo.
Il ciclo è composto da due fasi principali (la condensazione e l’evaporazione) e da due fasi accessorie (la compressione e la laminazione). Nella fase di evaporazione il fluido passa dallo stato liquido allo stato gassoso, asportando calore dall’ambiente in cui è posto il relativo scambiatore e quindi raffreddandolo. Dall’evaporatore il fluido allo stato gassoso entra in un compressore, in modo da aumentare pressione e temperatura: in tali condizioni viene inviato nel condensatore dove si raffredda e, condensando, rilascia calore nell’ambiente da riscaldare.
All’uscita dal condensatore il fluido si trova ad alta temperatura e in fase liquida: entrando in un organo di laminazione (valvola di espansione), il fluido subisce una drastica riduzione di pressione riportandosi al valore proprio della fase di condensazione e quindi nelle condizioni di poter ripetere il ciclo.
L’effetto complessivo consiste nel prelevare calore da un ambiente freddo, e di immetterne una quantità, maggiorata dal lavoro effettuato dal compressore, in un ambiente caldo.
L’efficienza di una pompa o C.O.P (Coefficient Of Performance) è valorizzata dal rapporto tra l’effetto utile (energia termica rilasciata nell’ambiente caldo) e l’energia spesa per la realizzazione del ciclo (energia elettrica assorbita dal compressore). Questo rapporto dipende da molti parametri, tra i quali assumono rilevanza fondamentale i livelli termici a cui avvengono gli scambi termici ed il tipo di fluido impiegato. È costantemente superiore ad 1 e tipicamente ha un valore pratico compreso tra 3 e 6.
Oltre alle pompe di calore elettriche sono disponibili anche macchine a compressione azionate da motore endotermico.
Diverso è il meccanismo impiegato nelle pompe di calore ad assorbimento, dove si sfrutta lo sviluppo di energia termica all’interno del ciclo stesso, grazie alla reazione di assorbimento tra un fluido refrigerante ed un fluido assorbente.
Dalla combinazione dei fluidi che scambiano calore con il refrigerante le pompe di calore si classificano nei tipi: aria – aria; aria – acqua; acqua – aria; acqua – acqua; geotermiche.
La scelta della sorgente termica da cui si preleva il calore a bassa temperatura assume rilevante importanza, in quanto si riflette sia sulla prestazione energetica dell’impianto che sul dimensionamento della pompa di calore.
Una soluzione molto economica e (con le ultime innovazioni) adatta ormai alla maggior parte delle nostre zone climatiche, è quella che utilizza l’aria come sorgente termica esterna, avendo il vantaggio di essere disponibile sempre ed ovunque. Il limite di questa tipologia risiede nel fatto che la prestazione della pompa di calore diminuisce con la temperatura dell’aria esterna.
La scelta di sorgenti termiche diverse dall’aria (acque di falda, di fiume, terreno) e caratterizzate da livelli termici mediamente più elevati e meno variabili, consente di ottenere prestazioni energetiche superiori ed una maggiore stabilità della potenza termica resa dalla macchina.
Il confronto fra le due tecnologie
Diversi operatori hanno sviluppato il confronto tra un esercizio con caldaia a condensazione e l’equivalente con pompa di calore elettrica aria – acqua, tipologia quest’ultima maggiormente conveniente dal punto di vista impiantistico, evidenziando il più delle volte l’economicità dell’esercizio ed il tempo di ritorno del capitale investito, alla luce dei dispositivi incentivanti vigenti.
Per valutare il concreto risparmio energetico nel paragone con caldaie sia tradizionali che a condensazione, è necessario considerare che la pompa di calore è ordinariamente azionata da un motore elettrico (si trascurano in questa sintesi le macchine ad assorbimento e quelle azionate da motori endotermici), per cui è indispensabile tenere conto di quanta energia è stata realmente impiegata per produrre l’unità di energia elettrica, ovvero, il corretto confronto tecnico deve essere sviluppato in termini di energia primaria.
Attualmente il sistema nazionale è caratterizzato da un rapporto di trasformazione energia termica/energia elettrica η pari a 0,46, valore che comprende una media complessiva dell’efficienza di generazione e distribuzione.
Considerando quindi il Rapporto di Energia Primaria (R.E.P.) ovvero il rapporto tra l’energia termica resa disponibile e l’energia primaria utilizzata, per le pompe di calore risulta:
R.E.P. = C.O.P x η
Per competere con le caldaie a combustione, le pompe di calore devono avere C.O.P. costantemente superiori ai valori limite riportati in tabella 1, costituendo questi ultimi la condizione di uguaglianza del consumo di energia primaria.
Con il miglioramento dell’efficienza energetica nella produzione di energia elettrica, determinata sia dall’adozione di tecnologie ad alta efficienza negli impianti tradizionali che dal crescente contributo delle fonti rinnovabili, il C.O.P. equivalente delle caldaie a condensazione risulta sempre più modesto, agevolmente superabile non solo dalle pompe di calore più impegnative come quelle geotermiche o acqua-acqua, ma anche da quelle più economiche e con efficienza variabile come quelle aria-acqua.
Tab. 1 – Condizioni uguaglianza nei consumi di energia primaria caldaia/pompa di calore
Tipologia caldaia | Rendimento termico | C.O.P. equivalente PDC |
Caldaia normale | 0,75 – 0,88 | 1,63 – 1,91 |
Caldaia alta efficienza | 0,9 – 0,93 | 1,95 – 2,02 |
Caldaia a condensazione | 0,93 – 1,06 | 2,02 – 2,3 |
Dall’esame infatti dell’andamento del C.O.P. al variare delle temperature dell’aria esterna e dell’acqua calda prodotta, per una moderna pompa di calore con iniezione di vapore si nota come, per i sistemi di riscaldamento a bassa temperatura (temperatura di mandata inferiore a 45 °C), i suddetti limiti tecnici di equivalenza energetica sono superati anche in situazioni di temperatura esterna tipica dei comuni in zona climatica E.
Questo fatto assume particolare importanza in quanto, come già emerso da diversi studi e simulazioni, l’adozione di una pompa di calore elettrica aria-acqua risulta più conveniente nei climi rigidi.
Pur essendo sempre vantaggiosa sotto l’aspetto energetico, in quanto in grado di ridurre sensibilmente il fabbisogno di energia primaria e quindi l’indice di prestazione dell’edificio, il confronto economico non è a tutt’oggi altrettanto vantaggioso per la pompa di calore, a causa del rapporto tra i costi dell’energia elettrica e del gas.
Tale situazione può essere modificata dai sistemi di incentivazione vigenti, tra i quali assume particolare rilevanza la nuova tariffa agevolata D1 per l’energia elettrica (attualmente in regime sperimentale), disponibile per chi deciderà di installare una pompa di calore come unico sistema di riscaldamento della propria abitazione, in sostituzione alla vecchia caldaia.
L’aspetto interessante della nuova tariffa è che riguarda tutti i consumi elettrici dell’abitazione, con un prezzo costante indipendente dal volume di consumo annuo.
I vincoli che è necessario rispettare per poter accedere al suddetto sistema tariffario riguardano essenzialmente la qualità dell’impianto, che deve avere i requisiti di prestazione minima previsti dall’Allegato H del decreto 19 febbraio 2007 (gli stessi richiesti per godere delle detrazioni fiscali del 55% e del 65%) o, in alternativa, rispettare i criteri di ammissibilità al conto termico (Allegato II, decreto 28 dicembre 2012).
Si deve evidenziare che la nuova tariffa non è però conveniente per tutti: a causa dei maggiori costi fissi, per chi possiede un contatore con potenza di 3 kW (tariffa D2) è necessario superare una soglia di consumi pari a 4500 kWh annui, mentre se la potenza impegnata è superiore a 3 kW (tariffa D3), tale soglia di convenienza scende a 2500 kWh/anno.
di Ing. Giacomino Redondi