Studio dell’Ispra sui refrigeranti alternativi

Il Ministero dell’Ambiente ha siglato un accordo di collaborazione tecnica con l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) per definire lo stato dell’arte in Italia in merito alle alternative non clima-alteranti agli HFC, basato su dati e informazioni derivanti dalle attività istituzionali dell’Istituto, sull’analisi della letteratura scientifica internazionale e sul coinvolgimento delle associazioni di categoria e di altri stakeholder.

I settori indagati sono stati la refrigerazione, la climatizzazione, le schiume, l’aerosol e i sistemi fissi di protezione antincendio, individuando per ognuno di essi gli HFC maggiormente impiegati, le sostanze e/o tecnologie alternative, i possibili punti di forza, le criticità del settore e le prospettive future.

La ricognizione, la prima a livello nazionale ha fatto emergere – sottolinea l’Ispra – diverse criticità in relazione alla disponibilità dei dati necessari per fare un primo stato dell’arte del Sistema Paese. Dall’analisi condotta è emerso che il mercato si sta adeguando alle prescrizioni del Regolamento molto più rapidamente rispetto alle previsioni iniziali, con un accelerazione verso i refrigeranti climate friendly, per effetto di strategie e logiche di mercato.

Queste ultime – sostiene l’Ispra – da un lato hanno determinato nel 2017 un aumento esponenziale dei prezzi degli HFC con potere climalterante, da parte dei distributori e dall’altro una riduzione della loro disponibilità sul mercato, tanto che alcuni utilizzatori denunciano difficoltà di approvvigionamento.

Attualmente le alternative disponibili nel lungo periodo in grado di rispettare i vincoli più stringenti in termini di potere climalterante – rileva l’Ispra – sono i refrigeranti naturali (anidride carbonica, idrocarburi e ammoniaca) e i gas refrigeranti fluorurati di IV generazione (HFO), ma per esigenze e criticità differenti non sono adeguate per tutti i settori. A differenza degli HFC, infatti, il passaggio a queste alternative comporta nuove criticità legate a tossicità, infiammabilità, corrosività, alte pressioni di lavoro e perdite in termini di efficienza energetica.

Il settore della refrigerazione – afferma l’Ispra – è stato il primo comparto a mettere in atto misure per adeguarsi al Regolamento F-gas, in quanto maggiore utilizzatore di due refrigeranti ad elevato potere climalterante. Il comparto della refrigerazione domestica è già migrato ai refrigeranti naturali: i frigoriferi domestici utilizzano da tempo l’isobutano come fluido frigorigeno.

Nel campo della refrigerazione commerciale le alternative possibili – sostiene inoltre l’Ispra – dipendono dalla taglia e dal tipo di sistema. Il settore del condizionamento invece non risulta essere ancora pronto a passare a refrigeranti alternativi diversi dagli HFC ed anche mantenere in vita le attuali produzioni sta diventando sempre più difficile, a causa della drastica diminuzione della disponibilità degli HFC e dell’aumento del loro costo.

Gli altri settori, schiume, aerosol e sistemi fissi di protezione antincendio sono pronti a passare alle alternative (refrigeranti naturali, HFO, o gas chimici), alcune della quali già utilizzate.

Sebbene l’Italia non sia produttrice di sostanze refrigeranti – conclude l’Ispra – notevole è l’impegno delle nostre imprese nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie e componenti nei settori che utilizzano gli HFC. Nel nostro Paese esistono infatti realtà imprenditoriali leader mondiali nei settori della refrigerazione, condizionamento, schiume e sistemi fissi antincendio che si impongono sui mercati internazionali grazie alle loro innovative tecnologie, alla personalizzazione del prodotto in base alle esigenze del cliente, alle condizioni climatiche e alle condizioni locali.