La dimensione dell’efficienza

Ing. Pietro Paolo Bresci
Consilium

In Italia, secondo dati Istat e Censis, circa il 20% degli edifici ha almeno un secolo e quelli realizzati prima del 1976, data di entrata in vigore dei primi provvedimenti sull’efficienza energetica, sono circa il 65%.

Per questa vastissima casistica edilizia, le attuali agevolazioni destinate al risparmio energetico costituiscono una interessante opportunità per i proprietari privati. Lo stesso non si può dire per le amministrazioni e le aziende pubbliche, il cui patrimonio immobiliare appartiene, in larga parte, a quel 65% di edifici con quasi 40 anni di età, che spesso versano in pessime condizioni di conservazione e di efficienza energetica.

Alla cronica scarsità di risorse economiche per operazioni di recupero edilizio e di riqualificazione energetica del patrimonio pubblico, si somma così la quasi completa impossibilità di accesso agli strumenti disponibili per i soggetti d’imposta, prime fra tutte le detrazioni fiscali.

Contrariamente agli anni scorsi, oggi gli interventi attivati con l’obiettivo di contenere i consumi negli edifici pubblici sono pochi e, mediamente, di modesta entità.

Di conseguenza, lo Stato e gli enti pubblici non sono in grado di svolgere un’azione anti-congiunturale nei confronti della crisi del settore edilizio, affidando di fatto all’andamento del mercato interno il conseguimento di traguardi di risparmio energetico e di riduzione dell’impatto ambientale del parco costruito di rilievo comunitario.

Lo stesso Conto Termico, che ha aperto la strada a questo tipo di interventi, dal punto di vista economico è sottodimensionato rispetto al potenziale degli interventi possibili.

Per il resto, lo strumento più efficace è la detrazione fiscale del 65%, la quale sembra però congegnata più per “mettere in circolo” liquidità proveniente dai risparmi dei cittadini piuttosto che per invogliare le aziende a investire nella riqualificazione dei propri immobili.

Il limite delle norme attuali in materia di incentivazione dell’efficienza energetica risiede proprio nel loro quasi totale riferimento a interventi di importo contenuto, prevalentemente circoscritti all’ambito edilizio residenziale, escludendo di fatto gli interventi su edifici e complessi di media dimensione destinati a funzioni produttive, amministrative e collettive.

In generale, la possibilità di incidere in modo determinate sull’attuale dipendenza del nostro paese dai combustibili fossili richiederebbe un politica di più ampio respiro, che permetta la realizzazione di interventi estesi alla scala locale inseriti in una strategia di dimensione urbana e territoriale.

Questa opzione sarebbe praticabile anche senza particolari forme di incentivazione: la semplice possibilità di prevedere con ragionevole certezza i prezzi dell’energia elettrica e del gas a medio-lungo termine potrebbe essere sufficiente ad attivare iniziative molto interessanti, anche attraverso forme di collaborazione privato-pubblico.

Dare fiducia agli investitori richiede perciò uno sforzo ulteriore da parte del Governo: una politica energetica seria ed efficace, concertata con le Regioni e condivisa con le autorità locali, che determini il quadro di stabilità indispensabile ad attrarre gli investimenti necessari.